Nato a Roma il 23 gennaio 1991. Fin da bambino prende lezioni di musica, imparando anche a suonare pianoforte e chitarra. Si avvicina all’hip hop verso i 12-13 anni, grazie alle canzoni di Kaos e forse, anche grazie a questo, cresce a testa alta, forte nei valori. A 17 anni, in seguito a problemi finanziari della famiglia, va via di casa, mantenendosi da solo. Si è presentato sulla scena rap italiana con un video su YouTube, indossava un passamontagna, divenuto poi il suo simbolo di riconoscimento. Gli fu assegnato da Esa il premio della Critica visti i consensi raggiunti. Il suo primo lavoro è Musica Cicatrene Mixtape.
Mezzosangue apre la strofa con l’impianto che fa vibrare i cuori e fischiare i timpani, parte carico sulla traccia pensando a quanto è facile perdere di vista certe facce, le lasci andare, le dimentichi ed è come se non avessero mai incontrato il tuo sguardo, come se non fossero mai esistite. Ci sono altri visi che invece si marchiano indelebili nei tuoi ricordi e anche se li perdi non te li scordi mai. Questo passaggio può essere più plausibilmente interpretato con un’accezione positiva, se ci riferiamo alle persone che hanno significato molto per noi, quelle che ci hanno lasciato qualcosa di talmente grande che sarebbe tragico scordarne i lineamenti, lasciar dissolvere il ricordo di quei veri rapporti, mentre anche l’ultimo dettaglio va ad estinguersi. Negativamente parlando si potrebbe riferire anche a quei volti che ti perseguitano mentre pensi che daresti qualsiasi cosa per poter dimenticare. Potrebbe rientrare in questa categoria la gente che crede di sapere tutto di te, sempre in prima linea a giudicare e sempre pronta a dispensare consigli che lei stessa evita di seguire.
Troviamo un bel riferimento alla vita, paragonata all’avventura di Ulisse verso la sua lontana Itaca. Trovare un solido appiglio sarà di vitale importanza per affrontare e superare i momenti più burrascosi del nostro viaggio. Ci serviranno valori ben consolidati e radici profonde per non essere trascinati via dalla corrente, non sarà sufficiente la superficialità di una zattera, anche se leggeri, non saranno i pensieri frivoli a tenerci a galla. Potremmo vivere situazioni difficili, momenti che potrebbero minacciare la nostra quiete e il nostro equilibrio, forse pagheremo per qualcosa che abbiamo fatto in passato? Salderemo il conto della persona che ci siamo lasciati alle spalle? Il karma di chi eravamo. Chi può dirlo con certezza?
In alcuni momenti, come questo, per Mezzo e per tutti quelli che si rispecchiano nelle sue parole, l’unica figura autorizzata a sentenziare su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato è il barman che si ha di fronte, del quale vediamo solo il busto sfuocato svettare sopra al bancone lucido. L’unico alchimista che miscelando ad arte, in maniera sublime, è in grado di fermare per un po’ quel trambusto che non ci abbandona mai. Dopo svariati giri, per qualche ora è pace. Hakuna Matata.
Appena il tempo di iniziare a godersi la tranquillità con gli unici due amici che siamo certi non ci abbandonerebbero mai, entrambi Jack.
Uno che fa compagnia al ghiaccio nel bicchiere e rende il mondo ovattato, l’altro alla fine delle cuffie è intento a regalare note di conforto, come lui solo sa fare.
Il tutto prima che la dura realtà irrompa di nuovo rumorosa e prepotente come una raffica di vento gelido a ricordarci che non abbiamo ancora fatto rientro al porto. Non ancora.
I versi di Mezzosangue non sono solo poesia, emozione ed empatia, sono la sua stessa vita, sono i suoi sacrifici che si riversano dentro al foglio vuoto, colmandolo.
L’interludio diviso in due parti è l’estratto di Waking Life proposto stamattina per la nostra settimana tematica! Per l’occasione riproponiamo e rivisitiamo una delle riflessioni del nostro Mer Curio. Quando è stata l’ultima volta che ci siamo alzati allegri, con la voglia di uscire di casa? Quando è stata l’ultima volta che abbiamo sorriso così, senza alcun motivo apparente? Quando è stata l’ultima volta che siamo rientrati tardi, sotto quella pioggerella leggera? E nel pieno di un diluvio mentre i fulmini sembravano crepare il cielo? Quando è stata l’ultima volta che siamo stati svegli a cantare fino al mattino dimenticando l’ora, il lavoro e l’affitto? Quando è stata l’ultima volta che abbiamo vissuto con ardente passione? Assumendoci la responsabilità di quello che siamo davvero. Accogliendo e accettando il rischio inscindibile da alcune delle azioni essenziali intraprese per raggiungere ciò che vogliamo davvero. Arrivando fino in fondo, tagliando i traguardi che ci siamo prefissati ed essendo pienamente soddisfatti del risultato.
L’esistenzialismo come spinta alla crescita personale e alla comprensione strettamente individuale del vivere potrebbe essere molto più concreto di quanto immaginiamo, tutt’altro che inutile e totalmente opposto al senso di disperazione a cui invece viene associato. Spesso ci si può sentire come gocce in un’infinita distesa d’acqua e lo sconforto nel constatare quanta poca influenza esercitiamo come singoli individui può prendere il sopravvento.
Il monologo proposto fa riflettere e dona speranza. L’apparente inutilità legata al peso delle nostre decisioni personali crea precedenti ed esempi che, soprattutto se presi singolarmente e isolati, per quanto piccoli e insignificanti possano sembrare, finiscono per essere fatti di osmio, il metallo con la maggior massa per unità di volume e con questa densità le nostre scelte pesano molto più di quanto siamo disposti a credere.
Questo fa la differenza. Noi possiamo fare la differenza. Se solo la smettessimo di sentirci “vittime di una concomitanza di forze”.
Se solo la smettessimo di credere che siano gli eventi a decidere per noi. Se solo la smettessimo di nasconderci dietro al “tanto non cambia niente”. Perchè sempre e solo noi abbiamo l’ultima parola su chi decidiamo di essere.
La seconda strofa si apre sottolineando la tendenza all’insoddisfazione denunciata nell’interludio e facendo riferimento alla dannosità di certi comportamenti umani, parla di autodistruzione.
“Non basta dirlo per sfatarlo” non è sufficiente essere informati sui fatti, imparare a livello nozionistico, pensare di sapere o avere la presunzione di conoscere. Si rischia comunque di superare il limite. Potrebbe anche voler mettere l’accento sull’importanza dell’esperienza diretta e sulla necessità di interiorizzare i concetti per raggiungere la piena consapevolezza.
“Perdi tutto, prendi tutto fino all’overdose” Mezzo sembra riconoscere quanto le sue rime possano risultare impegnative e a tratti gravose perchè spesso tocca argomenti seri o tristi, sembra riconoscere che le sue parole possano essere definite pungenti perchè spesso si occupa di tematiche scomode e infine si identifica in Keyser Söze, forse sentendosi sempre giudicato colpevole come il personaggio del film “I soliti sospetti”. Quando il livello di sopportazione è al limite accade spesso di essere travolti dalla voglia di scappare, di andarsene semplicemente via.
Probabilmente sarebbe più facile dire addio se solo servisse a risolvere i problemi e a volte condivido la sua esasperazione, a volte le persone provano a capirci, a volte siamo noi a fare il primo passo tentando di spiegare, con l’intenzione di lasciare un pezzetto di noi stessi agli altri quando in realtà siamo i primi a non comprenderci, ad avere nell’anima dei punti ciechi vasti come oceani inesplorati. Segue qualche verso incazzato con Dio o si tratta solo di un intercalare? Può essere la presa di coscienza di una resa, accettare di non avere più le forze per credere ancora che a qualcuno importi dei tuoi pensieri e lasciare andare tutto, perdendo ogni contatto. Può essere uno sfogo per non essersi mai sentito ascoltato, per non aver ancora ricevuto le risposte alle sue domande.
“Ti ho chiesto chi è che vince se vinco contro me stesso” può denotare il suo conflitto interiore, il bisogno di comprensione, la voglia di migliorarsi sempre. In definitiva non ha molta importanza sapere con chi ce l’abbia di preciso, a chi si riferisca, visto che chiunque sia l’interessato, è sparito nel nulla, lasciandolo solo, come hanno fatto tutti in questo mondo spietato.
Lascio libera interpretazione all’ultima sua rima, un po’ perchè la trovo eloquente, un po’ perchè mi piace molto l’idea di concludere lasciando aleggiare nell’aria i suoi versi.
“L’insieme storico decide in ogni mutamento dei nostri poteri, prescrive i loro limiti al nostro campo d’azione e al nostro avvenire reale; condiziona il nostro atteggiamento nei confronti del possibile e dell’impossibile, del reale e dell’immaginario, dell’essere e del dover essere, del tempo e dello spazio. E’ a partire da esso che decidiamo a nostra volta dei nostri rapporti con gli altri, cioè del senso della nostra vita e del valore della nostra morte.”
Sartre
Non è una novità, l’ambiente nel quale siamo immersi ci condiziona. Quanto siamo lontani dalla nostra essenza?
Questa riflessione mi ha sempre fatto sentire impotente, forse perchè la scoperta dell’influenza esercitata da un costrutto che viene individuato e destrutturato viene seguita da un’altra presa di coscienza in quello che sembra essere un interminabile e meticoloso lavoro di smontaggio, pezzo per pezzo.
Con la sensazione di essere aggrappati alla punta dell’iceberg, neanche troppo saldamente e senza la possibilità di intravedere il fondo.
A quali profondità possono arrivare le nostre suggestioni? Viene da chiedersi se un’esistenza intera sia sufficiente per comprenderle tutte, viene da pensare al tempo e alla sua dilatazione, al passato che rinasce ogni volta nei ricordi e rivive in essi, facendo sfumare la nostra percezione di ciò che è finito, del presente e del futuro come elementi separati e distinti. La stessa riflessione di Sartre allo stesso tempo dona speranza, perchè nonostante tutto, lascia spazio all’autodeterminazione e alla possibilità di dare un senso individuale e strettamente personale alla vita e ancor più alla morte.
Forse non chiediamo di venire al mondo, forse non scegliamo in che condizioni arrivarci, magari non possiamo sempre cambiare quello che ci circonda ma siamo di certo artefici del nostro immaginario e possiamo scegliere di credere in un ideale anche se sembra scomparso dalla faccia della terra. Possiamo vivere il sogno sbirciando da tutte le prospettive possibili, possiamo invertire tutti i processi che distruggono la nostra volontà.
Abbiamo davvero smesso di sognare? Ci siamo rassegnati a sopravvivivere in un mondo che qualcun’altro ha disegnato per noi? Subire anzichè creare. Un’esistenza che non ci appartiene. Un vuoto che avanza e avvolge tutto e tutti. L’oscurità dilagante nella quale siamo confinati, distanziati gli uni dagli altri, oggi come non mai.
Da parecchio tempo divisi e frammentati emotivamente.
Da non molto, anche se già da troppo, separati fisicamente e socialmente. Impauriti, in un perenne stato di tensione, continuamente condizionati e manipolati.
E’ questo il presente che scegliamo di vivere? Sono le fondamenta sulle quali decidiamo di costruire il nostro futuro e quello dei nostri figli?
Adattarsi ed accettare passivamente un modo di essere che ci viene descritto come l’unico possibile, come inevitabile e imprescindibile, un paradigma che viene imposto dall’alto e cala sulle nostre teste senza ammettere replica. Questo non è inventare e progettare la realtà che scegliamo e desideriamo.
Cosa significa quindi, in definitiva, essere? Sei perchè è così che bisogna essere? Sei perchè semplicemente esisti o il tuo esserci è legato al tuo scopo, a quello per cui decidi di vivere e soprattutto a quello per cui saresti disposto a morire? Quello che fai, fa la differenza?
Forse non abbiamo smesso di sognare volontariamente, il sogno ci è stato portato via piano piano, secondo dopo secondo, ci è stato sottratto lentamente da un’infinita sequela di futili e superficiali sciocchezze. E’ stato davvero totalmente sostituito dal materialismo e da quella che ci piace tanto chiamare realtà? Dall’effimera e passeggera smania del superfluo?
Inutile cercare un unico colpevole, tra l’infinità di condizionamenti indotti e autoindotti. E’ tempo di ricominciare a inseguire ciò che sentiamo vero, anche a costo di sembrare illusi idealisti in cerca di qualcosa che è andato perso nel tempo, qualcosa che forse non c’è mai stato, ma che importa?
Sarà, domani. Noncuranti di ciò che chiunque potrebbe pensare e senza il timore di essere. E’ tempo di ricominciare a sognare.
I XVI Religion (in precedenza 16 Barre) sono un gruppo rap underground. Lunardi Stefano (John Princekin, mc-producer), Di Benedetto Andrea (Benni,mc) e Brazzorotto Luca (Jack Burton, beat maker). Il gruppo è legato a radici fondamentalmente rap ma non è fermo ad un genere, spazia in tutti gli orizzonti musicali, fino a collaborare con gruppi electro, rock, sperimentali. I testi, graffiati sulla base, sono legati alle tematiche del nuovo ordine mondiale, dell’apertura mentale e del controllo da parte di entità superiori. Testi visionari che accomunano le tematiche della società moderna a mondi paralleli di inganni e mostri nascosti nell’ombra.
“Cantiamo le gesta di umani..umani coscienti nell’incubo indotto.”
Link canzone youtube. Per chi non visualizza il contenuto scegliendo di rifiutare i cookies.
L’intro è di Maelle, che apre il pezzo con la sua splendida voce, condividendo un’inquietudine che contraddistingue chi non si accontenta, chi non si rassegna al semplice trascinarsi, in questo particolare contesto può rappresentare chi desidera ardentemente dare significato ai propri passi nell’esistenza, ciò è maggiormente significativo se parliamo di un periodo di transizione e cambiamento, caratterizzato dal dubbio e dall’incertezza, come quello che stiamo attraverando ora.
La prima strofa è di Benni, che parte con il filo conduttore della nostra settimana tematica, ringraziando il sogno perchè consapevole della sua importanza. Troviamo qui un’altro elemento che potrebbe andare a ridefinire il profilo tracciato poco più su, un’altro punto che accomuna chi non sa ancora con precisione dove andrà e cosa farà domani. Il sogno. Perchè è necessario? Perchè ci dona la speranza, la voglia, la forza e la caparbietà che servono per creare il mondo in cui scegliamo di esistere. Attori anzichè comparse. Vivere anzichè sopravvivere.
“Tu abbi fede in noi, stringi questa mano più forte che puoi”
Avere fede significa credere in qualcosa e forse, in un’epoca tanto materialista quale la nostra, stringere la mano ad un sognatore potrebbe davvero essere ciò di cui abbiamo bisogno, potrebbe essere difficile da spezzare una catena di mani strette con la forza che deriva da teste ostinate a voler guardare sempre oltre le nubi. Una volta uniti potremmo andarcene via, via da tutto quello che riteniamo sbagliato, via da tutto quello che ci fa soffrire, via e basta. “Obbligheremo le stelle a danzare per noi”, spingeremo l’universo a intonare quella melodia che ci fa vibrare all’unisono. “Anche se il cosmo ci rifiuta l’odio ci cattura e il vuoto fa paura”, non importa se questo mondo non è più adatto a noi, forse non lo è mai stato, non importa se l’odio a volte prende il sopravvento e non importa se il futuro ci spaventa. Abbiamo l’ardore del fuoco dalla nostra parte, che cauterizza le nostre ferite e può fornirci tutta l’energia necessaria per resistere. Continua la strofa, descrivendo queste righe per quello che sono, i dialoghi interiori di semplici sognatori, lontani anni luce da alcune delle dinamiche legate alla scena. Niente a che vedere con la fama, con i soldi, con superficialità e apparenza. Tutto un altro modo di porsi. Lontano dai riflettori, appunto.
Un modo per sentirsi vivi e non rischiare di sprecare il proprio tempo, così prezioso, rubandolo irrimediabilmente a tutti quegli attimi che ci fanno sorridere e che vorremmo poter ricordare vicini e sentire vividi nei nostri cuori. A questo punto Benni sembra sfogare la sua rabbia per non esserersi mai sentito compreso e capito da chi ritiene già morto, succube di questa realtà deviata e orribile. Non è difficile rispecchiarsi nei suoi versi, dare più importanza all’emozione che può racchiudere un semplice profumo, sentirsi legati all’universo in maniera più profonda e rendersi conto di non aver mai rimpianto un gesto d’amore. Conclude con quello che sembra avere tutta l’aria di un conflitto interiore, vista la semiautomatica sotto il mento, i demoni nella sua testa che si risvegliano quando è il corpo a riposare rappresentano la parte oscura di ognuno di noi?
Nel ritornello torna Maelle con i dubbi sul futuro, non sappiamo nè cosa faremo, nè dove andremo, ma una cosa è certa, sappiamo da dove siamo partiti, dal volume delle casse.
John Princekin apre la seconda strofa concretizzando il concetto uscito dall’analisi sull’importanza del sogno in questa realtà sempre più legata al mondo materiale. Il viaggio astrale come mezzo per arrivare a comprendere davvero il significato che si cela dietro a queste barre.
L’inutilità che si riscontra nel tentativo di colpire qualcosa di immateriale restando con i piedi saldamente piantati al suolo. La ricerca dei nostri stessi valori negli occhi degli altri, la volontà di evitare le persone tossiche, quelle che non ci comprendono, quelle già morte, quelle che fingono, indossando “occhi felici”.
L’essere vivi, al contrario, colma gli occhi di lacrime e non di rado. Nonostante l’annebbiamento della vista risulta facile notare le pesanti catene fatte di egoismo, competizione e interessi strette attorno alle caviglie di questi esseri definiti da Princekin non umani, di conseguenza non degni, da non considerare nemmeno insomma. Questo tipo di distacco è un atteggiamento necessario, da mettere in pratica senza alcun dispiacere.
“Io non tradisco con il lapis. Faccio rap che è una religione che si prega sempre gratis” Un piccolo elogio ai veri valori del rap, tra i quali la lealtà e il disinteresse verso il mero guadagno. Da buoni sognatori, doniamo e riceviamo speranza, con un auspicio, siamo tanti e se trovassimo il modo per unirci, potremmo tenere sotto scacco chi minaccia la nostra legittima libertà.
“Ogni nuova persona che s’avvicina è una lucina nel buio che avanza” perciò non calcoliamo chi non merita la nostra attenzione e affrontiamo tutto e tutti a testa alta, senza paura.
“Io sono nato dal nulla e non mi spaventa niente” Siamo quello che siamo grazie a noi stessi, siamo arrivati qui da soli, dal basso e partendo da zero, per questo nulla ci dovrebbe spaventare, perchè continueremo così, come abbiamo sempre fatto. Forse un’allusione al pensiero di Schopenhauer, al nulla dell’universo, quindi tutt’altra interpretazione? Una cosa è certa, possono tentare di farci fuori, provarci di nuovo e provarci ancora…queste note basse faranno sempre vibrare i nostri cuori a tempo, con la musica, ricordandoci di restare umani, in ogni istante.
Sator1 è la prima parola dell’omonimo palindromo, costituito dalle cinque parole “SATOR – AREPO – TENET – OPERA – ROTAS”, ritrovato sia in forma di quadrato che in forma radiale o circolare su molti reperti archeologici in Europa e in Italia, le cui prime tracce risalgono ad una data imprecisata certamente anteriore al 79 d.C., questo fu infatti l’anno della grande eruzione del Vesuvio che seppellì Pompei ed è su un muro della città che fu ritrovata l’iscrizione parziale del celebre quadrato.
La tradizione dei quadrati magici, di solito numerici affonda le radici nell’ermetismo, tanto che, quando giunsero fra le mani dei filosofi-maghi medievali alcuni scritti gnostici del II sec. attribuiti ad Ermete Trismegisto, quelli letteralmente impazzirono nello sviluppare, ricercare e utilizzare questi mezzi arcani, ritenuti pregni di potere, tanto che se ne realizzavano amuleti ed erano alla base di vari riti. Fu, pare, il filosofo bizantino Moscopulo a diffonderne la conoscenza in Europa dal 1420.
Un quadrato composto da numeri progressivi ordinati secondo la particolare disposizione che dia sempre la stessa somma in ogni riga e in ogni colonna e persino nelle due diagonali, è definito “magico” e non poteva essere altrimenti. Secondo questa antica sapienza venne stilata tutta una tradizione dei vari quadrati in base al numero della loro base e associati ai vari pianeti. Ce ne riporta la tradizione Cornelio Agrippa nel suo De Occulta Philosophia sive De Magia: il quadrato del tre era associato a Saturno, incisa sul piombo ingraziava Saturno Glorioso facilitando nelle imprese e donando vigoria agli uomini, vice versa dedicata a Saturno Infortunato mandava in malora edifici ed imprese e disperdeva gli eserciti.
Il quadrato del quattro era dedicato a Giove, inciso su argento donava pace e ricchezze, su corallo era amuleto contro il malocchio. La giovialità prodotta dall’influsso del pianeta si opponeva alla malinconia
Il quadrato del sei è legato al culto del sole, il demone Sorath per i maghi del passato. Le cifre vanno da 1 a 36 e la costante magica, ovvero la somma di ogni riga o colonna è 111. Potrà sorprendervi, o forse no, sommare tutti e trentasei i numeri che lo compongono e scoprire quale numero tristemente famoso ne verrà fuori…
Quello del sette è il quadrato legato a Venere, quello dell’otto è legato a Mercurio ed attengono alle rispettive sfere dell’eros e del commercio, gioco e furto. Infine la luna ha il quadrato del nove che inciso su argento propizia scopi benefici, su piombo scopi malefici. Per i loro usi rimandiamo alla curiosità del ricercatore.
Quello che a noi interessa in particolare è il quadrato del cinque, nella scienza magica dedicato a Marte. Agrippa ne riferisce l’uso inciso su una spada (o su ferro) per diventare invincibili in battaglia, su corniola per fermare le emorragie e su una piastra di rame per arrecare danno ai nemici. La sua costante magica è di sessantacinque. L’enigma del quadrato del Sator è stato oggetto di molteplici interpretazioni: le parole che lo compongono appaiono chiaramente latine tuttavia ancora oggi alcuni ritengono che esso custodisca un significato nascosto. Proprio la molteplicità dei luoghi e dei testi in cui ritorna ne hanno resa particolarmente controversa l’interpretazione, soprattutto perché il termine AREPO, in esso contenuto, risulterebbe non strettamente di origine latina, ed è stata avanzata, fra le altre, l’ipotesi che la parola potrebbe rappresentare una contrazione del termine Areopago, il colle dedicato, guarda caso, a Marte (Ares) sul quale nell’antica Grecia si riuniva il supremo collegio degli Arconti. Dando credito a questa interpretazione secondo cui il termine SATOR indicherebbe il SEMINATORE, e l’Areopago starebbe a significare il tribunale supremo, il palindromo potrebbe essere tradotto con: “Il seminatore decide i suoi lavori quotidiani, ma il tribunale supremo decide il suo destino”; tale interpretazione attribuirebbe pertanto un significato morale al quadrato magico secondo cui: “L’uomo decide le sue azioni quotidiane, ma soltanto Dio decide il suo destino”.
Questa interpretazione dal rimando divino rappresenta una pista interessante, a prescindere dalla correttezza dell’interpretazione riferita all’Areopago, e diventa decisamente sorprendente se la arricchiamo del dettaglio segreto che andiamo ad esporre. Soffermiamoci ancora sul termine AREPO: un filone esegetico cristiano lo considera acrostico di Aeternus Rex Eccelsus Pater Omnipotens, un’ipotesi fantasiosa quanto le altre se non avessimo scoperto che le lettere che compongono il palindromo possono essere anagrammate nella scritta “Paternoster” ripetuta due volte condividendo la lettera “n” al fulcro di una croce così formata, dalla quale restano fuori due “a” e due “o” che sarebbero un chiaro riferimento all’Apocalisse di Giovanni nella quale Cristo dà rivelazione di sé dicendo: “Io sono l’Alfa e l’Omega, il primo e l’ultimo, l’inizio e la fine” (Ap 22, 13)
Abbiamo scomodato la statistica per interrogarla sulla possibilità che un pagano componesse un enigma, inscrivendo in un quadrato magico una misteriosa frase palindroma e da tale frase si ottenesse l’anagramma “paternoster”; ebbene la probabilità che ciò accada è una su dieci elevato alla ventiduesima. Se dunque è davvero difficile pensare ad una casualità, l’autore primo doveva essere cristiano e lui stesso o la sua opera doveva essere giunta verosimilmente a Pompei prima della fatidica eruzione del Vesuvio.
Su questo argomento gli studiosi si sono sempre divisi ritenendo impossible un tale collegamento, o opponendo all’ipotesi l’obiezione che l’Apocalisse di Giovanni sia posteriore, pertanto non avrebbe senso la presenza di alfa e omega nella frase latina, ma sappiamo che in altri libri della bibbia come quello di Enoch (poi espunto dal canone) o altri scritti di tradizione ebraica già c’è il riferimento a Dio quale alfa e omega del mondo. Il che ovviamente non esaurisce la questione.
L’interpretazione positivista, invece, ha sempre proposto una spiegazione riduzionista che vedrebbe nel quadrato magico un semplice rompicapo, un gioco intellettuale che non trascende l’incastro ordinato delle sue lettere. Noi naturalmente non ci accontentiamo di una simile spiegazione.
L’inglese Collingwood volle risolvere l’enigma proponendo la traduzione: “il seminatore Arepo conduce con cura le ruote”, utilizzando un nome proprio di fatto mai attestato nell’antichità e sebbene alcuni aratri celtici fossero già provvisti di ruote, questa spiegazione non ci convince fino in fondo.
Nel corso dei secoli fiorirono le più svariate interpretazioni intorno al quadrato, molti dotti si sono dedicati a giocare con la disposizione delle parole e spesso a spezzettarle in varie parti nelle quali avrebbero ravvisato le abbreviazioni di altre parole alle quali, in maniera piuttosto forzata, sono stati attribuiti i significati più diversi.
Abbiamo visto il diffondersi dell’uso del quadrato a macchia d’olio in Europa a partire dal IX secolo, spesso scolpito sulla pietra delle chiese e delle cattedrali, il suo uso è spesso attestato come amuleto, e viene prodotto fino ad oggi a tal scopo. Un esempio particolare è visibile nell’abbazia di San Pietro ad Oratorium a Capestrano2, la cui prima edificazione risale al 752 sul sito di un preesistente tempio pagano. Al momento della riedificazione nella forma conservata tutt’oggi (nell ‘anno 1100), il quadrato del Sator, già presente su una pietra che componeva la chiesa, fu riposizionato capovolto, come segno di collegamento ideale al luogo di culto precedente: infatti presso le logge muratorie medievali, che tramandavano conoscenze e simboli esoterici, la posizione capovolta del simbolo equivaleva a conferirgli valore di nuova radice dell’opera.
Riteniamo singolare che il famoso gesuita Athanasius Kircher definisse il quadrato senza ombra di dubbio di matrice satanica, mentre sono attestati molti impieghi benefici di esso come amuleto.
Infine proponiamo un’interpretazione più recente, che vedrebbe nel palindromo un significato astronomico o cosmologico, e pertanto la traduzione sarebbe “il Creatore con il carro tiene in moto le orbite”. Tale interpretazione risulterebbe coerente con il modello di universo accettato nel basso Medioevo, che identificherebbe con la figura del Sator-Creatore il motore ultimo dell’universo.
Ciascuno di noi gestisce le proprie attività e svolge le proprie mansioni, ma al di sopra di tutti noi c’è un destino che ci governa. Per raccogliere è necessario seminare, per costruire il proprio successo è essenziale lavorare con impegno. E saper essere in armonia con il mondo.
di Aldous Huxley – tradotto da Mer Curio, revisione a cura di Pier
Aldous Huxley, autore di Brave New World, classificato numero uno nella lista dei 100 libri di narrativa di List Muse, qui discute di influenza, controllo dell’opinione pubblica e governo.
“Ci sarà, nella prossima generazione o giù di lì, un metodo farmacologico per far amare alla gente la propria servitù, e dare vita ad una dittatura senza lacrime, per così dire, producendo una sorta di campo di concentramento indolore per intere società, in modo che la gente verrà privata delle proprie libertà, ma lo apprezzerà, perché sarà distratta da qualsiasi desiderio di ribellarsi dalla propaganda o dal lavaggio del cervello, oppure dal lavaggio del cervello potenziato con metodi farmacologici. E credo che questa sarà la rivoluzione finale“.
F. Scott Hess
AUDIO – Aldous Huxley, The Ultimate Revolution (44:17): MP3
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Transcript – The Ultimate Revolution
March 20, 1962 Berkeley Language Center – Speech Archive SA 0269
Moderatore:
Aldous Huxley, un famoso saggista e romanziere che durante il semestre primaverile risiede all’università in qualità di professore della ricerca Ford. Il signor Huxley è recentemente tornato da una conferenza all’Istituto per lo studio delle Istituzioni Democratiche a Santa Barbara, dove la discussione si è concentrata sullo sviluppo di nuove tecniche con cui controllare e dirigere il comportamento umano. Tradizionalmente è stato possibile sopprimere la libertà individuale attraverso l’applicazione della coercizione fisica, facendo appello alle ideologie, sfruttando la manipolazione dell’ambiente fisico e sociale dell’uomo e più recentemente attraverso la Tecnica, applicando le tecniche più crude di condizionamento psicologico.
La Rivoluzione Ultima, di cui il signor Huxley parlerà oggi, riguarda lo sviluppo di nuovi controlli comportamentali, che operano direttamente sugli apparati psicofisiologici dell’uomo. Si tratta della capacità di sostituire la costrizione esterna con compulsioni interne. Come sanno quelli di noi che conoscono le opere del signor Huxley, questo è un tema di cui si è occupato per un bel po’ di tempo. Il signor Huxley farà una presentazione di circa mezz’ora seguita da una breve discussione e dalle domande da parte dei due relatori seduti alla mia sinistra, la signora Lillian e il signor John Post. Ora, il signor Huxley:
Huxley: Grazie. {Applauso}
Prima di tutto, vorrei dire che la conferenza di Santa Barbara non riguardava direttamente il controllo della mente. C’è stata una conferenza, ce ne sono state due, una all’Università del California Medical Center di San Francisco, alla quale quest’anno non ho partecipato, e una due anni fa in cui abbiamo avuto una notevole discussione su questo argomento. A Santa Barbara si parlava della tecnologia in generale e degli effetti che può avere sulla società e dei problemi legati al “trapianto tecnologico” nei paesi sottosviluppati.
Bene, ora, per quanto riguarda questo problema della rivoluzione finale, è stato riassunto molto bene dal moderatore. Possiamo dire che in passato tutte le rivoluzioni hanno mirato essenzialmente a modificare l’ambiente per cambiare l’individuo. Voglio dire che c’è stata la rivoluzione politica, la rivoluzione economica, al tempo della Riforma, la rivoluzione religiosa. Tutte queste miravano, non direttamente all’essere umano, ma al suo ambiente. In modo che alterando l’ambiente circostante si potesse ottenere -o si rimuovesse- un effetto sull’essere umano.
Aldous Huxley
Oggi ci troviamo di fronte, credo, all’avvento di quella che può essere chiamata la rivoluzione ultima, la rivoluzione finale, in cui l’uomo può agire direttamente sulla mente-corpo dei suoi simili. Inutile dire che un certo tipo di azione diretta sulla mente-corpo umana è in corso fin dall’inizio dei tempi. Ma questa è stata generalmente di natura violenta. Le tecniche del terrorismo sono conosciute da tempo immemorabile e gli uomini le hanno impiegate con più o meno ingegno, a volte con la massima crudeltà, a volte con una buona dose di abilità acquisita attraverso un processo di prove ed errori, scoprendo quali sono i modi migliori di usare la tortura, la reclusione, le costrizioni di vario tipo.
Ma, come credo qualcuno disse molti anni fa (mi sembra fu Metternich), si può fare di tutto con le baionette, tranne che sedersi su di esse. Se hai intenzione di controllare qualsiasi popolazione per un certo periodo di tempo, devi avere in qualche misura il suo consenso: è estremamente difficile immaginare che il terrorismo puro possa funzionare per un tempo indefinito. Può funzionare per un tempo abbastanza lungo, ma penso che prima o poi si debba introdurre un elemento di persuasione, un elemento per far sì che le persone acconsentano a ciò che gli sta succedendo.
Mi sembra che la natura della rivoluzione definitiva alla quale ci troviamo ora di fronte sia proprio questa: stiamo sviluppando tutta una serie di tecniche che permetteranno all’oligarchia di controllo, che è sempre esistita e presumibilmente esisterà sempre, di far amare alla gente la propria schiavitù. Penso che si tratti del massimo delle rivoluzioni malefiche, diciamo, e questo è un problema che mi ha interessato per molti anni e sul quale ho scritto trent’anni fa un racconto, Brave New World, che è un resoconto della società che fa uso di tutti i dispositivi disponibili e di alcune delle tecnologie che immaginavo possibili, per utilizzarle, prima di tutto, al fine di standardizzare la popolazione, di appianare le scomode differenze umane, di creare, diciamo, modelli in serie di esseri umani disposti in una sorta di sistema di caste scientifiche.
Da allora, ho continuato ad interessarmi estremamente a questo problema e ho notato con crescente sgomento che un certo numero di previsioni che erano puramente fantastiche quando le ho fatte trent’anni fa si sono avverate o sembrano in procinto di avverarsi.
Un certo numero di tecniche di cui ho parlato sembra essere già qui. E sembra esserci un movimento generale nella direzione di questo tipo di rivoluzione finale, un metodo di controllo con il quale può essere fatta piacere ad un popolo tutta una serie di cose che non gradirebbe normalmente. Questa, l’assuefazione alla servitù, beh questo processo è, come ho detto, andato avanti per anni, e mi sono interessato sempre di più a ciò che sta accadendo.
E qui vorrei confrontare brevemente la parabola di Brave New World con un’altra parabola che è stata presentata più recentemente nel libro di George Orwell, Nineteen Eighty- Four. Orwell scrisse il suo libro tra il ’45 e il ’48, credo, al tempo in cui il regime del terrore stalinista era ancora in piena attività e subito dopo il crollo del regime del terrore hitleriano. E il suo libro, che io ammiro molto, è un libro di grandissimo talento e di straordinaria ingegnosità, e mostra, per così dire, una proiezione nel futuro dell’immediato passato, di quello che per lui era l’immediato passato, e l’immediato presente, era una proiezione nel futuro di una società in cui il controllo era esercitato interamente dal terrorismo e da violenti attacchi alla mente e al corpo degli individui.
Mentre il mio libro, scritto nel 1932, quando esisteva solo una blanda dittatura nella forma di Mussolini, non era oscurato dall’idea del terrorismo, e quindi ero libero, differentemente da Orwell, di pensare a questi altri metodi di controllo, questi metodi non violenti, e sono incline a pensare che le dittature scientifiche del futuro, penso che ci saranno dittature scientifiche in molte parti del mondo, saranno probabilmente molto più vicine al modello Brave New World che al modello 1984, saranno molto più vicine non a causa di qualche scrupolo umanitario dei dittatori scientifici ma semplicemente perché il modello BNW è probabilmente molto più efficiente dell’altro.
Che è riuscire a far accettare alla gente lo stato di cose in cui vivono. Lo stato di schiavitù, lo stato d’essere, avere le proprie differenze smussate, ed il rendersi disponibili a metodi di produzione di massa a livello sociale, se si può fare questo, allora si ha, è probabile, una società molto più stabile e duratura. Una società molto più facilmente controllabile rispetto a quella che si avrebbe se ci si affidasse completamente alle clave e ai plotoni d’esecuzione e ai campi di concentramento. Dunque, la mia sensazione è che l’immagine di 1984 sia stata ovviamente tinta dall’immediato passato e presente in cui Orwell stava vivendo, ma il passato e presente di quegli anni non riflette, secondo me, la probabile tendenza di ciò che accadrà, inutile dire che non ci libereremo mai del terrorismo, troverà sempre la sua strada verso la superficie.
I limiti dei tiranni sono prescritti dalla resistenza di coloro che opprimono.
Ma penso che nella misura in cui i dittatori diventano sempre più scientifici, sempre più preoccupati della società tecnicamente perfetta e perfettamente funzionante, saranno sempre più interessati al tipo di tecniche che ho immaginato e descritto a partire dalle realtà esistenti in BNW. Per questo mi sembra che questa rivoluzione finale non sia molto lontana, che già un certo numero di tecniche per realizzare questo tipo di controllo sono qui, e resta da vedere quando e dove, e da chi saranno applicate per la prima volta su larga scala.
E prima lasciatemi parlare del miglioramento delle tecniche del terrorismo. Penso che ci siano stati dei miglioramenti. Pavlov, dopo tutto, ha fatto delle osservazioni estremamente profonde sia sugli animali che sugli esseri umani. E scoprì, tra l’altro, che le tecniche di condizionamento applicate agli animali o agli esseri umani in uno stato di stress psicologico o fisico affondavano, per così dire, molto profondamente nella mente e nel corpo della creatura, ed erano estremamente difficili da eliminare. Sembravano essere radicate più profondamente di altre forme di condizionamento.
E questo, naturalmente, è stato scoperto empiricamente in passato. La gente ha fatto uso di molte di queste tecniche, ma la differenza tra i vecchi metodi empirici intuitivi e i nostri metodi è la differenza tra il punto di vista dell’artigiano, una sorta di hit and miss (colpisci o fallisci), e il punto di vista genuinamente scientifico. Penso che ci sia una vera differenza tra noi e gli inquisitori del XVI secolo. Noi sappiamo molto più precisamente quello che stiamo facendo, rispetto a loro, e possiamo estendere, grazie alla nostra conoscenza teorica, quello che stiamo facendo su un’area più ampia con una maggiore sicurezza di produrre qualcosa che funzioni davvero.
In questo contesto vorrei citare i capitoli estremamente interessanti del libro del dott. William Seargent, “Battle for the Mind” in cui sottolinea come alcuni dei grandi insegnanti/leader religiosi del passato abbiano utilizzato intuitivamente il metodo pavloviano, parla specificamente del metodo di Wesley di produrre conversioni basate essenzialmente sulla tecnica di aumentare lo stress psicologico fino al limite parlando del fuoco dell’inferno, rendendo in questo modo le persone estremamente vulnerabili alla suggestione, poi all’improvviso allentano questo stress offrendo la speranza del paradiso, e questo è un capitolo molto interessante che mostra come abili psicologi innati, come fu Wesley, potevano scoprire questi metodi pavloviani su basi prettamente intuitive ed empiriche.
Bene, ora conosciamo il motivo per cui queste tecniche funzionavano e non c’è alcun dubbio che potremmo, se lo volessimo, farle evolvere molto più di quanto fosse possibile in passato. E naturalmente nella storia recente del lavaggio del cervello, sia applicato ai prigionieri di guerra che al personale inferiore del partito comunista in Cina, vediamo che i metodi pavloviani sono stati utilizzati sistematicamente e con un’efficacia straordinaria.
Penso che non ci sia alcun dubbio che con l’applicazione di questi metodi sia stato creato un esercito molto grande di persone totalmente devote.
Il condizionamento è stato spinto, per così dire, da una sorta di ionoforesi psicologica nel più profondo dell’essere delle persone, ed è diventato così profondo che è molto difficile da sradicare, e questi metodi, penso, rappresentano un vero perfezionamento dei vecchi metodi del terrore perché li combinano con forme di accettazione da parte della persona che è sottoposta a una forma di stress terroristico, ma allo scopo di indurre una sorta di accettazione volontaria delle condizioni verso cui è stata spinta e dello stato di cose in cui si trova.
Quindi c’è, come ho detto, un netto miglioramento anche nelle tecniche di terrorismo. Ma poi arriviamo alla considerazione di altre tecniche, che non sono terroristiche, allo scopo di suscitare il consenso e indurre la gente ad amare la propria servitù. Qui, non credo di poterle approfondire tutte, perché non le conosco tutte, ma voglio dire che posso citare i metodi più evidenti, che possono essere utilizzati oggi e che sono basati su recenti scoperte scientifiche. Prima di tutto ci sono i metodi legati alla suggestione diretta e all’ipnosi.
Credo che su questo argomento sappiamo molto di più di quanto si sapesse in passato. La gente, naturalmente, ha sempre saputo della suggestione, e anche se non conosceva la parola ‘ipnosi’, certamente la praticava in vari modi. Ma noi abbiamo, credo, una conoscenza dell’argomento molto più vasta che in passato, e possiamo fare uso della nostra conoscenza in modi, che in passato non siamo mai stati in grado di utilizzare. Per esempio, una delle cose che ora sappiamo per certo, è che c’è naturalmente un’enorme…voglio dire che si è sempre saputo che c’è una differenza molto grande tra gli individui per quanto riguarda la loro suggestionabilità. Ma ora conosciamo abbastanza chiaramente il tipo di ripartizione statistica di una popolazione per quanto riguarda la sua suggestionabilità. E’ molto interessante quando si osservano i risultati in diversi campi, voglio dire il campo dell’ipnosi, il campo della somministrazione di placebo, per esempio, nel campo della suggestione generale in stati di sonnolenza o di sonno leggero, si troverà lo stesso tipo di ordini di grandezza che spuntano continuamente.
Troverete per esempio che l’ipnotizzatore esperto vi dirà che il numero di persone, la percentuale di persone che possono essere ipnotizzate con la massima facilità, è circa il 20%, e circa un numero corrispondente all’altra estremità della scala è molto, molto difficile o quasi impossibile da ipnotizzare. Ma in mezzo c’è una grande massa di persone che possono con più o meno difficoltà essere ipnotizzate, che possono essere gradualmente, se ci si impegna abbastanza, portate allo stato ipnotico, e allo stesso modo lo stesso tipo di cifre si ripresenta, per esempio in relazione alla somministrazione di placebo.
Un grande esperimento è stato condotto tre o quattro anni fa nell’ospedale generale di Boston su casi post-operatori in cui diverse centinaia di uomini e donne che soffrivano di dolori comparabili dopo gravi operazioni, sono stati autorizzati a fare iniezioni ogni volta che lo chiedevano, ogni volta che il dolore peggiorava, e le iniezioni erano il 50% delle volte di morfina e il 50% di acqua. E tra coloro che hanno partecipato all’esperimento, circa il 20% di loro ha ottenuto sollievo sia dall’acqua distillata che dalla morfina. Circa il 20% non ha avuto alcun sollievo dall’acqua distillata, e in mezzo c’erano quelli che hanno avuto un po’ di sollievo o hanno avuto sollievo occasionalmente.
Così ancora una volta, vediamo lo stesso tipo di distribuzione, e allo stesso modo per quanto riguarda quello che in BNW ho chiamato Hypnopedia, l’insegnamento del sonno: stavo parlando non molto tempo fa con un uomo che produce dischi che la gente può ascoltare durante la fase leggera del sonno, voglio dire che questi sono dischi per diventare ricchi, per la soddisfazione sessuale (la folla ride), per la fiducia nelle vendite e così via, e mi ha detto che è molto interessante che questi dischi sono venduti con la formula “soddisfatti o rimborsati”, e dice che c’è regolarmente tra il 15% e il 20% di persone che scrivono indignate dicendo che i dischi non funzionano affatto, e lui li rimborsa subito. D’altra parte, c’è più del 20% che scrive con entusiasmo dicendo che sono molto più ricchi, la loro vita sessuale è molto meglio (risate) ecc, ecc, e questi naturalmente sono i clienti da sogno che comprano di più questi dischi. E nel mezzo ci sono quelli che non ottengono molti risultati e devono farsi scrivere lettere in cui si dice: “Continua, mia cara, continua” (risate) e ci arriverai, e generalmente ottengono risultati a lungo termine.
Bene, come ho detto, sulla base di questo, penso che vediamo abbastanza chiaramente che le popolazioni umane possono essere categorizzate secondo la loro suggestionabilità abbastanza facilmente. Sospetto fortemente che questo 20% sia lo stesso in tutti questi casi, e sospetto anche che non sarebbe affatto difficile riconoscere e chi sono coloro che sono estremamente suggestionabili e chi sono quelli estremamente non suggestionabili e chi sono quelli che occupano lo spazio intermedio. Chiaramente, se tutti fossero estremamente non suggestionabili la società organizzata sarebbe del tutto impossibile, e se tutti fossero estremamente suggestionabili allora una dittatura sarebbe assolutamente inevitabile.
Voglio dire, è una fortuna che abbiamo persone che sono moderatamente suggestionabili nella maggioranza e che quindi ci preservano dalla dittatura ma permettono la formazione di una società organizzata. Ma, una volta dato il fatto che c’è questo 20% di persone altamente suggestionabili, diventa abbastanza chiaro che questa è una questione di enorme importanza politica, per esempio, qualsiasi demagogo che è in grado di ottenere l’attenzione di un gran numero di questo 20% di persone suggestionabili e di organizzarle è davvero in grado di rovesciare qualsiasi governo in qualsiasi paese.
E voglio dire, penso che dopo tutto, abbiamo avuto l’esempio più incredibile negli ultimi anni di ciò che può essere fatto con metodi efficienti di suggestione e persuasione “grazie” ad Hitler. Chiunque abbia letto, per esempio, la vita di Hitler, viene fuori, con ammirazione inorridita per questo genio infernale, che ha davvero capito le debolezze umane penso quasi meglio di chiunque altro e che le ha sfruttate con tutte le risorse allora disponibili. Voglio dire che sapeva tutto, per esempio, conosceva intuitivamente questa verità pavloviana che il condizionamento installato in uno stato di stress o di fatica va molto più in profondità del condizionamento installato in altri momenti. Questo naturalmente è il motivo per cui tutti i suoi grandi discorsi erano organizzati di notte. Lo dice molto francamente, naturalmente, nel Mein Kampf, che questo è fatto solo perché la gente è stanca di notte e quindi molto meno capace di resistere alla persuasione di quanto lo sarebbe durante il giorno. E in tutte le tecniche che utilizzava, aveva scoperto intuitivamente, per tentativi ed errori molte delle debolezze che ora conosciamo in modo scientifico, credo molto più chiaramente di lui.
Ma rimane il fatto che questo differenziale di suggestionabilità, questa suscettibilità all’ipnosi, penso sia qualcosa che deve essere considerato molto attentamente in relazione a qualsiasi tipo di pensiero sul governo democratico. Se c’è un 20% di persone che può essere suggestionato a credere quasi tutto, allora dobbiamo prendere misure estremamente attente per prevenire l’ascesa di demagoghi che li porteranno a posizioni estreme e li organizzeranno in eserciti molto, molto pericolosi, eserciti privati che possono rovesciare il governo.
In questo campo della pura persuasione, penso che sappiamo molto di più che in passato, e ovviamente ora abbiamo meccanismi per moltiplicare la voce e l’immagine del demagogo in modo abbastanza allucinante, per dire, la televisione e la radio, Hitler faceva un uso enorme della radio, poteva parlare a milioni di persone contemporaneamente. Solo questo crea un abisso enorme tra il demagogo moderno e quello antico. L’antico demagogo poteva fare appello solo a quante persone la sua voce poteva raggiungere urlando al massimo, ma il demagogo moderno poteva toccare letteralmente milioni di persone alla volta, e naturalmente con la moltiplicazione della sua immagine può produrre questo tipo di effetto allucinatorio che è di enorme importanza ipnotica e suggestiva.
Ma poi ci sono vari altri metodi a cui si può pensare che, grazie al cielo, non sono ancora stati usati, ma che ovviamente potrebbero essere usati. C’è per esempio il metodo farmacologico, questa è una delle cose di cui ho parlato in BNW. Ho inventato un’ipotetica droga chiamata SOMA, che ovviamente non poteva esistere così com’era perché era contemporaneamente uno stimolante, un narcotico e un allucinogeno, il che sembra improbabile in una sola sostanza. Ma il punto è che se si applicassero diverse sostanze diverse si potrebbero ottenere quasi tutti questi risultati anche adesso, e la cosa veramente interessante delle nuove sostanze chimiche, le nuove droghe che cambiano la mente è questa, se si guarda indietro nella storia è chiaro che l’uomo ha sempre avuto un desiderio per le sostanze chimiche che cambiano la mente, ha sempre desiderato prendere le vacanze da se stesso, ma l’effetto più straordinario di ogni narcotico naturale stimolante, sedativo, o allucinogeno, è stato scoperto prima dell’alba della storia, non credo che la scienza moderna ne abbia scoperto anche solo uno di essi.
La scienza moderna ha naturalmente metodi migliori per estrarre i principi attivi di queste droghe e naturalmente ha scoperto numerosi modi per sintetizzare nuove sostanze di estrema potenza, ma la scoperta effettiva di queste sostanze naturali fu fatta dall’uomo primitivo chissà quanti secoli fa. Per esempio, sotto le abitazioni lacustri del primo neolitico che sono state scavate in Svizzera, abbiamo trovato delle teste di papavero, e sembra che la gente usasse già questo antichissimo e potente e pericoloso narcotico, anche prima del sorgere dell’agricoltura. Così quell’uomo era apparentemente un drogato prima di essere un agricoltore, il che è un fatto molto curioso sulla natura umana.
Ma la differenza, come ho detto, tra gli antichi scacciapensieri, gli scacciapensieri tradizionali, e le nuove sostanze è che queste erano estremamente dannose, mentre le nuove non lo sono. Voglio dire che anche l’alcool, che è uno scacciapensieri consentito, non è del tutto innocuo, come la gente avrà notato, e voglio dire che le altre, quelle non consentite, come l’oppio e la cocaina, l’oppio e i suoi derivati, sono davvero molto dannose. Producono rapidamente dipendenza, e in alcuni casi portano ad una velocità straordinaria alla degenerazione fisica e alla morte.
Allo stesso tempo, queste nuove sostanze, e ciò è davvero straordinario, possono produrre enormi rivoluzioni all’interno della nostra mente e del nostro essere, e tuttavia non fanno quasi nulla dal punto di vista fisiologico. Si può avere un’enorme rivoluzione, per esempio, con l’LSD-25 o con la psilocibina recentemente sintetizzata, che è il principio attivo del fungo sacro messicano. Si può avere questa enorme rivoluzione mentale senza una rivoluzione fisiologica maggiore di quella che si otterrebbe bevendo due cocktail. E questo è un effetto davvero straordinario.
Ed è naturalmente vero che i farmacologi stanno producendo un gran numero di nuovi farmaci miracolosi per cui la cura è quasi peggiore della malattia. Ogni anno la nuova edizione dei manuali di medicina contiene un capitolo sempre più lungo su quelle che sono le malattie iatrogene, cioè le malattie causate dai medici (risate). E questo è abbastanza vero, molti dei farmaci miracolosi sono estremamente pericolosi. Voglio dire che possono produrre effetti straordinari, e in condizioni critiche dovrebbero certamente essere usati, ma dovrebbero essere usati con la massima cautela. Ma c’è evidentemente un’intera classe di farmaci che agiscono sul SNC (Sistema nervoso centrale) e che possono produrre enormi cambiamenti nella sedazione, nell’euforia, nell’eccitazione dell’intero processo mentale senza fare alcun danno percepibile al corpo umano, e questo rappresenta la più straordinaria rivoluzione. Nelle mani di un dittatore queste sostanze, in un tipo o nell’altro, potrebbero essere usate con, prima di tutto, completa innocuità, e il risultato sarebbe, potete immaginare un’euforia che renderebbe le persone completamente felici anche nelle circostanze più abominevoli.
Queste cose sono possibili. Questa è la cosa straordinaria, dato che tutto questo è vero anche per le vecchie droghe grezze. Voglio dire, un mio coinquilino anni fa, dopo aver letto il Paradiso Perduto di Milton, disse: “E la birra fa più di Milton nel mostrare le vie di Dio all’uomo” (risate). E la birra, naturalmente, è una droga estremamente rozza in confronto a queste. E si può certamente dire che alcuni degli energizzanti psichici e i nuovi allucinogeni potrebbero ottenere incomparabilmente di più di quanto Milton e tutti i teologi messi insieme potrebbero, per far sembrare il terrificante mistero della nostra esistenza più tollerabile di quanto lo sia. E qui penso che ci sia un’area enorme in cui la rivoluzione finale potrebbe funzionare davvero molto bene, un’area in cui una massiccia quantità di controllo potrebbe essere usata non attraverso il terrore, ma facendo sembrare la vita molto più piacevole di quanto non sia normalmente. Piacevole fino al punto in cui, come ho detto prima, gli esseri umani arrivino ad amare uno stato di cose che per qualsiasi standard umano ragionevole e decente non dovrebbe essere amato, e questo penso sia perfettamente possibile.
Ma poi, molto brevemente, lasciatemi parlare di uno degli sviluppi più recenti nella sfera della neurologia, circa l’impianto di elettrodi nel cervello. Questo naturalmente è stato fatto su larga scala negli animali e in alcuni casi è stato fatto nei casi di pazzi senza speranza. E chiunque abbia osservato il comportamento dei ratti con elettrodi collocati in diversi centri, deve uscire da questa esperienza con le più straordinarie perplessità su ciò che sulla terra ci aspetterebbe se un dittatore se ne impossessasse. Ho visto non molto tempo fa dei ratti nel laboratorio dell’UCLA, ce n’erano due serie, la prima con elettrodi piantati nel centro del piacere, e la tecnica consisteva in una barra che, premuta provocava una lievissima corrente per un breve periodo di tempo, collegata a quell’elettrodo e che stimolava il centro del piacere ed era evidentemente una pura estasi per questi ratti, che premevano la barra 18.000 volte al giorno (risate). A quanto pareva, se gli impedivi di premere la barra per un giorno, il giorno seguente la premevano 36.000 volte e lo facevano fino a quando cadevano a terra completamente esausti (risate) E non mangiavano, né erano interessati al sesso opposto, ma continuavano a premere questa barra.
Poi i ratti più stupefacenti erano quelli in cui l’elettrodo era piantato a metà strada tra il centro del piacere e quello del dolore. Il risultato era una specie di miscuglio tra la più meravigliosa estasi e l’essere allo stesso tempo torturati. E si vedevano i topi guardare la barra e dire: “Essere o non essere, questo è il dilemma”. (Risate) Alla fine si avvicinavano e tornavano indietro con questo terribile dilemma, e aspettava un po’ di tempo prima di premere di nuovo la barra, ma la premevano sempre di nuovo. Questa era la cosa straordinaria.
Ho notato che nell’ultimo numero di Scientific American c’è un articolo molto interessante sugli elettrodi nel cervello dei polli, in cui la tecnica è molto ingegnosa, si affonda nel loro cervello una piccola presa con una vite e l’elettrodo può essere avvitato sempre più a fondo nel tronco cerebrale e si può testare in qualsiasi momento in base alla profondità, che va a frazioni di mm, cosa stai stimolando e queste creature non sono semplicemente stimolate da un filo, sono dotate di un ricevitore radio in miniatura che pesa meno di un grammo che è attaccato a loro in modo che possano comunicare a distanza, voglio dire, possono correre nell’aia e si potrebbe premere un pulsante e questa particolare area del cervello in cui l’elettrodo è stato avvitato sarebbe stimolata. Si otterrebbero questi fenomeni fantastici, un pollo addormentato salterebbe in piedi e correrebbe in giro, o un pollo attivo si siederebbe improvvisamente e andrebbe a dormire, o una gallina si siederebbe e si comporterebbe come se stesse covando un uovo, o un gallo da combattimento andrebbe in depressione.
L’intero quadro del controllo assoluto delle pulsioni è terrificante, e nei pochi casi in cui questo è stato fatto con esseri umani molto malati, gli effetti sono evidentemente anche molto notevoli: stavo parlando la scorsa estate in Inghilterra con Grey Walter, che è il più eminente esponente della tecnica EEG in Inghilterra, e mi stava dicendo che ha visto detenuti senza speranza nei manicomi con queste cose nella loro testa, e queste persone soffrivano di depressione incontrollabile, avevano questi elettrodi inseriti nel centro del piacere nel loro cervello, e quando si sentivano troppo male, semplicemente premevano un pulsante del telecomando nella loro tasca e lui diceva che i risultati erano fantastici, la bocca che puntava verso il basso improvvisamente si alzava e si sentivano molto allegri e felici. Così, ancora una volta, si vedono le tecniche rivoluzionarie più straordinarie, che sono ora a nostra disposizione.
Ora, penso che ciò che è perfettamente chiaro è che per il momento queste tecniche non vengono utilizzate se non in modo sperimentale, ma penso che sia importante per noi renderci conto di ciò che sta accadendo per renderci conto di ciò che è già accaduto, e poi usare una certa dose di immaginazione per dedurre il tipo di cose che potrebbero accadere nel futuro. Cosa potrebbe succedere se queste tecniche fantastiche quanto potenti venissero usate da persone senza scrupoli in posizione d’autorità, che cosa accadrebbe sulla Terra, che tipo di società avremmo?
E penso che sia particolarmente importante perché, come si vede guardando indietro nella storia, abbiamo permesso in passato che tutti quei progressi nella tecnologia che hanno cambiato profondamente la nostra vita sociale e individuale ci cogliessero di sorpresa, voglio dire che mi sembra ciò che accadde tra la fine del 18° secolo e l’inizio del 19° secolo quando le nuove macchine stavano rendendo possibile il sistema industriale. Non era al di là dell’ingegno dell’uomo vedere ciò che stava accadendo e proiettarsi nel futuro e forse prevenire le conseguenze veramente terribili che hanno afflitto l’Inghilterra e la maggior parte dell’Europa occidentale e questo paese per sessanta o settanta anni, e gli orribili abusi del sistema di produzione di massa, e se una certa dose di previsione fosse stata applicata al problema a quel tempo, e se la gente avesse prima di tutto capito cosa stava accadendo e poi avesse usato la propria immaginazione per vedere cosa poteva accadere, e poi avessero continuato ad elaborare i mezzi attraverso i quali le peggiori applicazioni della Tecnica non avrebbero avuto luogo, beh, allora penso che l’umanità occidentale avrebbe potuto risparmiarsi le circa tre generazioni di miseria totale che era stata imposta ai poveri in quel momento.
E allo stesso modo con i vari progressi tecnologici di oggi, dobbiamo pensare ai problemi dell’automazione e più profondamente ai problemi che possono sorgere con queste nuove tecniche, che possono contribuire a questa rivoluzione finale.
Il nostro compito è quello di essere consapevoli di ciò che sta accadendo, e poi usare la nostra immaginazione per vedere cosa potrebbe accadere, come qualcuno potrebbe abusare di ciò, e poi, se possibile, controllare che gli enormi poteri che ora possediamo grazie a questi progressi scientifici e tecnologici siano usati a beneficio degli esseri umani e non per la loro degradazione.
Silvio Gesell è stato probabilmente il più misconosciuto fra i grandi geni della storia e ciononostante è, proprio per noi oggi, il più grande benefattore dell’umanità. Vediamo perché.
Gesell non era un superuomo. Egli nacque il 17 marzo 1862 nel paesino di Sankt Vith nella Vallonia belga, come settimo dei nove figli di un modesto impiegato statale. Dopo aver frequentato nel suo paese natio la scuola elementare e media statale per i figli delle famiglie disagiate, si iscrisse ad un liceo privato, perché la sua mente acuta lo predisponeva per il proseguimento universitario degli studi. Una grave malattia di suo padre lo costrinse però ad abbandonare la scuola, per iniziare a guadagnare come impiegato postale qualche soldo necessario alla famiglia. Quando i suoi fratelli maggiori riuscirono ad aprire a Berlino una ditta per il commercio di prodotti odontoiatrici egli decise di unirsi a loro e presto venne inviato da questi come rappresentante a Malaga in Spagna. Dovette tuttavia ritornare a Berlino per prestarvi il servizio militare obbligatorio. Nel 1887 all’età di venticinque anni, Silvio Gesell decise di mettersi in proprio, aprendo una filiale della ditta dei fratelli a Buenos Aires, e quindi emigrò in Argentina. Nonostante il grande successo iniziale di questa attività del giovane Gesell, essa venne travolta dopo pochi anni dalla Grande Depressione argentina, che per anni paralizzò completamente l’economia di quel Paese. Tale fenomeno stimolò Gesell a sottoporre ad un esame approfondito la problematica strutturale del sistema monetario e nel 1891 egli pubblicò la sua prima opera dal titolo “La riforma del sistema monetario come accesso allo Stato sociale”, in cui egli esponeva già in embrione la più rilevante scoperta che mai fosse stata fatta in campo monetario. Seguirono in breve tempo altre due opere di approfondimento della questione monetaria, nelle quali tra l’altro veniva esposta l’idea innovativa della necessaria ri-nazionalizzazione della valuta.
Gesell cedette la sua ditta argentina nel 1892 al fratello e fece ritorno in Europa. Arrivò in Germania, ma non poté rimanere in questo Paese perché a causa del suo libro veniva considerato un pericoloso sovversivo. Emigrò quindi in Svizzera, dove acquistò una piccola fattoria, vivendo come agricoltore, e dove approfondì le sue ricerche sulla moneta. Nel 1900 pubblicò la rivista Geld-und Bodenreform (“Denaro e riforma agraria”) per diffondere le sue idee innovative, ma già tre anni dopo dovette cessarne la pubblicazione per problemi economici. Dal 1907 al 1911 Gesell si trasferì nuovamente in Argentina per aiutare il proprio fratello e al ritorno si stabilì nei pressi di Berlino dove con degli amici diede vita ad una comunità agricola. Qui iniziò a pubblicare una nuova rivista, Der Physiokrat (“Il Fisiocrate”), che uscì regolarmente fino a quando venne vietata dalla censura di guerra all’inizio del 1916. Questo fatto costrinse Silvio a rifugiarsi nuovamente nella sua fattoria in Svizzera.
Venne chiamato a ritornare in Germania dall’effimero governo della Repubblica dei Consigli Bavarese e ricevette l’incarico di ministro delle Finanze. Il suo mandato ebbe però vita breve e durò soli sette giorni, durante i quali Gesell preparò un’unica legge per istituire libere corporazioni. Poi il giovane governo della neonata repubblica bavarese venne deposto dal sanguinoso colpo di stato dei Corpi Franchi e Gesell venne imprigionato. Sebbene entro pochi mesi il tribunale avesse accertato la sua innocenza e lo avesse prosciolto da tutti a capi d’accusa, una volta libero non poté però più fare ritorno alla sua casa in Svizzera, perché a causa della sua partecipazione al governo rivoluzionario bavarese le autorità svizzere gli negarono il rientro. Fece quindi ritorno alla comunità agricola a nord di Berlino, dove continuò con i suoi amici l’opera di diffusione delle nuove idee. La permanenza di Gesell nella comunità di Eden venne interrotta solo da un suo ultimo viaggio in Argentina, dal 1924 al 1927. Gesell morì l’11 marzo 1930, stroncato da una polmonite.
All’inizio del 16° secolo il genio universale Niccolò Copernico (1473-1543) scoprì che non era il Sole a ruotare intorno alla Terra, bensì che tutti i pianeti orbitavano attorno al Sole centrale. Questa fu una scoperta dalla portata immane che cambiò radicalmente la visione del mondo di tutta l’umanità. La sostituzione della concezione geocentrica con quella eliocentrica spianò la strada all’Illuminismo e al progresso scientifico, dando l’avvio all’era moderna. Analoga è l’importanza per l’umanità della scoperta epocale di Silvio Gesell, che per questo motivo viene anche spesso chiamato il “Copernico dell’economia”. Egli infatti asserì di aver scoperto che la funzione del denaro è di servire l’essere umano e non, viceversa, l’uomo servire il denaro, minando con ciò l’intero ordinamento finanziario capitalista.
Secondo Gesell, ogni approfondita analisi delle cause dei mali del mondo mostra inevitabilmente che tutte le disfunzioni hanno una radice comune e che questa risiede in un errore strutturale del sistema valutario. Povertà, guerre, concorrenza, coercizioni, ingiustizie, inquinamento, manipolazione, e tutto il resto, hanno origine da questa anomalia innaturale insita nella maniera in cui è concepito essenzialmente il nostro denaro. Silvio Gesell pubblicò durante la sua movimentata vita innumerevoli libri e articoli per illustrare e spiegare comprensibilmente al mondo la sua sensazionale scoperta. Come egli espone dettagliatamente nel suo capolavoro, dal titolo “L’ordine economico naturale per mezzo di terra e denaro liberi”, tutti i nostri problemi sono provocati in origine da una caratteristica intrinseca alla moneta che viola completamente le leggi naturali. L’innaturalezza della moneta consiste nel fatto che, al contrario di tutte le cose create dalla Natura, questa non si consuma. Anche John Maynard Keynes (1883-1946) ha constatato nella sua opera Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta:
«La maggior parte dei valori patrimoniali, a eccezione del denaro, sono soggetti a calo o causano costi semplicemente a causa dello scorrere del tempo».
Infatti, ogni essere vivente invecchia e ogni oggetto si degrada e perde valore con il tempo. I commercianti ben lo sanno, che se non vendono entro breve tempo la loro merce questa perde il suo valore, e lo sa anche ogni proprietario di casa che lo scorrere del tempo causa danni e che gli immobili hanno bisogno di periodiche riparazioni per non svalutarsi. Le verdure invendute vanno a male, i vestiti passano di moda e gli smartphone diventano obsoleti. E tra tutte le merci che vengono offerte sul mercato, il lavoro è quella che deperisce più in fretta, dato che se non viene venduto subito è irrimediabilmente perduto.
Il denaro contronatura invece è egemone sul mercato perché il suo detentore non ha la stessa urgenza allo scambio dei detentori di merci. Anche Henry Ford aveva riconosciuto che:
«Il fatto che il banchiere possa chiudere in faccia al creditore il forziere, se questo non è disposto a sborsare interessi, e che non sappia nulla delle preoccupazioni che assillano il detentore di merci, è dovuto unicamente alla supremazia che il denaro possiede di per sé e riguardo alle merci: e questo è il punto dolente».
Da questa supremazia del denaro derivano tutte le aberrazioni del sistema capitalista.
Gesell individuò il difetto strutturale della moneta nella sua accumulabilità, che permette a coloro che hanno denaro in eccesso di trattenerlo dal circolare e di sbloccarlo soltanto quando qualcuno è disposto a corrispondere loro un premio sotto forma di interessi al tasso richiesto. Da questa circostanza nascono tutti i redditi da capitale, che sono redditi senza corrispondente prestazione e che per secoli venivano definiti senza mezzi termini “usura”. La Chiesa cattolica aveva avversato sin dalle sue origini con tutta fermezza l’usura, basandosi sugli insegnamenti di Aristotele e dei Padri della Chiesa, e parecchi concili avevano stabilito che esigere interessi sul denaro prestato fosse un peccato particolarmente grave, per il quale decretarono la scomunica. Con l’abbandono di questo precetto fondamentale la Chiesa non solo iniziò il suo inesorabile declino, ma permise contemporaneamente alla piovra finanziaria di avvinghiare con i suoi tentacoli il mondo intero. La condanna dell’usura da parte del cristianesimo aveva un solido fondamento nelle leggi universali della Natura ed era unicamente dettata dal buon senso dei nostri avi. Infatti i soldi non si riproducono da soli, ma vengono sempre generati in ultima analisi dal lavoro. Quindi, come diceva Tolstoj:
“Se qualcuno percepisce un reddito senza aver lavorato, qualcun altro ha lavorato senza percepire reddito”.
Infatti l’interesse è l’unica ragione della necessità di crescita economica.
“Crescita” è un vocabolo fondamentale nelle discussioni economiche. L’economia nazionale deve crescere, il prodotto lordo deve crescere, i fatturati devono crescere. Anche gli alberi, i bambini e i polli devono crescere. Ma questi non crescono indefinitamente. I processi di crescita naturali sono contrassegnati normalmente da una forte crescita iniziale, che rallenta col tempo fino a stabilizzarsi su un livello costante. In Natura la crescita illimitata è distruttiva come nel tumore e non è mai alla base di processi stabili. Non esistono polli che crescono fino a diventare grandi come campanili. Solo l’economia deve continuare a crescere, prima fino alle nuvole, poi fino alle stelle. Può funzionare? Solamente fino a quando la popolazione sia abbastanza stupida da credere a quest’assurdità perversa, la crescita può essere sventolata come una carota davanti agli asini durante le campagne elettorali.
(Cit. da Mario Haussmann, Il Manifesto della Sociosofia, Shiva Editore).
La crescita obbligatoria imposta dal sistema capitalista è il fattore contronatura che oltre a distruggere l’ambiente, intacca la stabilità della collettività, producendo crescenti squilibri sociali. L’interesse sul capitale prestato è la ragione per cui chi possiede strumenti finanziari diventa più ricco anche mentre dorme, mentre chi vive di solo lavoro diventa necessariamente sempre più povero. L’attività finanziaria è la vera fonte della grande ricchezza e cresce a ritmi di tre o quattro volte quelli dell’economia reale. Questa crescita deve avvenire a discapito della produzione reale, poiché la prima non produce nulla, ma toglie la prosperità a coloro che l’hanno prodotta con il proprio lavoro, gravandoli dell’indebitamento crescente. Nel suo libro L’Ordine Economico Naturale Gesell ci dona una nuova teoria della moneta, basata su quattro fattori principali: un nuovo tipo di denaro che rende impossibile l’usura, il ristabilimento della proprietà pubblica del suolo, la completa libertà del mercato e dei suoi attori, e infine la completa assenza di povertà e ogni forma di tassazione.
Il grande merito di Gesell fu che, studiando i problemi di fondo della moneta, si accorse dell’essenza del suo difetto strutturale che la rende contrastante ai principi della grande Natura universale. Egli scoprì che nel sistema monetario attuale vi sono tre contraddizioni fondamentali. Primo: il denaro è una proprietà pubblica e anche privata. Secondo: il denaro è mezzo di trasferimento del valore e anche strumento per preservarlo. Terzo: i crediti sono denaro. Osserviamo più in dettaglio questi punti.
Gesell notò che se il denaro è un’istituzione di diritto pubblico, cioè un bene concesso in prestito a tutti allo scopo di agevolare gli scambi economici, esso non può essere simultaneamente un bene privato. Le istituzioni pubbliche sono a disposizione di tutti, ma nessuno può strumentalizzarle per i propri fini. Qualsiasi intralcio arrecato a un’istituzione pubblica ne impedisce l’uso ad altri. Ogni utilizzo di una struttura pubblica comporta dei costi, che gli utenti pagano in maniera diretta o indiretta. Dunque quando abbiamo in mano una banconota, sorge il problema della proprietà fisica della stessa. Il buon senso di Gesell giunse alla conclusione che il denaro, quale istituzione pubblica, doveva avere un costo d’uso da corrispondere alle casse pubbliche. I soldi sono solo un simbolo del valore, non il valore stesso. Il denaro è un concetto, utile come unità e strumento di misura del valore. Esso non è commerciabile. La farina è commerciabile, il chilo no. Il denaro solo un’unità di misura, e la sua apparenza fisica è il simbolo di un diritto. Per esempio quando tengo in mano una banconota da 50 euro, sono miei i 50 euro di diritto a percepire. Il valore di quella banconota è sicuramente mio, ma non il mezzo fisico che lo supporta, la banconota stessa, che appartiene a tutti. Come se fosse mio il carico di un camion, ma non il camion preso a noleggio. E il camion a noleggio deve essere restituito. Tutto il problema del sistema monetario consiste nel fatto che la velocità di circolazione del denaro non è costante. Se, per esempio, una banconota da 50 euro passa di mano 20 volte in un anno, essa genera un potere di acquisto di 1000 euro. Se, però, essa viene scambiata 40 volte, il volume di affari che essa genera è di 2000 euro. Quindi, la stessa banconota ha raddoppiato il suo potere di acquisto solo girando più velocemente ed è paradossale che nell’attuale ordinamento monetario sia possibile interrompere arbitrariamente questo flusso, per farsi pagare con gli interessi quando si cessa di farlo.
Abbiamo detto che Gesell identificò l’errore basilare sistemico della moneta nella sua funzione di conservazione del valore, poiché questa contraddice la sua funzione di mezzo di scambio e di misura. E se si lascia che venga utilizzata a tal fine, il denaro stesso diviene impropriamente una merce con cui alcuni possono bloccare gli altri e danneggiare l’economia. Ciò è anche la causa della disoccupazione, poiché una banconota che viene spesa richiede lavoro, mentre una banconota che rimane ferma causa disoccupazione. Gesell comprese che un meccanismo finanziario che obblighi la moneta a circolare produrrebbe come effetto una netta tendenza alla piena occupazione. Già il filosofo John Locke (1632-1704) aveva riconosciuto che il denaro deve rimanere un puro strumento di misura degli scambi e non può diventare una merce. Diceva:
«È un errore largamente diffuso quello di rappresentare il denaro come una merce».
Silvio Gesell identificava nel sistema bancario a riserva frazionaria l’“usura istituzionale”. Egli vedeva nelle qualità da jolly del denaro l’origine del sistema capitalista e di tutte le crisi economiche che questo genera. La riforma da lui proposta è infatti un rimedio efficace per impedire ostacoli nella circolazione monetaria e rendere impossibili i bubboni della speculazione.
Gesell era giunto alla conclusione che il denaro sarebbe fluito con regolarità quando fosse stato più desiderabile possedere beni e merci che denaro. Quindi, il potenziale capitale finanziario doveva causare dei costi al proprietario. Ciò rende più lucrativo investire, prestare senza interesse o spendere il capitale. Sicuramente questo impedisce di sottrarre il capitale al mercato e di abusarne privatamente, per accumulare valore e generare profitti da interesse. Nelle sue parole:
«Invece di dare un premio (detto interesse) a coloro che hanno più denaro di quanto abbisognano, affinché lo rimettano in circolazione devono essere costoro a pagare un piccolo canone (detto canone di utilizzo) se trattengono denaro dalla circolazione».
Questa fu l’idea che fece di Gesell il Copernico dell’economia, perché in modo del tutto analogo pose le cose al posto giusto nell’ordine naturale. Con il nuovo tipo di moneta proposto da Silvio Gesell, egli in pratica inventò da solo l’”anti-usura”, trovando il rimedio a tutti i nostri problemi economici.
Con questo nuovo strumento concettuale fornitoci da Gesell la liberazione definitiva dell’economia di mercato dalla piovra del capitalismo non è più un’utopia, ma una meta concretamente raggiungibile. Perfino Keynes, nella “Teoria generale”, riteneva del tutto possibile che con un denaro non tesaurizzabile l’interesse potesse scomparire «entro una generazione» e lo considerava «la via più razionale per… liberarci delle forme più ripugnanti del capitalismo».
Il denaro è il sangue dell’economia e affinché l’economia possa funzionare senza intoppi, il denaro deve circolare costantemente. Ad ogni blocco del flusso, in una qualsiasi sua parte, consegue una mancanza di soldi da qualche altra parte. Quando una banconota viene sottratta alla circolazione, si impedisce tutta la catena di transazioni che quella banconota avrebbe prodotto passando di mano in mano. Il numero dei passaggi impediti è tanto più grande quanto più a lungo la banconota viene trattenuta. Dunque la geniale idea di Silvio Gesell era in pratica di richiedere una tariffa, un canone per l’utilizzo privato del bene pubblico costituito dal denaro. Il denaro inutilizzato sarebbe semplicemente diminuito di valore. La differenza, incamerata dalla nazione, avrebbe finanziato lo Stato, sostituendo tutte le tasse. Ciò avrebbe messo in circolazione tutto il denaro trattenuto da qualsiasi parte, riducendo praticamente a zero i tassi di interesse. Così si sarebbe realizzato il sogno di Proudhon, che auspicava la scomparsa dell’interesse per aumentare il capitale da investimento a vantaggio di tutta l’economia. Inoltre un canone richiesto dallo Stato per l’utilizzo privato della moneta costituisce anche l’unica fonte di finanziamento sensata atta ad istituire un dignitoso reddito di cittadinanza (altra invenzione di Silvio Gesell) da erogare a tutti incondizionatamente.
Un onorario da pagare alla collettività per l’utilizzo del denaro è come pagare il biglietto per l’utilizzo dell’autobus. Esso si rende necessario perché gli altri meccanismi di flusso del denaro, interesse e inflazione, hanno fallito in pieno. Questi due meccanismi si generano a vicenda. Quando l’inflazione è bassa, il denaro viene trattenuto. Questo alza i tassi di interesse e il denaro fluisce negli investimenti a breve termine, aumentando il fabbisogno di denaro. Ciò costringe la banca centrale a emettere più denaro, producendo inflazione, per abbassare così i tassi. Allora il denaro viene trattenuto finché i tassi non salgono. Eccetera. Il denaro di Gesell, emesso da un ente pubblico e costretto a fluire costantemente, avrebbe come conseguenza una nuova fioritura della civiltà e della cultura. Così come avvenne durante il periodo gotico grazie al sistema monetario dei Brakteati, in quei quasi tre secoli che uno studio di Harvard ha classificato come il periodo storico in cui la vita umana era più piacevole. Infatti la completa assenza di tasse, di debito pubblico, di inflazione e di interessi da pagare nonché di fluttuazioni economiche, il sistema bancario trasparente, sempre solido e solvibile, e la triplicazione dei redditi da lavoro dovuta alla scomparsa dei redditi da capitale, renderebbero tutti incommensurabilmente più ricchi e più liberi di oggi. La premessa per realizzare tutto ciò è un denaro neutrale, che si comporti in maniera equa rispetto a chi lavora e a chi possiede. Un denaro che non permetta di arricchirsi senza produrre valore tramite il lavoro, un denaro al servizio dell’uomo e non viceversa.
Oggi le banche creano dal nulla il denaro, come fa la banca centrale, se ne arrogano arbitrariamente e abusivamente la proprietà. Ma essendo la moneta espressione della sovranità, essa è di diritto proprietà del popolo, cioè un bene comune e un’istituzione pubblica. È bene precisarlo adeguatamente: il denaro creato non appartiene a qualcuno, nemmeno alle banche che lo creano, ma è di tutti: un bene collettivo. L’errore giuridico fondamentale del nostro sistema è che esso assegna al portatore anche la proprietà del pezzo di carta che rappresenta il denaro. È come se in aeroporto la legge assegnasse ai passeggeri anche la proprietà del carrellino su cui trasportano la loro valigia. Un’assurdità, insomma. I “luminari” a capo delle facoltà di economia non hanno mai insegnato la verità, e cioè che se il denaro perde le qualità che lo rendono “capitale”, la gente non viene più derubata dei frutti del proprio lavoro. Per loro solo il denaro che permette il massimo della rendita è un buon denaro. Silvio Gesell, le sue scoperte grandiose in campo monetario e fondiario e la sua geniale opera, sono tra le cose più taciute dalla cupola che gestisce l’establishment. Infatti, ci sono poche cose che questi diabolici signori del potere mondiale temono tanto quanto le scoperte e le idee di Gesell. Essi ne hanno una paura folle, perché questo geniale autodidatta ha creato modelli veramente originali nel campo dell’economia e delle scienze sociali. Tali cose sono estremamente pericolose per le tradizionali strutture di potere e per la cupola delle 13 famiglie, in particolare. D’altro canto, gli scritti di Gesell contengono materiale prodigioso per il futuro, scoperte scientifiche preziosissime e idee fertili che diverranno presto tesoro dell’umanità intera e la libereranno dalle catene della tirannia.
Non si dirà mai abbastanza del grande genio misconosciuto Silvio Gesell e delle sue sbalorditive scoperte. Saranno le generazioni future ad onorare la sua figura e a valorizzare le sue idee, poiché avranno riconosciuto l’immenso debito di gratitudine che l’umanità ha nei confronti di questo suo eminente membro. Le scoperte di Gesell hanno ribaltato completamente la più radicata e deleteria delle false dottrine vigenti, e così ci forniscono la chiave d’accesso ad un sistema economico a misura d’uomo, regolato in maniera da permettere la massima felicità a tutti, poiché tutti i suoi parametri sono posti in armonia con le immutabili leggi naturali. Sicuramente le generazioni future vedranno l’epoca attuale come un’era buia di sfruttamento pubblico generale da parte dello Stato, nella quale le misure necessarie a eliminare la povertà e diffondere la ricchezza che i singoli cittadini vorrebbero intraprendere non possono nemmeno essere prese in considerazione. Per superarla velocemente e addivenire a condizioni di buon senso abbiamo ora a disposizione gli inediti metodi scientifici della Sociosofia, che permettono di raggiungere gli obiettivi con precisione matematica. E appena introdotto il sistema di fiscalità monetaria tutta l’economia si orienta automaticamente ai bisogni degli esseri umani e tutta la progettazione economica al benessere comune a lungo termine. Finalmente divengono possibili tutte quelle riforme e innovazioni che spalancano la strada al raggiungimento della felicità collettiva, del benessere e del tempo libero.
I sociosofi hanno abbracciato le basilari idee di Silvio Gesell e le hanno nel frattempo elaborate e perfezionate. Ne è risultato un adeguamento ai mutamenti sociali e tecnologici intervenuti dal tempo in cui Gesell formulò il suo pensiero. Così ora abbiamo anche a disposizione adeguate linee guida per istituire un sistema bancario completamente differente, onesto ed esente da speculazioni, sistemi moderni e pratici per l’esazione del canone sul circolante, e innovative proposte sul piano giuridico per adeguare il sistema ai bisogni del popolo e metterlo in armonia con i principi di Madre Natura. Silvio Gesell ci ha fornito in mano la chiave per accedere al futuro che ogni creatura sogna nel profondo del suo cuore. La messa in pratica dei suoi insegnamenti permette il coronamento dei sogni di tutti i grandi pensatori libertari della storia. Ora sta a noi fare in modo che tutti lo sappiano e che al più presto le sue grandiose scoperte trovino applicazione pratica, per il bene di tutti.
Mi chiamo Patrizia Pecollo, lavoro come medico omeopata libero professionista. Scelgo di diventare medico nel 1977, affascinata dal modello del medico condotto di montagna, dove sono nata, che conosceva la storia delle persone e delle famiglie da generazioni. Quando nel 1985 ho inizio a fare le sostituzioni ai colleghi medici di base mi accorgo di avere a mia disposizione pochissimo tempo da dedicare alla raccolta della storia di ciascun paziente; la sala d’attesa dell’ambulatorio rumoreggia di pazienti impazienti che attendono che firmi loro una prescrizione, una ricetta, come se io fossi la commessa di uno spaccio aziendale di farmaci ed esami. Le storie dei pazientisono molto simili tra loro, più o meno come la seguente: “Buongiorno dottoressa, soffro di mal di testa dall’età di 15 anni, ho preso tanti antidolorifici che mi è venuta la gastrite, così ho preso farmaci per la gastrite, saranno quelli o no, non lo so, dopo mi son venuti problemi di fegato, ho preso farmaci per il fegato che mi hanno fatto venire la pressione alta”. -“E il mal di testa?” -“Quello ce l’ho sempre! Prendo una medicina per il dolore e una per lo stomaco a ogni attacco, circa una, due volte alla settimana, e un’altra, anzi due, per la pressione alta tutti i giorni”. Oltre a ciò mi rendo conto che spesso, pur con tutta la buona volontà, non possiedo strumenti per alleviare malesseri e sofferenze delle persone che si rivolgono a me. Percepisco il disagio esistenziale e relazionale di ciascuno ma non possiedo conoscenze sufficienti, né farmaci adeguati, né parole idonee, a lenirlo. Così mi dedico allo studio di varie discipline alternative: fitoterapia, essenze, alimentazione, macrobiotica, ma alla fine mi rendo conto che il focus è sempre sull”oggetto paziente’ e nulla sul contorno, ambiente di vita e le relazioni. Finalmente nel 1988 incontro una medicina che cura la persona nel suo insieme, con pochi farmaci e privi di effetti collaterali, la medicina Omeopatica, terapia delle relazioni (da re-ligo: lego insieme), il cui focus sono le connessioni senza perdere di vista l’individuo. Frequento la Fondazione Omeopatica Italiana di Napoli diretta dal dottor Nicola Del Giudice, Endocrinologo e Omeopata, fondata insieme al fratello Emilio Del Giudice, Fisico, presso la quale ottengo il Diploma Quinquennale di ‘Terapeuta Unico’ che significa ‘terapeuta che cura il paziente nella sua totalità psico-fisico- emozionale’ dando centralità alla dinamica relazionale grazie all’ascolto. Contemporaneamente con l’omeopatia vado risolvendo i vari problemi di salute che mi affliggono fin dall’infanzia. L’altro aspetto fondamentale che perseguo è la cooperazione: fra terapeuti che comunicano tra loro con lo stesso linguaggio, quello dell’omeopatia, e fra esseri umani appartenenti ad un’unica specie che può evolvere soltanto se unita da un sentimento di appartenenza, sia al suo interno, sia con la natura, sia con l’universo intero di cui fa parte. Questo grazie all’ottica sistemica sviluppata della fisica applicata ai sistemi viventi che propone un modello di funzionamento dell’essere umano più profondo e globale rispetto alle varie discipline considerate singolarmente. Dal ’93 inizio il lavoro a tempo pieno come libero professionista. Posso definite il mio compito come quello dell’interprete simultaneo: traduco il linguaggio dei sintomi del corpo in linguaggio emotivo-relazionale (linguaggio antico e dimenticato), in modo che la persona diventi responsabile della cura di sé. Ad esempio: davanti a una persona con problemi di stomaco, dalla difficoltà digestiva, all’acidità, all’ulcera al cancro, ci si pone la domanda: che cosa significano? Che cosa ci sta comunicando il corpo? Quale situazione non riesce a digerire il paziente? Da quanto tempo? Che cosa si può fare per migliorare la situazione? Il rimedio omeopatico aiuta la persona a modulare i livelli emotivi per giungere ad una elaborazione del conflitto alla base del sintomo, migliorandolo, fino alla soluzione-guarigione. Ma se il paziente dice: “Il medico sei tu e questo è il mio corpo, guariscilo tu che sei un esperto, io non me ne voglio occupare!” oppure “Voglio stare bene senza cambiare nulla, voglio tornare come prima” la relazione di cura non si instaura, la relazione è uno scambio a due. Ma quando il paziente impara poco a poco a entrare in connessione con se stesso, a prendersi cura di sé sotto la mia guida, allora possono avvenire anche “miracoli” e l’evoluzione umana riprende la sua direzione. Il medico si prende cura del paziente ma è il paziente che guarisce.
VIRUS, BATTERI, FUNGHI E PARASSITI
Il nostro organismo è composto più da batteri, virus, funghi e qualche parassita passeggero, che cellule: 50 mila miliardi contro 30 mila miliardi. o Se potessimo creare un ambiente totalmente asettico moriremmo in poco tempo perché tra i batteri che popolano il nostro intestino, ad esempio, alcuni sono fondamentali per la produzione della vitamina K che ha un’azione anticolagulante. La superficie del corpo che ospita questi microrganismi si aggira sui 2 mq per la pelle che riveste l’esterno del corpo, e 32 mq per le mucose che rivestono l’apparato digerente, senza considerare l’apparato respiratorio, urinario e genitale, di cui non ho trovato la stima dell’estensione. Come può dunque un batterio o un virus, al di fuori di quei 50 mila miliardi (di saprofiti) che ospitiamo, essere letale? Quando si manifesta un’epidemia di influenza, vediamo reazioni diverse all’interno dei componenti della stessa famiglia: qualcuno non si ammala, qualcuno si ammala in maniera leggera e guarisce in pochi giorni, qualcun altro si ammala in maniera più grave manifestando complicazioni di qualche tipo come bronchiti, sinusiti ecc., qualcuno muore. Come mai? Eppure l’agente patogeno, che sia un virus o un batterio è sempre lo stesso! Quando ero bambina, se qualche compagno di scuola faceva una malattia infantile come il morbillo, la rosolia, la varicella, gli orecchioni, chi stava bene veniva portato a trovare il compagno ammalato affinché si prendesse la malattia. Era un modo per immunizzarsi, ma nonostante ciò, spesso accadeva che persino all’interno della stessa famiglia qualcuno non si ammalasse. Ad esempio pur avendo contratto la parotite da piccola l’ho ripetuta a 36 anni insieme alla mia figlia secondogenita, subito seguita dalla terzogenita mentre la primogenita è rimasta indenne. Siccome l’organismo vivente è un sistema complesso è necessario prendere in considerazione diversi fattori, tra i quali quello cosiddetto di terreno.
Iniziamo dalla piante: come mai alcune malattie delle piante in certe aree risultano devastanti mentre in altre coesistono con esse? “Questa problematica è dovuta alla localizzazione geografica della pianta e del relativo parassita. Se entrambi sono autoctoni, cioè si sono evoluti sia l’uno che l’altro nella stessa zona geografica, normalmente si stabilisce un equilibrio tra organismi. Esempi: un tormento dei nostri castagneti, a parte le altre note malattie endemiche, è per esempio il Cinipide (insetto imenottero importato dalla Cina), o il Punteruolo Rosso della palma (coleottero curculionide) importato dall’Asia, ecc.” (Luigi Colosimo, dott. Agronomo, biodinamico) o Per le piante dunque il concetto di terreno comprende: il livello chimico che consiste degli elementi nutritivi di terra, aria, acqua, temperatura e umidità; il livello elettromagnetico determinato dal campo magnetico terrestre (rete di Hartman) combinato con le frequenze provenienti dalla ionosfera (frequenze di Shumann), i raggi solari, la luce, insieme ai dispositivi costruiti dall’uomo. Anche per le piante, parassiti, virus, funghi e batteri rappresentano la componente più direttamente o indirettamente visibile, riconducibile a malattia. Per gli esseri umani, chiamiamo questi fattori relazioni ( da re-ligo: lego tra) ovvero tutto ciò che connette che lega l’individuo all’ambiente esterno, da quello più vicino a lui, famiglia, parentela, amicizia, paese; fino a quello più lontano, nazione, stato, periodo storico, cultura ecc; insieme all’ambiente interno ovvero la connessione dell’individuo con il suo corpo e il suo mondo interiore: emozioni, sentimenti, bisogni, aspettative, immaginazione, ecc. L’essere umano poi ha la facoltà di interiorizzare l’ambiente esterno, di memorizzarlo, di confrontarlo integrandolo o vivendolo in conflitto con quello esterno, e portarlo sempre con sé. Grazie alla sua capacità di elaborazione/digestione può in parte modificare l’ambiente esterno, adattandolo alle sue esigenze; e in parte modificare se stesso adattandosi all’ambiente. In ogni caso l’ambiente di vita modella l’individuo, lascia dei solchi, dei segni sia interiori sia visibili all’esterno; sia a livello di corporeità e gesti, sia di mente, pensieri, convinzioni, credenze. L’ambiente esterno dà forma all’individuo, nel bambino piccolo come onde emotivo/affettive, poi come parola che, con il tempo e la ripetizione, diventa struttura (‘il logo si fece carne’) ovvero connessione, sia tra le cellule, i neuroni, sia tra gli eventi, trasformandoli in significati (legame tra evento- emozione – elaborazione – memoria). Ciò avviene sia a livello corporeo sia a livello cerebrale. Il cervello in ogni caso è un5 elemento del corpo, che grazie alla sua superspecializzazione, assume il ruolo di direttore d’orchestra.
Il direttore d’orchestra quindi fa parte dell’orchestra e ha il ruolo di creare unità tra gli strumentisti dando loro i segnali di attacco, di ritmo, di espressione. La sinfonia da eseguire verrà scelta nella cooperazione tra individuo (nella sua totalità) e ambiente, in base a quelle già esistenti. Perché sia eseguita con soddisfazione per tutti è necessario che ci sia accordo tra direttore e musicisti. Ogni musicista impara la sua parte, poi ci saranno le prove a piccoli gruppi e infine l’esecuzione davanti al pubblico. Può accadere che durante il concerto uno dei musicisti si distragga per qualche motivo e perda il ritmo, oppure sbagli la nota, o ancora che stoni. Il direttore continua a dirigere, gli altri orchestrali a suonare la loro parte, mantenendo l’insieme, cosicché la stonatura viene assorbita e passa inosservata, oppure, se essa è più forte o prolungata, può turbare l’armonia per un momento creando con il disagio una sorta di ‘risveglio’. Un richiamo all’attenzione di chi tra il pubblico si stava assopendo cullato dalla melodia, oppure di chi tra i musicisti si stava annoiando per la ripetizione del pezzo. Spesso il disturbo della stonatura apre la possibilità di novità, di creatività, di cambiamento nell’esecuzione della sinfonia. Altre volte la turbolenza, soprattutto se è molto intensa o prolungata può insinuarsi inducendo tutti a seguirla, a partire dal direttore d’orchestra che modifica il ritmo. Anche in questo caso può essere una variazione interessante che, opportunamente elaborata, può aprire la possibilità di una nuova composizione musicale stimolando la creatività di tutti. Altre volte invece il rumore è talmente intenso e disturbante da creare prima confusione poi stravolgimento della melodia mentre il direttore d’orchestra perde completamente il ritmo d’insieme. Questa è una metafora del nostro sistema immunitario, che coincide con l’identità individuale: il direttore d’orchestra è il cervello, i gruppi di strumenti sono gli apparati del nostro organismo, i musicisti gli organi, i rumori dell’ambiente sono gli eventi della vita. Quando riusciamo a esprimere la nostra personale sinfonia, il che accade per la maggior parte della vita, ci troviamo nello stato di salute; che è una situazione sempre fluttuante, pulsante in maniera coerente pur se continuamente mutevole, si adatta alle vicende della vita e degli ambienti con piccole modifiche mantenendo la sincronia fra le parti, come ballerini in un balletto. Gli imprevisti possono essere stimolanti, risvegliare l’attenzione, riportarci alla consapevolezza del qui e ora, rinforzando la coesione dell’insieme, dell’identità individuale, dopo un breve momento di scompiglio. Le turbolenze durevoli, così come i traumi, possono lasciare un segno che stimola la creatività in vista di un adattamento che può rinforzare o indebolire la coerenza dell’insieme, in questo abbiamo una possibilità di scelta consapevole, se siamo attenti ai segnali anche minimi che riceviamo dal corpo, il quale è sempre sincero. Le turbolenze di breve durata sono le malattie acute, mentre quelle di lunga durata sono quelle che la medicina ufficiale definisce croniche cioè inguaribili, mentre le medicine energetiche, come omeopatia e agopuntura, definiscono di terreno o costituzionali, nel senso che entrano a fare parte dell’identità dell’individuo come storia personale. Penso che i farmaci compresi i vaccini di qualunque tipo si inseriscano in questo contesto come una turbolenza tra le tante. Dopo aver letto diversi documenti sul nuovo vaccino a mRNA anti- covid19, scritti e pubblicati sia da chi lo promuove sia da chi ne sottolinea i pericoli, dopo aver analizzato il bugiardino inviato alle ASL, dopo essermi confrontata con esperti che lavorano nel campo delle biotecnologie, la conclusione che ho tratto non è diversa dalle premesse, e cioè che questo nuovo farmaco rappresenta per il nostro organismo una turbolenza tra le tante. Certamente uno stimolo nuovo, non ancora subìto dall’organismo umano, non ancora osservato né sperimentato nel lungo periodo e in un numero adeguato di volontari, in base a cui sia possibile trarre conclusioni riguardo alla sua efficacia e sicurezza. La reazione alla sostanza dipende come sempre dall’insieme della situazione individuale nel momento in cui l’organismo riceve la turbolenza-vaccino. Le medicine energetiche: omeopatia, agopuntura, ionorisonanza, reflessologia ecc. e tutte le terapie che hanno come scopo quello di consolidare la coerenza individuale sono utili nell’affrontare le varie turbolenze della vita.
CONSIDERAZIONI FINALI Mi piacerebbe terminare questa breve disamina rassicurando voi e me con la prescrizione di una pillola magica, una formula riparatrice, una panacea per ogni male. Ma non esiste, e, se esiste, non la possiedo. Noi apparteniamo alla specie umana, la specie umana fa parte della vita e la vita è complessità. La vita vuole esprimere se stessa in tutte le sue potenzialità e per farlo si adatta ai cambiamenti collettivi, qualsiasi essi siano, mantenendo le peculiarità individuali. Questo non è facile né si realizza una volta per tutte ma è un processo costante. Come funamboli siamo sempre in procinto di cadere rovinosamente al suolo mentre procediamo con attenzione, oscillando, per adattarci al movimento della fune sotto i nostri piedi, mossa dal loro stesso passo. Ciò che conta non è evitare i conflitti, né farsene travolgere, bensì risolverli creativamente con finalità costruttiva, conservando l’umano. In che cosa consista l’essenza dell’umano, ingrediente segreto di ogni animo, è ricerca quotidiana dentro e fuori di noi. Come mi ha detto un amico:”Il periodo che stiamo attraversando non finirà tanto presto, anzi sarà lungo; ma se pensiamo con la nostra testa e sentiamo con la totalità di noi stessi sarà un periodo in cui vivremo davvero, non ci lasceremo vivere” (Martino Ermacora, dott. Veterinario e biotecnologo). Vorrei sottolineare che, secondo me, l’elemento fondamentale per vivere davvero è la progettualità condivisa. Cioè una progettualità che soddisfi tutti e tre i livelli, mentale, fisico, emozionale, in una collettività all’interno della quale si coopera in una direzione comune. In questo modo una collettività può acquisire una identità propria, una coerenza, che le permette di esistere come un tutt’uno, in cui ogni individuo fa la sua parte con soddisfazione e per il benessere collettivo; una collettività in cui i conflitti vengono affrontati e risolti rispettando le esigenze sia del singolo sia del gruppo. Proposta: non lasciamo che l’attenzione alle regole che ci vengono imposte riempia il nostro orizzonte. Non permettiamo che la modalità conflittuale del muro contro muro, della competizione in cui ‘io sono meglio di te’ prenda il sopravvento, sia nell’ambito delle relazioni individuali sia collettive. Pur seguendole con la coda dell’occhio, teniamo lo sguardo davanti a noi, cercando modelli teorici e pratici di una nuova realtà da costruire insieme giorno dopo giorno.
Ennio De Giorgi è stato uno dei più grandi matematici del XX secolo. Nacque a Lecce l’8 febbraio 1928. Nel 1946, dopo la maturità classica, si iscrisse alla Facoltà di Ingegneria di Roma, ma l’anno successivo passò a matematica, laureandosi nel 1950 con Mauro Picone. Subito dopo divenne borsista presso l’IAC a Roma, e, nel 1951, assistente di Picone all’Istituto Castelnuovo. Nel 1958 vinse la cattedra di analisi matematica bandita dall’Università di Messina, dove prese servizio in dicembre. Nell’autunno del 1959, su proposta di Alessandro Faedo, venne chiamato alla Scuola Normale di Pisa, dove ha ricoperto per quasi quarant’anni la cattedra di analisi matematica, algebrica ed infinitesimale. Nel settembre del 1996 fu ricoverato all’ospedale di Pisa. Dopo aver subito vari interventi chirurgici, si spense il 25 ottobre dello stesso anno. Nel corso della sua lunga carriera ha ricevuto innumerevoli riconoscimenti accademici. Ricordiamo in particolare il Premio Caccioppoli nel 1960, appena istituito, e il prestigioso premio Wolf nel 1990. Nel 1983, nel corso di una solenne cerimonia alla Sorbona, fu insignito della Laurea ad honorem in Matematica dell’Università di Parigi. Fu socio delle più importanti istituzioni scientifiche, in particolare dell’Accademia dei Lincei e dell’Accademia Pontificia, dove svolse fino all’ultimo un ruolo molto attivo.
De Giorgi è stato un grande e per certi versi insuperabile matematico sotto tutti i punti di vista: come risolutore di problemi, come inventore di teorie, come creatore di una “scuola” comprendente diverse generazioni di allievi e collaboratori, ora sparsi in diverse università italiane e nel mondo. Ha dato un grande slancio alla scuola matematica pisana, nella grande tradizione di Dini e Tonelli.
E’ difficile, se non impossibile, sintetizzare in poche righe i suoi fondamentali contributi, e rinviamo al necrologio apparso sul Bollettino dell’Unione Matematica Italiana e alla prefazione dell’opera “Ennio De Giorgi selecta”, pubblicata da Springer nel 2005, per una descrizione piu’ esauriente. De Giorgi è certamente noto in tutto il mondo per aver fornito nel 1957 il tassello mancante alla risoluzione completa del XIX problema di Hilbert, precedendo di un anno John Nash. Al di là del risultato, le tecniche da lui introdotte per risolvere questo problema sono al giorno d’oggi uno strumento fondamentale di lavoro nella teoria delle equazioni alle derivate parziali. Ma già prima di questo lavoro, che lo impose all’attenzione del grande pubblico, De Giorgi fondò in un’impressionante serie di lavori la moderna teoria geometrica della misura e delle superfici minime. Questo programma, in qualche modo già delineato ma tecnicamente non realizzato da Caccioppoli, porta a un rovesciamento di prospettiva e ad un abbandono quasi totale, nello studio del problema, di considerazioni topologiche, a favore un uso molto piu’ sofisticato di tecniche di teoria della misura. In una serie di lavori, culminante in una collaborazione con Bombieri e Giusti, De Giorgi risolve completamente il problema di Bernstein riguardanti soluzioni intere dell’equazione delle superfici minime, mostrando l’esistenza di soluzioni non banali da 8 dimensioni spaziali in su. Al tempo stesso, nello spazio Euclideo di dimensione 8, viene esibito il primo esempio di ipersuperficie minima con singolarità, il cosiddetto cono di Simons. Nel 1960 la serie di lavori sulla teoria delle superfici minime culmina nella pubblicazione del teorema di regolarità: ancora una volta, i metodi da lui introdotti per risolvere hanno una tale profondità e naturalità da imporsi anche in molti altri contesti, ad esempio in problemi di tipo evolutivo o nello studio delle singolarità di mappe tra varietà. Negli anni ‘70 De Giorgi sviluppa la Gamma-convergenza, una teoria disegnata per descrivere successioni di problemi di calcolo delle variazioni, i limiti delle loro soluzioni, il problema variazionale limite. Questa teoria riprende e interpreta in un contesto variazionale la teoria della G-convergenza, sviluppata da Spagnolo negli anni ‘60. Questi sono gli anni di massima espansione della “scuola” di De Giorgi e la teoria viene sviluppata in innumerevoli direzioni. Al giorno d’oggi, per il suo carattere fondamentale, la Gamma-convergenza è uno strumento di uso comune, e ormai noto anche in ambito applicativo, nella descrizione di transizioni di fase, perturbazioni singolari, elasticità non lineare. A partire dalla metà degli anni ‘70, stimolato dalle problematiche e dalle difficoltà emerse nelle sue esperienze di insegnamento di base presso l’Università dell’Asmara, Ennio De Giorgi decise di trasformare uno dei suoi tradizionali corsi presso la Scuola Normale in un seminario in cui discutere ed approfondire tematiche fondazionali insieme a studenti e ricercatori interessati, non necessariamente specialisti di logica. Inizialmente si proponeva soltanto di trovare una formulazione dei consueti fondamenti insiemistici, atta a fornire una base assiomatica chiara e naturale su cui innestare i concetti fondamentali dell’analisi matematica. Dal punto di vista metodologico, De Giorgi seguiva il tradizionale metodo assiomatico contenutistico usato nella matematica classica, cercando gli assiomi fra le proprietà più rilevanti degli oggetti presi in considerazione, ben sapendo che gli assiomi prescelti non possono comunque esaurire tutte le proprietà degli oggetti considerati; la sua presentazione era rigorosa, ma non legata ad alcun formalismo, anche se apprezzava la possibilità di fornire formalizzazioni da confrontare con le correnti teorie fondazionali di tipo formale. Gradualmente le sue riflessioni e le discussioni dentro e fuori del seminario portarono De Giorgi ad elaborare e proporre teorie sempre più generali: nel suo approccio ai fondamenti era essenziale individuare ed analizzare alcuni concetti da prendere come fondamentali, senza però dimenticare che l’infinita varietà del reale non si può mai cogliere completamente, in accordo con l’ammonimento “ci sono più cose fra cielo e terra di quante ne sogni la tua filosofia” che l’Amleto di Shakespeare dà ad Orazio, e che De Giorgi aveva eletto a sintesi della propria posizione filosofica.
Le caratteristiche essenziali delle sue teorie possono essere sintetizzate in quattro punti:
non riduzionismo: ogni teoria considera molte specie di oggetti, collegate ma non riducibili l’una all’altra;
apertura: si deve sempre lasciare aperto lo spazio per introdurre liberamente e naturalmente in ogni teoria nuove specie di oggetti con le loro proprietà;
autodescrizione: le più importanti proprietà, relazioni ed operazioni che coinvolgono gli oggetti studiati dalla teoria, così come le asserzioni ed i predicati che vi si formulano, debbono essere a loro volta oggetti della teoria;
assiomatizzazione semi-formale: la teoria viene esposta utilizzando il metodo assiomatico della matematica tradizionale.
Sul piano più eminentemente tecnico, il cosiddetto “Principio di Libera Costruzione” è il contributo più importante dato da De Giorgi alla Logica Matematica. La generalità e la naturalezza della formulazione del principio, analizzato a fondo in un lavoro di Forti e Honsell, hanno permesso analisi più approfondite e la determinazione di “assiomi di antifondazione” che sono ora considerati i più appropriati per le applicazioni della teoria degli insiemi alla semantica e all’informatica. Negli ultimi anni della sua vita, forse anche a causa di alcuni problemi di salute, De Giorgi preferì ritagliarsi un ruolo meno attivo ma non per questo meno incisivo nella comunità dei matematici: più che fornire dimostrazioni o dare indicazioni di tipo tecnico, preferiva delineare e proporre a tutti gli amici, colleghi e allievi, ambiziosi e ampi programmi di ricerca. Nel delineare questi programmi, tutt’altro che velleitari, era guidato dalla sua profonda intuizione e dalla sua esperienza, che lo portavano a cogliere gli aspetti veramente decisivi dei problemi, sfrondati dei loro artificiali tecnicismi. Alcuni di questi programmi sono stati concretamente sviluppati dai suoi ultimi allievi, altri sono rimasti incompiuti in forma di congetture, ancora al centro dell’interesse degli specialisti.
(Luigi Ambrosio)
Necrologio UMI
Luigi Ambrosio, Necrologio di Ennio De Giorgi , Bollettino dell’Unione Matematica Italiana, serie 8, volume 2-B (1999), n. 1, p. 3-31.
Riproponiamo quest’interessante articolo pubblicato originalmente da Giuliano C. per il sito www.traterraecielo.live
Vorrei iniziare quest’articolo con una frase credo fin troppo inflazionata poiché… forse non tutti sanno che le teorie su un antico conflitto nucleare avvenuto in un passato remoto della storia dell’uomo abbondano in modo sempre più insistente sia sul web che sulla carta stampata, basterà digitare su un motore di ricerca “esplosione nucleare nel passato” è vedrete che sorprese.
Certo ci sono molte speculazioni in merito soprattutto da quando è stata sdoganata la “teoria degli antichi astronauti” in base alla quale numerose riviste e stazioni sia radio che TV più o meno importanti hanno dato largo respiro.
Ma uno degli aspetti più interessanti della questione bombe atomiche nel passato risiede nel fatto che se ne parli in diversi testi sacri facendo riferimento sia agli effetti della ricaduta radioattiva, ad opera dei venti e delle piogge, sia sulle persone che sull’ambiente. A riguardo cito due episodi, uno noto ai più l’altro forse un po’ meno e per certi versi un pò forzato.
Il primo è quello di “Sodoma e Gomorra” l’altro è quello relativo all’antica città indiana di Mohenjo-Daro1. Ma per semplicità di esposizione ci soffermeremo solo sul primo.
Sodoma e Gomorra
Leggendo i passi della Genesi 14, 1-2-3:
1 Al tempo di Amrafel re di Sennaar, di Arioch re di Ellasar, di Chedorlaomer re dell’Elam e di Tideal re di Goim, 2 costoro mossero guerra contro Bera re di Sòdoma, Birsa re di Gomorra, Sinab re di Adma, Semeber re di Zeboim, e contro il re di Bela, cioè Zoar. 3 Tutti questi si concentrarono nella valle di Siddim, cioè il Mar Morto.
Tali versi narrano della guerra (durata circa 12 anni) che il Dio Yahweh mosse loro per la rottura del giuramento fatto da questi Re che sanciva l’alleanza con lui.
Racconti sumero-accadici esposti dallo studioso Mauro Biglino
Quindi abbiamo un riferimento geografico preciso e che a quanto pare in base a racconti di storici sia greci che romani coincideva con una valle che venne ricoperta d’acqua a seguito di tragici eventi (Valle di Siddim vuol dire “valle dei campi”).
La depressione a sud del Mar Morto ove si ipotizzano le collocazioni di Sodoma e Gomorra.
Riferimenti più antichi si possono trovare nel “Epopea di Erra/Nergal“, un antico scritto sumero-accadico stando al quale, secondo le traduzioni di Sitchin, Erra mosse guerra contro il fratello Marduk a causa della quale non solo furono distrutte le due città bibliche ma provocarono anche la “creazione” del Mar Morto!
Questo scontro si verificò con modalità e ricadute sull’ambiente che ricordano gli effetti di un esplosione nucleare. Tanto è vero che questi si estesero fino alla bassa valle tra il Tigri e L’Eufrate! Ciò è riportato in particolare, ma non solo, in un testo sumero chiamato “Lamentazione per la Distruzione di Ur” ove si piangeva l’abbandono della città (non la sua distruzione fisica) a causa di un “vento malefico” che si abbatté su tutta l’antica Sumer.
La guerra coinvolse anche altri siti considerati militarmente strategici come il “porto spaziale” del Sinai.
Gli effetti di questo vento cagionavano una morte orribile e vengono descritti con singolare precisione: “Tosse e muco riempiono il petto, le bocche traboccano di saliva e schiuma, ottusità e stordimento s’impadronivano degli uomini” e ancora quando questo vento ormai avviluppava le sue vittime “le loro bocche si riempivano di sangue“.
I testi raccontano anche che tale vento non era naturale ma frutto di un evento “generato da un unico atto, in un bagliore accecante!” e che proveniva “dalle montagne […] come un veleno era arrivato dall’occidente“.
Non mi dilungo nel citare le traduzioni delle tavolette sumere ma da queste appare fin troppo chiaramente che si sta parlando di esplosioni nucleari e del successivo vento radioattivo con tutte le conseguenze che porta con se.
E quando ho notato la foto sotto riportata ho visto una prova concreta offerta da una fonte autorevole e attendibile che certi fenomeni meteorologici avvengono e possono essere avvenuti anche in passato.
Una grande tempesta di polvere cielo oscurato su gran parte del Iraq e Arabia Saudita. Il Moderate Resolution Imaging Spectroradiometer (MODIS) sul satellite Terra della NASA ha catturato questa immagine naturale colore di polvere che soffia sopra i due paesi la mattina del 29 ottobre, 2017.
1 il temine “bufala” a me non piace, tuttavia in merito alla teoria dell’esplosione nucleare che avrebbe interressato l’antica città indiana invito a leggere il seguente articolo – Mohenjo-Daro la bufala dell’esplosione nucleare -, sempre per non perdere la bussola e considerare gli argomenti a 360° per farsi poi una propria idea in merito, al fine di tenere sempre viva la fiamma della dialettica e della ricerca delle risposte.
Il mondo sembra essere scioccato dalla notizia che WhatsApp abbia trasformato qualsiasi telefono in uno spyware. Tutto ciò che è presente sul tuo telefono, comprese foto, e-mail e testi, è accessibile agli hacker solo perché hai installato WhatsApp [1].
Questa notizia non mi ha sorpreso, però. L’anno scorso WhatsApp ha dovuto ammettere che aveva un problema molto simile: una singola videochiamata tramite WhatsApp era tutto quello che un hacker necessitava per ottenere l’accesso a tutti i dati del telefono [2].
Ogni volta che WhatsApp deve risolvere una vulnerabilità critica nella loro app, una nuova sembra prendere il suo posto. Tutti i loro problemi di sicurezza sono efficacemente adatti per la sorveglianza, sembrando e lavorando molto, come backdoor.
A differenza di Telegram, WhatsApp non è open source, quindi non c’è modo per i ricercatori sulla sicurezza di verificare facilmente se ci sono backdoor nel suo codice. WhatsApp non solo non pubblica il suo codice, ma fa esattamente l’opposto: WhatsApp oscura deliberatamente i binari della sua app per assicurarsi che nessuno sia in grado di studiarli a fondo.
WhatsApp e la sua società madre Facebook potrebbero persino essere obbligati a implementare backdoor – tramite processi segreti come gli ordini di aprire bocca dell’FBI [3]. Non è facile eseguire un’applicazione di comunicazione protetta dagli Stati Uniti. La nostra squadra ha passato una singola settimana negli Stati Uniti nel 2016 procurandosi tre tentativi di infiltrazione da parte dell’FBI [4] [5]. Immagina cosa possono fare 10 anni in quell’ambiente in un’azienda americana.
Le agenzie di sicurezza usano gli sforzi anti-terrorismo per giustificare l’impianto di backdoor. Il problema è che tali backdoor possono essere utilizzate anche da criminali e governi autoritari. Non c’è da stupirsi che i dittatori sembrino adorare WhatsApp: la sua mancanza di sicurezza consente loro di spiare la propria gente, quindi WhatsApp continua a essere liberamente disponibile in posti come la Russia o l’Iran, dove Telegram è bandito dalle autorità [6].
In effetti, ho iniziato a lavorare su Telegram come risposta diretta alla pressione personale delle autorità russe. Allora, nel 2012, WhatsApp stava ancora trasferendo messaggi in plaintext (ndr, testo semplice). Era folle. Non solo governi o hacker, ma i provider di telefonia mobile e gli amministratori WiFi avevano accesso a tutti i testi di WhatsApp [7] [8].
Successivamente WhatsApp ha aggiunto un po ‘di crittografia, che si è rivelata rapidamente uno stratagemma di marketing: la chiave per decodificare i messaggi era disponibile per diversi governi, incluso quello russo [9]. Poi, mentre Telegram iniziava a guadagnare popolarità, i fondatori di WhatsApp vendettero la loro azienda a Facebook e dichiararono che “La privacy era nel loro DNA” [10]. Se fosse vero, doveva essere in un gene dormiente o recessivo.
3 anni fa WhatsApp ha annunciato di aver implementato la crittografia end-to-end in modo che “nessun terzo possa accedere ai messaggi”. Questo ha coinciso con una spinta aggressiva per tutti i suoi utenti a eseguire il backup delle chat nel cloud. Quando ha effettuato questa operazione, WhatsApp non ha comunicato ai propri utenti che, una volta eseguito il backup, i messaggi non erano più protetti dalla crittografia end-to-end e dunque accessibili agli hacker e alle forze dell’ordine [11]. Un marketing brillante per il quale alcune persone ingenue stanno ancora scontando il loro tempo in prigione come risultato [12].
Gli utenti di WhatsApp abbastanza resilienti da non cadere ai pop-up costanti che dicono loro di eseguire il backup delle loro chat possono ancora essere tracciati da una serie di altri trucchi: dall’accesso ai backup dei loro contatti alle modifiche invisibili della chiave di crittografia [13]. I metadati generati dagli utenti di WhatsApp – tracce che descrivono chi chatta con chi e quando – vengono divulgati a tutti i tipi di agenzie, in grandi volumi dalla società madre di WhatsApp [14].
WhatsApp ha una storia consistente – dalla crittografia zero all’inizio, fino a una serie di problemi di sicurezza stranamente adatti a scopi di sorveglianza. Guardando indietro, non c’è stato un solo giorno nel tragitto di 10 anni di WhatsApp, in cui il servizio è stato sicuro. Ecco perché non penso che solo l’aggiornamento dell’app mobile di WhatsApp, possa renderlo sicuro per chiunque. Perché WhatsApp diventi un servizio orientato alla privacy, deve rischiare di perdere interi mercati e scontrarsi con le autorità nel suo paese d’origine. Non sembrano essere pronti per quello [15].
L’anno scorso, i fondatori di WhatsApp hanno lasciato la società a causa delle preoccupazioni sulla privacy degli utenti [16]. Sono sicuramente legati da ordini di bavaglio o NDA (accordo di non divulgazione, ndr), quindi non sono in grado di discutere apertamente sulle backdoor, senza rischiare la loro fortuna e libertà. Sono stati in grado di ammettere, tuttavia, che “hanno venduto la privacy dei loro utenti” [17].
Riesco a capire la riluttanza dei fondatori di WhatsApp a fornire maggiori dettagli: non è facile mettere a repentaglio il tuo comfort. Diversi anni fa ho dovuto lasciare il mio paese dopo aver rifiutato di conformarmi alle violazioni della privacy degli utenti di VK sanzionate dal governo [18]. Non è stato piacevole. Farei qualcosa di simile di nuovo? Con piacere. Alla fine ognuno di noi morirà, ma noi, come specie, resteremo per un po ‘. Ecco perché penso che accumulare denaro, fama o potere sia irrilevante. Servire l’umanità è l’unica cosa che conta davvero nel lungo periodo.
Eppure, nonostante le nostre intenzioni, sento di deludere l’umanità in questa faccenda dello spyware di WhatsApp. Un sacco di persone non possono smettere di usare WhatsApp, perché i loro amici e familiari sono ancora lì. Ciò significa che noi di Telegram abbiamo fatto un brutto lavoro nel persuadere le persone a passare. Mentre abbiamo attirato centinaia di milioni di utenti negli ultimi cinque anni, non era abbastanza. La maggior parte degli utenti di Internet è ancora in ostaggio dall’impero Facebook / WhatsApp / Instagram. Molti di coloro che usano Telegram sono anche su WhatsApp, il che significa che i loro telefoni sono ancora vulnerabili. Anche chi ha abbandonato completamente WhatsApp probabilmente sta ancora usando Facebook o Instagram, entrambi pensano che sia OK archiviare le password in chiaro [19] [20] (Non riesco ancora a credere che un’azienda tecnologica possa fare qualcosa del genere e farla franca con esso).
Nei suoi quasi 6 anni di esistenza, Telegram non ha avuto perdite di dati o falle di sicurezza del tipo che WhatsApp dimostra ogni pochi mesi. Negli stessi 6 anni, abbiamo rivelato esattamente zero byte di dati a terze parti, mentre Facebook / WhatsApp hanno condiviso praticamente tutto con tutti coloro che hanno affermato di aver lavorato per un governo [13].
Poche persone al di fuori della community dei fan di Telegram si rendono conto che la maggior parte delle nuove funzionalità di messaggistica vengono visualizzate per la prima volta su Telegram e quindi vengono copiate in carta carbone da WhatsApp fino ai minimi dettagli. Più recentemente stiamo assistendo al tentativo di Facebook di prendere in prestito l’intera filosofia di Telegram, con Zuckerberg che improvvisamente dichiara l’importanza della privacy e della velocità, citando praticamente la descrizione dell’app di Telegram parola per parola nel suo discorso F8.
Ma lamentarsi dell’ipocrisia di Facebook e della mancanza di creatività non aiuterà. Dobbiamo ammettere che Facebook sta attuando una strategia efficiente. Guarda cosa hanno fatto a Snapchat [21].
Noi di Telegram dobbiamo riconoscere la nostra responsabilità nel formare il futuro. Siamo noi o il monopolio di Facebook. È o libertà e privacy o avidità e ipocrisia. Il nostro team ha gareggiato con Facebook negli ultimi 13 anni. Li abbiamo già battuti una volta, nel mercato dei social network dell’Europa orientale [22]. Li batteremo di nuovo nel mercato globale della messaggistica. Dobbiamo farlo.
Non sarà facile. Il reparto commerciale di Facebook è enorme. Noi di Telegram, invece, facciamo zero marketing. Non vogliamo pagare giornalisti e ricercatori per dire al mondo di Telegram. Per questo, ci affidiamo a te, ai milioni di nostri utenti. Se ti piace abbastanza Telegram, lo dirai ai tuoi amici. E se ogni utente di Telegram persuade 3 dei propri amici a cancellare WhatsApp e a spostarsi permanentemente su Telegram, Telegram sarà già più popolare di WhatsApp.
L’epoca dell’avidità e dell’ipocrisia finirà. Inizia un’era di libertà e privacy. È molto più vicino di quanto sembri.
Anche fra coloro che conoscono la figura di Giuseppe Calligaris, sono pochi quelli che hanno preso in considerazione i suoi testi sul cancro, sulle malattie psichiatriche e le sue ipotesi patogenetiche. Fra le numerose scoperte fatte dal Calligaris vi sono le placche cutanee la cui stimolazione attiva le funzioni autoscopiche ed eteroscopiche, di cui abbiamo detto nel nostro precedente articolo. Tali placche una volta stimolate sono in grado di attivare nello sperimentatore la capacità di vedere immagini riferite a sé o ad altri (auto o etero-scopia); in altri casi la stimolazione delle placche porta alla esteriorizzazione “oggettiva” delle immagini evocate su uno specifico campo cutaneo, attraverso immagini dermografiche spontanee. Tale possibilità ha dato modo di effettuare delle “esplorazioni” con carattere diagnostico. Infatti la presenza di alcune placche più adatte permette all’osservatore, una volta posto in presenza di un paziente o di un reperto di questi (materiale organico: un capello, campioni biologici oppure una foto), di attivare la capacità di rilevare molte informazioni, come le zone anatomiche interessate, la struttura istologica etc. oltre che ovviamente, permettere la visione o la rappresentazione dell’agente patogeno. Che tale associazione fosse valida veniva corroborato dall’apparizione di immagini di patogeni noti all’epoca, in presenza di reperti o di pazienti con la corrispondente patologia.
Immagine dermografica di alcuni patogeni. In (1) si vede bacillo di Koch, comparso in presenza di un tubercolo polmonare asportato da un paziente.
Dobbiamo anche far presente che le localizzazioni delle placche, in generale e non solo queste coinvolte nella nostra trattazione, sono date da Calligaris in modo sempre puntuale, che gli effetti carica sono stati descritti osservando sempre una casistica (e non un singolo individuo) e che tali effetti sono ripetibili e sono stati ripetuti dai suoi collaboratori, oltre che dagli attuali operatori di Dermoriflessologia. Gli effetti riscontrati hanno dunque un carattere costante e ripetibile.
Di sicuro un particolare e sorprendente significato hanno quelle autoscopiche ed eteroscopiche. Questo strumento euristico ha dato a Calligaris la possibilità di fare delle ricerche su diverse patologie i cui risultati ha esposto nei suoi libri Il cancro (1937), Malattie infettive (1938), Nuove ricerche sul cancro (1940), Malattie mentali (1942), testi solitamente poco conosciuti anche fra i ricercatori e gli estimatori dei suoi lavori.
In queste sue pubblicazioni ha esposto il risultato delle sue indagini eteroscopiche (telediagnosi, esplorazioni basate in sostanza su fenomeni chiaroveggenti ripetibili e confermati su diversi operatori/sperimentatori). I risultati di queste indagini sono molto importanti e forse stanno sulle stesso livello di importanza e predittività di quelle indagini chiaroveggenti di Leadbeater che nella Chimica occulta (1895) aveva anticipato le conformazioni delle strutture atomiche e infra-atomiche anticipando di diversi decenni il modello ad orbitali della fisica quantistica introdotto da Schrödinger.
Immagini dalla Occult Chemistry di C. Leadbeater
Il frutto di queste indagini ha dato modo di “oggettivare” delle forme e figure molto precise riferibili a patogeni specifici. Come risultato di ciò Calligaris fu portato a supporre un’origine infettiva per molte patologie alcune delle quali alla sua epoca, come oggi, l’eziologia è sconosciuta, oppure è scartata l’ipotesi infettiva. In effetti il carattere sorprendente di queste osservazioni è in fondo legato alla natura rivoluzionaria di questo risultato.
Calligaris riteneva di aver individuato attraverso queste indagini extranormali oggetti multipli di un medesimo tipo (ciascuno per ogni malattia, spesso in grado di evolvere in relazione alla stadiazione della patologia) di particolari forme caratteristiche. Riteneva di aver trovato in tali immagini di “oggetti” gli agenti morbigeni microscopici causanti o connessi con la patologia. Ciò era corroborato dal fatto che: 1) tale metodo rivelava esattamente le forme di patogeni batterici già noti es. il Bacillo di Koch. 2) le placche cutanee dell’infezione risultava sempre risonanti su tutti i pazienti.
Molti di tali patogeni presunti osservati con l’eteroscopia erano di natura ignota. Calligaris propose il termine “Depositi” ipotizzando che fossero residui di attività batteriche o dal catabolismo di tessuti. Più avanti si convincerà che tali forme sono delle evoluzioni vere e proprie di patogeni già noti: es. alcuni di essi, come l’agente tricefalo, da lui così chiamato, deriverebbe dal patogeno di Koch, agente eziologico della Tubercolosi. Altro termine che userà sarà quello di “ultravirus”, impiegando ciò il termine della microbiologia dell’epoca stava cominciando ad intuire l’esistenza dei virus.
Ovviamente si trattava per lo più di patogeni – questi da lui supposti ed individuati attraverso le sue indagini – di cui all’epoca, come ben sapeva ed ammetteva lui stesso, non si riusciva a trovare traccia alle osservazioni microscopiche, e dunque non erano sino ad allora mai stati isolati. L’elemento di effettiva novità, che giustamente può sollevare più di una perplessità è che molte delle patologie così reinterpretate sono oltre al cancro, numerosi disturbi psichiatrici; la cosa del resto non può stupire se si pensa che il nostro era un neuro-psichiatra e i soggetti che poteva osservare erano in primis pazienti psichiatrici. Si può dire che per quasi tutte le patologie psichiatriche il Calligaris era convinto di aver trovato gli agenti eziologici di tipo infettivo. Esemplare è il caso delle Dementia precox (il termine con cui allora si designava la Schizofrenia) che veniva così posta in relazione all’agente con l’agente tricefalo, già detto, e sui cui torneremo.
Più avanti affronterò il merito di queste ipotesi di Calligaris, esponendo la mia valutazione sulle sue interpretazioni, alla luce di altre discipline e teorie, e credo anzi di aver forse trovato il “bandolo della matassa”, indicando quello che è – a mio parere – il vero senso di certi risultati, almeno per diverse casistiche, oltre a fornire una mia chiave interpretativa generale.
La triade psicosomatica: patogeni, biofrequenze ed emozioni
A questo punto però occorre fare una digressione di carattere propriamente medico, prima ancora che olistico, per rendere giustizia al Calligaris, in merito alla sua ipotesi patogenetica.
In realtà l’ipotesi di Calligaris, in termini strettamente medici e alla luce delle conoscenze attuali, è molto meno peregrina di quello che poteva apparire, non solo al suo tempo, ma anche già solo qualche decennio fa. In realtà non è del tutto inammissibile oggi che diverse patologie (ad esempio autoimmuni, o degenerative o anche di tipo psichiatrico) possano trovare almeno una concausa in agenti infettivi. Diversi agenti infettivi possono svolgere questo ruolo di causa “secondaria” e anche solo restringendoci alla classe dei micoplasmi, le osservazioni in merito a quanto il loro ruolo sia stato riconsiderato dalla medicina convenzionale, sono molto indicative. Presenza di Mycoplasma pneumoniae è stata scoperta nel tratto urogenitale di pazienti con malattia infiammatoria pelvica, uretriti e altri disturbi delle vie urinarie. E’ stato scoperto nel tessuto e fluido cardiaco di pazienti con cardite, pericardite, tachicardia, anemia, anemia emolitica e altre malattie coronariche. E’ stato trovato nel fluido cerebrospinale di pazienti con meningite ed encefalite, morbo di Alzheimer, SLA e altre infezioni, malattie e disturbi del sistema nervoso centrale. E’ stato regolarmente trovato nel midollo osseo di bambini con leucemia. Il mycoplasma pneumoniae e altre sette specie di micoplasma sono state riconosciute come concausa o importante co-fattori di molte malattie croniche incluse artrite reumatoide, morbo di Alzheimer, sclerosi multipla, fibromialgia, fatica cronica, diabete, morbo di Crohn, uretrite non gonococcica, asma, lupus, sterilità, AIDS, alcuni tipi di cancro e leucemia.
I dr. Baseman e Tully in un articolo del 1997 dal titolo Mycoplasmas: Sophisticated, Reemerging, and Burneded by their Notoriety affermano:
i micoplasmi da soli possono provocare malattie croniche e acute in diverse parti dell’organismo con un ampio numero di complicazioni e sono stati coinvolti come co-fattori della malattia. Recentemente i micoplasmi sono stati indicati come co-fattori della patogenesi dell’AIDS, alle trasformazioni maligne e all’aberrazione cromosomica, alla sindrome della Guerra del Golfo e altre malattie complesse e inspiegabili, compresa la sindrome da fatica cronica, il morbo di Crohn e vari tipi di artrite.
Circa la correlazione Aids-micoplasmi, tale ipotesi è stata sostenuta dallo stesso L. Montagnier, premio Nobel per la Medicina e scopritore dell’HIV, in particolare con il Mycoplasma penetrans, che fu appunto isolato per la prima volta nei malati di Aids. Si osservava infatti che la mortalità delle cellule infette diminuiva col trattamento a base di tetraciclina, uno dei pochi antibiotici attivi sui micoplasmi, mentre un antibiotico non dovrebbe avere effetti antivirali. Anche senza rifarsi all’estrema ipotesi Duesberg, è sempre più diffusa la convinzione che le infezioni di micoplasma siano una necessaria concausa per lo scatenamento dell’immunodeficienza acquisita (si parla infatti di secondo killer). Si pensa che i micoplasmi penetrando in linfociti infettati da virus in forma latente, li “attivino” scatenando la replicazione virale.
Uno dei fattori della tossicità dei micoplasmi che li rende facilmente correlabili a molte patologie degenerative è che tali batteri incrementano notevolmente lo stress ossidativo, in quanto rilasciano alte quantità di perossido di idrogeno e sono quindi una fonte di radicali liberi. Questo induce danni alle strutture proteiche e, ancor peggio, agli acidi nulceici (genotossicità). Si è constatato che patologie degenerative del sistema nervoso (Parkinson e Alzheimer) presentano sempre elevati livelli di radicali liberi; si è ipotizzato che lo stress ossidativo possa essere fra i fattori eziologici remoti anche di patologie. Questo “stress” oltre che a fattori psichici può essere dovuto anche a fattori di tipo microbiologico. Difese immunitarie alterate a livello del GALT possono permettere il passaggio ematico di batteri (es. i colibacilli) che in condizioni fisiologiche non avverrebbe. IL SNC centrale verrebbe raggiunto per alterazioni della barriera ematoencafalica o da forme nanobatteriche. I micoplasmi sono appunto dei nanobatteri. Spesso sono stati trovati nel sangue di pazienti con Alzheimer forme nanobatteriche. Anche la sclerosi calcifica delle valvole cardiache e la formazione dell’ateroplacca dei vasi si sospetta possa essere dovuta a forme batteriche intracellulari.
Inoltre vi è una condivisa visione di fondo, all’interno della paradigma olistico e in molte correnti naturopatiche o di medicina non convenzionale, che possa esservi una corrispondenza e una correlazione fra: 1) determinati stati psichici 2) biofrequenze, intese come particolari variazioni nel biofeedback, rilevabili nei vari tipi di test bio-energetici, e 3) agenti patogeni di tipo infettivo. Le frequenze sono in realtà frequenze fisiche, rilevabili attraverso letture bioenergetiche con varie metodiche di lettura della conduzione elettrica cutanea, spesso legata agli agopunti o meridiani (Ryodoraku, Elettroagontura di Völl, Mora test, etc..) e a cui si può assegnare una particolare interpretazione bioenergetica. Particolari frequenze sono dunque comuni, sia ad un organismo affetto da certe patologie infettive, sia ad un soggetto che sta vivendo specifiche emozioni (il più delle volte negative o “problematiche”). In questa concezione “paradigmatica”, in realtà ampiamente condivisa tanto da non avere una paternità individuale, vi è dunque una sorta di “frequenza” energetica comune, che correla alcuni tipici stati emotivi o delle particolari costellazioni mentali, con degli agenti microbiologici sul piano fisico. Vi è dunque la possibilità di leggere questa correlazione in senso bi-direzionale, ovviamente, anche se da un punto di vista più generale si dovrebbe poter attribuire una priorità al piano “mentale” come causante, e una risultante finale o conseguente sul piano “fisico” (in realtà microbiologico), con il piano “energetico” (quelle delle frequenze pure) a fare da collegamento e da vettore intermedio fra questi.
Del resto anche nelle Cinque leggi biologiche ipotizzate dal Dott. R. Hamer, nella sua Nuova Medicina Germanica, vi è una correlazione fra le diverse classi microbiologiche (virus, batteri, e funghi) e l’evoluzione filo-ontogenetica dell’organismo umano, che nella sua concezione corrispondono a diverse tipologiche di stress “esistenziale”: i patogeni vanno ad agire come particolare effettori simbionti e collaborano a risolvere le reazioni fisiche innescate in corrispondenza a certi conflitti. In particolare, per Hamer, i micobatteri e funghi, filogeneticamente più antichi, corrispondono all’endoderma (digestivo, respiratorio etc.) e ai conflitti che si somatizzano sugli apparati corrispondenti: conflitti di autoprotezione e di sopravvivenza , es. di tipo alimentare; ai batteri, corrispondono gli organi di derivazione mesodermica (tessuto muscolare, scheletrico, vascolare), con i relativi conflitti inerenti l’autosvalutazione e l’integrità individuale ; infine ai virus vengono fatti corrispondere i tessuti di derivazione ectodermica (S.N.C.) e i conflitti più complessi ed “evoluti” e come quelli del territorio e della separazione.
Questo è solo un esempio particolare, anche se abbastanza famoso, di questa correlazione olistica stati psico-emotivi e patogeni (o emozioni/biofrequenze/patogeni).
Questa premessa è stata necessaria per dare una contestualizzazione alle ipotesi del Calligaris, e per mostrarne in realtà la profonda fondatezza, alla luce sia delle più recenti acquisizioni della medicina convenzionale, sia sul piano della medicina olistica e della naturopatia, delle biofrequenze ed altro, al di là della prima diffidenza che essa può mostrare. Occorre tener anche conto del fatto che Giuseppe Calligaris scriveva nella prima metà del Novecento, e solo ora riusciamo a poter comprendere il senso di ciò che poteva avere scoperto, in forza di una maggior messe di dati e di un più ampio sviluppo sia della scienza convenzionale sia di quella olistica. Possiamo quindi in qualche modo poter evocare l’immagine simbolica dei “nani sulle spalle del gigante”. Tuttavia lo stesso Calligaris aveva già ben presente la portata di queste correlazioni fra patogeni e costellazioni psichiche, dichiarando una sorta di legge, che chiama “Legge del richiamo degli agenti patogeni” e che esplicita in questi termini:
Come può avvenire che un elemento infettivo faccia d’un tratto la sua comparsa nell’organismo umano, anche in seguito a cause fisiche o psichiche che parrebbero non potere da per loro stesse richiamarlo? Non si sa. Sta però il fatto, che, in ogni caso, il richiamo avviene. Sta però il fatto, che se la malattia è conclamata, l’agente patogeno specifico con il quale essa è concatenata è sempre presente per denunziarla. Ebbene, da dove è, di volta in volta richiamato l’agente morbigeno? Da dove viene? Dove si trovava prima della sua comparsa che è rilevata dall’esame radiestesico delle placche e da quello eteroscopico? Viene dal mondo esterno, come succede nelle epidemie, o viene dal mondo interno, cioè dal nostro stesso organismo dove sappiamo che si trovano in permanenza e in latenza parecchi germi patogeni come ad es. il bacterium coli nell’intestino e il microbo della polmonite nelle fosse nasali? È già da tempo che noi ci siamo fatta questa domanda alla quale oggi o domani bisognerà pur rispondere: tutti i microbi che conosciamo e altri che ci sono ancora ignoti (patogeni e non patogeni) si trovano in permanenza ed in potentia depositati nel nostro organismo? Quando diciamo che provengono dal mondo esterno non forse siamo in errore?
Sulla scorta di queste doverose contestualizzazioni, ora procediamo ad esporre in sintesi il nucleo centrale delle ipotesi di Calligaris sull’origine infettiva di alcune patologie, fra cui il cancro e i disturbi psichiatrici, trovandone elementi di conferma, ma anche avanzando quella che, secondo noi, può essere la vera chiave di volta interpretativa, almeno in un certa casistica, che il Calligaris non poteva aver intuito e che – a nostro avviso- costituisce una nostra “scoperta”. Scoperta per la verità che può avere aspetti inquietanti e imprevisti, ma che per ora non vogliamo anticipare.
I dati delle indagini extrasensoriali
Dalle risultanze delle indagini condotte sulla base delle sue precedenti scoperte (le placche cutanee attivanti particolari fenomeni visivi extra-normali) il Calligaris si è mosso assumendo la natura microbiologica delle immagini rilevate dai suoi sperimentatori o soggetti esaminati (nel caso di indagine autoscopica).
Le immagini rappresentano una pluralità di “agenti” generalmente tutti dello stesso tipo: una tipologia e forma specifica per ogni malattia, elemento, questo, che avvalora l’ipotesi di partenza, confermando la presenza di una osservazione oggettiva e coerente, non di una manifestazione soggettiva e non ripetibile. Le osservazioni condotte su diversi soggetti indipendenti confermano invece la correlazione fra le forme osservate e la specifica patologia, e soprattutto la ripetibilità di questo tipo di osservazioni. Una particolarità tuttavia è che le forme di questi “agenti”, come avevamo accennato, si modificano, sia pur di poco, in relazione allo stadio della malattia: fenomeno in realtà che sarebbe del tutto nuovo per la moderna microbiolgia. Calligaris afferma che inoltre l’immagine relativa a questi “agenti”, nell’indagine eteroscopica, può essere incompleta nelle prime fasi della malattia, con qualche particolare non visibile, l’immagine risulta invece completa se la malattia è in fase avanzata: anche questo dato non trova spiegazione nella microbiologia anche se ha un senso in relazione al tipo di percezione extranormale su cui si basa questo tipo di indagini.
Tali agenti osservati, ipoteticamente supposti come “patogeni”, appaiono generalmente come un bozzolo nel quale ci sono delle forme assai particolari, spesso circonvolute, che a volte richiamano l’ immagine di strutture anche appartenenti al regno animale o vegetale. Esplicherebbero la loro azione patogena, secondo il nostro Autore, attraverso tossine, deduzione che fa per esclusione. Calligaris, per descrivere questi agenti potenziali, usa il termine di Depositi, successivamente riferendosi ad essi anche come ultravirus (con riferimento alle prime scoperte dei virus, che allora venivano chiamati ultravirus o virus flitrabili; diciamo subito che questo accostamento ai virus va contestualizzato a quei primi passi della microbiologia e non va preso alla lettera). Calligaris era ben cosciente del fatto che tali “patogeni” non erano stati finora mai osservati e suppone che questa mancanza di evidenza e di osservazione fosse imputabile ai mezzi allora disponibili o alle dimensione estremante piccole degli agenti coinvolti. Scrive infatti:
Il dire che le malattie della mente non sono malattie infettive perché agenti patogeni non furono mai veduti è, come si comprende, un argomento privo di qualsiasi valore. Si sa che vi sono delle infezioni il cui agente morbigeno ci è ancora ignoto perché sfugge alle nostre investigazioni microscopiche. È anche cosa nota che, in questi casi, noi oggi parliamo di ultravirus o di virus filtrabili, probabilmente tali denominazioni non sono molto esatte, e devesi credere che si tratti, anche in tali casi, di agenti patogeni, che però ci restano invisibili in causa della loro estrema piccolezza.
Ovviamente l’espressione “virus” non va riferita alla nozione attuale dei virus, va appunto contestualizzata come una ipotesi di lavoro basata sulle conoscenze scientifiche dell’epoca, che avevano appena fatto individuare patogeni più piccoli dei batteri osservabili ai microscopi ottici disponibili allora. Verosimilmente diremmo che qui si potrebbe parlare sì di virus ma anche di nanobatteri, e i micoplasmi di cui si è detto potrebbero essere rispondenti a queste caratteristiche dimensionali. Tuttavia va detto che allo stato attuale tali patogeni apparsi, nelle indagini eteroscopiche non sono stati osservati in laboratorio, e soprattutto anche i micoplasmi non corrispondono alle forme così descritte. Sebbene dunque troveremo dei dati che certamente avvalorano l’importanza delle osservazioni di Calligaris, dobbiamo già anticipare che l’ipotesi “microbiologica” presenta alcune anomalie e dei punti critici, che devono in qualche modo far riconsiderare il senso di queste osservazioni.
È d’obbligo a questo punto riportare in sintesi i principali risultati delle indagini di Calligaris.
La schizofrenia sarebbe causata da un cosiddetto agente tricefalo caratterizzato, appunto, da tre “teste”, o rigonfiamenti circolari localizzati attorno al capo, due laterali e una soprastante. Segue al di sotto il corpo allungato, dilatato nel mezzo e rastremato all’estremità inferiore che termina, nella sua fase completa, con una piccolissima biforcazione. Il germe è contenuto in un tenue velo di forma ovale, che ricorda un bozzolo.
La psicosi maniaco-depressiva avrebbe un agente eziologico a spina di pesce. Ha un corpo allungato e granuloso, rigonfio nel mezzo e ristretto alle estremità, con una testa di forma triangolare, come l’apice di una lancia. Si trova racchiuso in un bozzolo di forma ovale, a bordi granulosi, e nell’interno si notano dei filamenti ricurvi che sono in relazione con l’agente, forse sono ciglia vibratili, e che presentano questa caratteristica: nella fase depressiva hanno la concavità rivolta verso l’alto, verso la testa lanceolata, nella fase maniacale, rivolta verso il basso, verso la coda, e nelle fasi intermedie, probabilmente non presentano convessità e quindi sono perpendicolari rispetto all’agente (tuttavia Calligaris osservò un solo caso “intermedio”, lasciando dunque come puramente probabile quest’ultima descrizione). A volte questi elementi si vedono isolati ma, generalmente sono uniti in serie, a catena di rosario, legati da due filamenti ricurvi con la convessità verso l’esterno, a formare degli anelli. Viene anche osservato come questo patogeno deriverebbe da un precedente stadio o da un agente patogeno di natura ignota (con forma di filamenti paralleli longitudinali, frammisti a elementi sferici).
L’agente che la causa gli stati maniacali (mania) appare incluso in un bozzolo costituito da una rete di esilissimi filamenti e consta di una parte superiore di forma semilunare, con la convessità rivolta in alto, di costituzione spugnosa, dalla cui faccia concava inferiore discende un asse sottile che va in basso a unirsi alla faccia superiore convessa di un’altra semiluna, dalla cui parte concava si distacca un nuovo prolungamento eguale al precedente. A volte si trova anche una terza parte. Nel complesso, appaiono come funghi sovrapposti.
La paranoia avrebbe un agente eziologico contenuto in un bozzolo ovoidale, del tipo di quelli già descritti. Esso è costituito da piccoli elementi che ricordano la forma di un serpentello o, più precisamente di una s, disposti in serie, l’uno sotto l’altro, in senso longitudinale, che non vengono in contatto (forse si attaccherebbero nei periodi più acuti della malattia). Per tale motivo l’ha chiamato: i serpentelli nel bozzolo. Calligaris suppone che l’origine di questo “deposito” sia da ricercarsi nella spirocheta.
L’isterismo mostra di avere come agente eziologico un deposito di forma rotondeggiante, con un nucleo centrale e dei cerchi esterni, simile a quello delle psiconevrosi ma differenza di quest’ultimo possiede dei filamenti incrociantisi disposti a raggiera e al suo interno numerose formazioni granulose, che sembrano apparire su un fondo gelatinoso. A questo agente Calligaris dava il nome di rosa dai granuli. Questo patogeno si presenta in cinque possibili diverse stadiazioni, a seconda del grado di evoluzione della patologia (1- un deposito rotondeggiante con un nucleo centrale, alcuni filamenti ondulati intorno e qualche cerchio concentrico, 2 – un elemento affusolato, con un nucleo centrale, 3 – un elemento più aperto, a forma di ventaglio, con il nucleo verso l’apice, dei piccoli cerchi aderenti alla periferia e dei filamenti incrociantisi nella parte intermedia, 4- un ventaglio più aperto con una granulazione presente nel centro di ogni cerchio periferico, 5- l’aspetto finale della rose dei granuli).
L’epilessia corrisponde ad un deposito di forma semi-lunare o agente semilunare. Le due estremità non sono uguali: una più tondeggiante, una più lanceolata, da cui si dipartono dei filamenti. A volte si presenta leggermente ondulato e l’ipotesi di Calligaris è che queste variazioni di forma coincidano con le crisi epilettiche.
L’imbecillità corrisponde ad un agente piriforme. È curioso osservare come questa evidenza mostrerebbe un preciso agente patogeno per una patologia definita, oggi tuttavia il termine ‘imbecillità’ in psichiatria non indica una precisa entità nosologica, come invece si usava al tempo di Calligaris, ma indica genericamente una condizione di insufficienza mentale, più o meno grave, riconducibile a quadri diversi.
L’emicrania sarebbe una malattia infettiva del sistema neurovegetativo della corteccia cerebrale. All’esame eteroscopico, l’agente si presenta attaccato ai filamenti simpatici e che evolve per fasi cicliche, dandoci ragione delle crisi o attacchi che si presentano a periodi.
Uno spiraglio sull’invisibile?
Prima di introdurre le mie personali interpretazioni su tutto questo, faccio delle riflessioni su alcuni degli accostamenti patologici osservati da Calligaris:
1. – Nella Schizofrenia (nei testi “Dementia Precox”, con la nomenclatura psichiatrica dell’epoca) si osserva un presunto patogeno descritto come Agente Tricefalo, caratterizzato da un testa composta da tre formazioni sferiche, il corpo allungato, allargato nel mezzo e ristretto all’estremità che presenta una piccola biforcazione. Il germe è racchiuso in un bozzolo di forma ovoidale. Vi sarebbe una relazione con l’agente eziologico della tubercolosi, il micobatterio o bacillo di Koch; già all’epoca non era nuova l’ipotesi di un’origine infettivo-infiammatoria di questo disturbo psichiatrico. Calligaris riprese queste idee condivise da altri suoi contemporanei e le osservazioni secondo cui le crisi psicotiche si attenuavano quando insorgeva la tubercolosi. Il Calligaris riporta anche che in tutti i tubercolotici esaminati erano risonanti le placche della schizofrenia. Calligaris ipotizzò che il suo Agente tricefalo fosse un’evoluzione del bacillo di Koch. Tuttavia lui stesso ipotizzò un rapporto fra le due patologie più complesso. Non si tratta di una derivazione da una tubercolosi acquisita o di “prima generazione”.
2. – L’ipotetico agente supposto come eziologico del cancro ( la sferula dentata, che introduciamo ora, non avendone accennato prima) è una formazione che si evolve nel tempo in relazione con la stadiazione della malattia (da cui anche un certo interesse “diagnositco” reale, perché permetterebbe di correlare lo stadio della neoplasia al tipo di forma osservata). Un’ulteriore formazione è quella detta “germe del cancro” che denoterebbe una predisposizione ereditaria a questa patologia, connessa alla presenza di antenati, nel proprio albero genealogico, che avevano già sviluppato neoplasie. Tale germe del cancro risulta avere una conformazione che ricorda una semiluna che poi tende a chiudersi, ad evolvere in forme sferiche fino ad arrivare alla stessa sferula dentata. I vari pattern di passaggio fino alla forma cancerosa differirebbero a seconda della storia dell’eredocanceroso, ed in particolare in funzione della generazione, a seconda che sia un figlio, nipote etc. di un malato neoplastico. Qui Callgaris usa espressamente il termine eredocanceroso e questo introduce ad un passaggio molto interessante: si tratterebbe di una eredo-infezione che passerebbe attraverso le generazioni. In particolare Calligaris fu portato ad ipotizzare che la sferula dentata “derivasse” in qualche modo, per adattamento pleiomorfico o per evoluzione dalla Spirocheta, l’agente eziologico della sifilide, e quindi una derivazione luetica per il cancro. Secondo Calligaris nello svolgersi del “film” eteroscopico compaiono immagini che sarebbero da ricondurre alla spirocheta, vista in sequenza evolutiva verso le altre forme come il germe e la sferula. Diverse altre ricerche radioestesiche ed eteroscopiche avrebbero corroborato questa idea.
Ora, è bene osservare che anche qui si avrebbe l’idea di una eredo-infezione o di una eredo-tossicità. Questo in qualche modo collima con alcune nozioni della medicina omeopatica, con cui non risulta che il nostro Autore avesse dimestichezza. Il tassello mancante è la nozione di diatesi morbosa, un concetto che la medicina omeopatica deve al suo stesso fondatore, Hanhemann, che individuò nei “miasmi” il paradigma per interpretare le modalità diatesiche con cui si caratterizzano le espressioni patogene dei singoli individui. Le diatesi sono delle modalità generali, di tipo simil-costituzionale, in cui si esprimono, in modo caratteristico le patologie di un individuo nel corso della sua vita, e che rispondono a delle ipotetiche infezioni ancestrali dei progenitori. In omeopatia “costituzioni”miasmatiche furono individuate nella diatesi psorica, sicotica, e luetica. Successivamente il Kent introdusse quella tubercolinica.
Come si vede è molto significativo che per due patologie, gravi ed importanti anche sotto il profilo sociale (schizofrenia e cancro), questo tipo di indagine ha in effetti, e per via del tutto autonoma, trovato una sorta di “origine” nelle diatesi dell’omeopatia classica, o qualcosa di correlabile ad esse. Anche gli accostamenti non sono privi di significato, e sembrerebbero suggerire una sorta di conferma “esterna” ad entrambe le teorie, quella omeopatica e quella di Calligaris. Le modalità mentali del soggetto schizofrenico trovano effettivamente un certo riscontro nelle modalità dei rimedi della serie fosfo-tubercolinica in omeopatia (soprattutto Tuberculinum e Acidum phosphoricum), particolarmente polarizzati sul piano mentale e dalla marcata sensibilità, spesso incline alle distonie psichiche, e alla sovraeccitabilità. D’altra parte la diatesi luetica non è forse perfetta per descrivere i processi neoplastici (una specifica diatesi cancerinica è stata introdotta più di recente) anche se la natura distruttiva del luesinico si riflette almeno in parte nell’evoluzione di alcuni tumori. Resta significativo comunque che almeno due importanti diatesi omeopatiche siano investite lo stesso di un particolare ruolo “capostipite” nelle scoperte di Calligaris e soprattutto che queste ultime abbiano ugualmente confermato una qualche natura atavica (ed ereditaria) dei fattori eziologici putativamente coinvolti.
L’elemento invece che potrebbe un po’ mettere in difficoltà l’interpretazione biologica (sostenuta dallo stesso Calligaris) di queste sue osservazioni, è data dalla natura di queste “eredoinfezioni”. Infatti buona parte degli omeopati hanno supposto delle eredotossine alla base dei miasmi, ma tutto questo non viene normalmente inteso in senso biologico-fisico, cioè riferito al corpo grossolano ed agenti materiali appartenenti al piano fisico. Sarebbe piuttosto ingenuo ritenere che tale trasmissione di costituzioni patologiche sia svolto da un insieme di tossine materiali agenti sul piano fisico: agenti fisici in effetti mai isolati, non compatibili con le attuali leggi microbiologiche e insufficienti – se intesi come singolo ceppo patogeno- a spiegare non un singolo processo infettivo ma tutta una serie di inclinazioni e predisposizioni fisio-patologiche ad ampio spettro, olistiche, fino a comprendere aspetti comportamentali e mentali. Ormai è piuttosto opinione diffusa fra molti omeopati che tali ipotetiche realtà siano da intendersi non come delle tossine fisiche, ma piuttosto come tossine sottili, per usare un termine tradizionale, oppure come campi di informazione, se si vuole rifarsi alla teoria dei sistemi.
Questo passaggio è molto importante perché pone le basi per un altro modello di interpretazione che non è legato alla microbiologia, almeno non in senso grossolanamente fisico.
In effetti se guardiamo alle osservazioni eteroscopiche riportate da Calligaris, queste formazioni osservate mostrano delle caratteristiche evidentemente ben lontane da quelli a cui ci ha abituato l’attuale microbiologia.
In favore di una interpretazione microbiologica c’è solo il dato che le osservazioni eteroscopiche indicherebbero anche aree dell’encefalo in cui sarebbero annidati focolai “morbigeni”. Tuttavia questo dato non è detto che sia interpretabile solamente alla luce dell’ipotesi biologica… In realtà, difficilmente i “depositi” descritti in queste ricerche possono essere assimilati ai patogeni attualmente noti alla microbiologia. Inizialmente Calligaris suppose che i “depositi” fossero i residuati della dissoluzione e dei processi metabolici di microorganismi. Oggi potremmo ad esempio accostare questa idea a patogeni sub-virali, ad esempio virioni e prioni (quindi qualcosa di inferiore nella scala evolutiva). Questa ipotesi sarebbe almeno compatibile con le ridotte dimensioni di scala di tali formazioni, che giustificherebbe la loro difficoltà di individuazione. Tuttavia Calligaris, nelle opere successive tende a vedere nei depositi una ulteriore fase di evoluzione di patogeni noti per lo più di origine microbica, alla luce del fenomeno del pleiomorfismo.
Entrambe le opzioni pongono comunque delle obiettive difficoltà: il pleiomorfismo, cioè la tendenza dei batteri a cambiare forma, è in realtà piuttosto raro in natura e riguarda, almeno allo stato attuale dell’arte, solo i micoplasmi, sprovvisti come sono di parete cellulare. Inoltre non risulta finora sia mai stato osservato un agente patogeno, responsabile di una patologia, che, una volta mutato di forma, divenga l’agente eziologico di un’altra. In pratica un fenomeno finora mai riscontrato.
Le forme che sono riportate dalle osservazioni eteroscopiche sono piuttosto anomale rispetto a quelle che usualmente presentano i batteri: basti pensare ad esempio alla “rosa dei granuli“, con la sua complessa e inusuale struttura. A volte i patogeni ignoti descritti da Calligaris posseggono un’asse di simmetria longitudinale ma sono asimmetrici rispetto all’asse mediano (si veda ad esempio l’agente tricefalo): sono quindi orientati in senso testa-piedi. Ciò è praticamente assente nei batteri; mentre si osserva invece nei parassiti di ordine superiore, microorganismi pluricellulari già organizzati e differenziati in senso organico. Questo però esclude chiaramente la natura batterica, e a fortiori anche quella di virioni o prioni. Del resto basta osservare l’Agente tricefalo, l’Agente dai baffi spioventi (legato a processi di paralisi progressiva), o l’Agente a fungo degli stati maniacali, per avere seri dubbi sulla loro natura “batterica”.
Agente a fungoAgente tricefalo
Anche le formazioni a colonie descritte sono significativamente diverse da quelle note in biologia, mentre i movimenti sono ugualmente anomali. Ad esempio nel descrivere i movimenti delle “sferule dentate” (cancro), non si osserva il tipico movimento caotico di microrganismi in un fluido ma movimenti rettilinei lungo raggi incrociantisi all’interno di un sezione circolare!
Un patogeno molto particolare, che ci ha dato modo di riflettere sulla natura di queste osservazioni è detto da Calligaris “serpentelli nel bozzolo”… Importante osservare che secondo la biologia ciascuno di essi sarebbe un singolo agente patogeno, tuttavia essi si trovano raggruppati in colonna, all’interno di un involucro. Molti “patogeni” di Calligaris risultano circondati da formazioni di questo tipo di natura non ben chiara. Da un lato esse sembrano richiamare la “parete batterica”, mentre dall’altro stride con il presupposto dell’assenza di parete batterica, cosa che invece giustifica e permette il pleiomorfismo. Ugualmente sarebbe molto anomalo presupporre la presenza di tre differenti cellule batteriche (?) all’interno di una stessa singola parete batterica; tale fenomeno infatti non pare sia mai stato riscontrato finora.
Abbandoniamo per un attimo l’ipotesi biologica e supponiamo che queste “formazioni” così osservate attraverso l’indagine metapsichica siano enti di natura iperfisica, o sottile. A cosa queste forme così osservate ci rimandano?
Per quanto ciò potrà apparire paradossale, le forme più prossime a quanto osservato ci sembra di poterle rinvenire nel complesso iconografico delle religioni tardo-antiche, in particolare del corpus magico-sapienziale del periodo gnostico alessandrino… il che ovviamente non può non indurre a inquietanti ma suggestive riflessioni.Buona parte dei patogeni occulti osservati da Calligaris – non tutti ovviamente – sono riconducibili ad un proto-forma comune: un struttura serpentiforme o comunque allungata con un “testa”che presenta varie possibili varianti. Questa entità si presenta poi circondata da una sorta di capsula o bozzolo, di cui ovviamente non è chiara la natura.
In particolare questo schematismo è riconducibile in modo sorprendente ad una entità ben nota nel “pantheon” dei daimones (esseri intermedi) noti al mondo ellenistico tardo antico, e in parte ai movimenti gnostici, somiglianza tanto più significativa in quanto persino i sigilli e i caratteri, associati a questa entità, spesso riprodotti su gemme e talismani, trova una parallelo corrispettivo in alcuni dei “patogeni” osservati da Calligaris. L’entità mitologia in questione è riportata con il nome di Knoubis (Ξνούβις) o, secondo altre varianti, Knoufis, Kanobis, Knoumis (forse in relazione fonetica con l’antico Khnum, divinità dell’Alto Egitto, in effetti scrive l’egittologo Boris de Rachewiltz si tratta forse di una sincretizzazione di Khnum e di Agatodaimon). Le iconografie associate a questa entità raffigurano un serpente eretto dalla testa leonina, quasi sempre irraggiata da un corona solare. Questo elemento iconografico potrebbe essere facilmente emulato dalle formazioni riportate da Calligaris, dove le “teste” hanno a volte forma lanceolata (psicosi manica-depressiva) oppure oppure estroflessioni filiformi, baffi etc.
Un dato molto impressionante è che persino il “sigillo” o “cifra magica” associato a questa entità, una linea verticale che interseca tre forme serpentine, sembra trovare un preciso riscontro in certe strutture osservate da Calligaris: i cosiddetti “serpentelli nel bozzolo” ma anche soprattutto l’agente a fungo,in cui lungo un fuso centrale sono impilati elementi semilunari, spesso in numero di tre, altro dato molto significativo! (vedi sopra).
Gemma gnostico-magica del British Museum, raffigurante lo Knoubis
In questa sede si comprende anche cosa sia il “bozzolo”: si tratta del caratteristico nimbus, una sorta di aureola che circonda il corpo di personaggi divini nelle iconografie tradizionali, e ne manifesta l’irradiazione o il campo energetico. Nelle innumerevoli raffigurazioni che ci sono giunte, lo Knoubis era appunto ritratto con un nimbus attorno alla testa oppure a circondarlo interamente, sullo schema dei “cartigli” egizi.
Tale entità era infatti spesso raffigurata a scopo apotropaico su gemme e camei soprattutto nell’era tardo antica ed ellenistica, nell’Egitto greco-romano ed anche presso gli Gnostici, sia pure in vista di un uso medico-magico. Con precisione questa entità era uno dei decani e in particolare presiedeva ad una decade del segno del cancro. In quanto tale esso era per lo gnosticismo antico uno degli Arconti cosmocratori, entità che agiscono come ministri del Fato e dirigono gli influssi delle forze cosmiche, di fatto vincolando gli esseri entro la sfera della necessità. Lo gnosticismo ne accentuò il carattere negativo, riconoscendole – per varie ragioni su cui sorvoliamo – come entità sostanzialmente ostacolatrici sul piano spirituale. Sul piano medico-astrologico esse mediavano i possibili influssi negativi sulla salute degli organi corrispondenti, da cui l’uso magico per scongiurarli.
In particolare questo è uno dei pochi Decani di cui sia giunta una conoscenza abbastanza articolata. Probabile che ciò sia dovuto al fatto che esso fu per trasposizione “promosso” sino ad identificarsi con lo stesso Demiurgo, o Arconte massimo, lo Yaldabaoth degli gnostici, non a caso anch’esso raffigurato come un serpente leontocefalo, mercé anche la probabile derivazione da Khnum, antichissimo dio egizio con funzione di creatore-demiurgo. Ricordiamo che gli Arconti per lo gnosticismo sono sostanzialmente entità demoniache. Lo Yaldabaoth è anche a volte indicato come dodecacefalo (o eptacefalo) e nello Knoubis in effetti i raggi della corona sono spesso raffigurati in numero di sette. Questo dato che ha precisi significati – e ne sottolineano la centralità e il dominio sulle altre forze zodiacali o planetarie- potrebbe forse trovare un certo riscontro nella molteplicità di “teste” riportata da Calligaris (es. l’agente tricefalo).
Ora è lecito supporre che queste manifestazioni siano delle “irruzioni archetipali” di forze inconsce che già Jung aveva notato essere spesso presenti nei deliri e visioni di pazienti schizofrenici ma anche nella vita onirica dei pazienti nevrotici. Tali forze che, a mio avviso, sono da considerarsi al tempo stesso oggettive e soggettive, per la nota e tradizionale corrispondenza micro-macrocosmica, ove non “integrate” (per usare il lessico junghiano) o non adeguatamente esorcizzate dal campo psichico collettivo dell’umanità, possono dar luogo a processi di degenerazione cognitiva, psicologica, fino alle patologie psichiatriche clinicamente codificate e a veri e propri processi di “invasamento”.
A mio avviso le indagini parapsicologiche condotte da Calligaris hanno evidenziato – dietro certe patologie- influssi diretti di questa natura, come testimoniata dall’emergere di forme simboliche coincidenti, in modo difficilmente contestabile, persino con le iconografie tradizionali appartenenti a quello specifico campo archetipale. Secondo questa ipotesi “iperfisica” non dovremmo dunque ipotizzare patogeni biologici (del resto esclusi dalla stessa medicina convenzionale), ma interferenze dal campo inconscio-archetipale o dal piano sottile (se si vuole usare il lessico della psicologia analitica ovvero quello dell’esoterismo). Il veicolo di queste influenze verrebbero dunque ad essere delle tossine “iperfisiche” (e qui ha senso e spiegazione l’osservazione metapsichica di aree e focolai in alcune aree del sistema nervoso, o meglio in realtà del doppio eterico di esso), il che trova una certa coerenza con l’idea delle eredotossine accennata in precedenza. È vero in realtà che in questi pazienti risultavano attive le placche delle “infezioni”… sarebbe davvero da chiedersi però se tali placche (identificate precedentemente da Calligaris) risultino attive solo in caso di infezioni di natura microbiologica oppure ad esempio in caso di parassitismo psichico oppure in forme di possessione (… se sono propenso ad ipotizzare una risposta positiva a questo quesito).
In questo quadro è molto significativo osservare che lo Knoubis doveva essere un decano del Cancro, che è domicilio della Luna e ad essa tradizionalmente corrisponde il sistema nervoso centrale e i suoi disturbi (non a caso gli schizofrenici erano anticamente definiti “lunatici”…). Questo trova quindi una certa coerenza con il fatto che queste osservazioni sono pertinenti soprattutto a patologie psichiatriche. E non è neppure casuale a mio avviso che ci sia una certa ricorrenza – nelle strutture riportate da Calligaris – di forme che ricordano delle semilune (tradizionale simbolo astrologico della luna). Chi dovesse stupirsi di queste considerazioni deve ricordare ad esempio che nella Medicina Tibetana tutte le patologie mentali sono sempre collegate eziologicamente a forme di possessione, e vengono indicate per ogni tipo di patologia psichiatrica le classi di esseri sottili (demoni e deva, asura, naga, etc.) che le causerebbero. Questo è il retaggio dell’antica medicina sciamanica che nel Tibet, dove la religione sciamanica Bön coesiste parallelamente al buddhismo, è ancora forte ed è stata inglobata nella medicina buddhista.
Analogamente possiamo dire di tutte le culture mediche influenzate dallo sciamanesimo, in cui peraltro i disturbi mentali (più ancora delle altre patologie) assumono un significato assai particolare. Del resto vediamo tracce di questo retaggio dell’antica medicina sciamanica in molte medicine tradizionali, ad esempio quella cinese. Essa aveva anticamente una base autenticamente sciamanica, legata al più antico taoismo e alle sue tradizioni esoteriche. Tali tracce rimangono ad esempio nella nomenclatura. L’ideogramma cinese per lo hún 魂 (lo psichismo corrispondente al Fegato, spesso tradotto come “anima eterea”) contiene il radicale 鬼, guǐ (= fantasma) e faceva riferimento alle antiche concezioni riguardo ai demoni e agli esseri incorporei e alla loro capacità di causare determinate malattie.
A partire dal Periodo degli Stati Combattenti (V-II sec. a.C) la medicina cinese subì un processo di trasformazione in cui venne riformulata ponendo l’eziologia delle malattie su eventi atmosferici (in realtà i correlati energetici di questi, intesi come sha qi, energie negative) e tutta una fisiologia sottile legata ai vari tipi di Qi degli organi, il riferimento ad esseri intelligenti passando più che altro a livello implicito, nella migliore delle ipotesi. Si tratta di quel processo di spostamento del piano di riferimento (da quello spirituale a quello energetico-sottile, per poi passare, con la medicina moderna, a quello propriamente materiale) che segue il processo involutivo di declino spirituale della conoscenza umana e il suo scivolamento verso il materialismo. Tali residui si notano ad esempio nella tradizione medica aristotelica con i suoi “spiriti vitali” (o le varie anime di cui in Platone) che sono i correlati nel corpo eterico e astrale umano di certe funzioni fisiologiche. Ma originariamente questo lessico (appunto di orientamento animistico) faceva riferimento ad una concezione originaria in cui l’essere umano era percepito come una collettività o un aggregato di spiriti elementari – parimenti presenti nei regni della natura- e che componevano il suo campo energetico.Tutto questo rimandava più direttamente ad un ordine di realtà più alto, sovrannaturale. Ovviamente nel tempo la centralità di questa visione iniziale andò a perdersi, lasciando però vestigia nella nomenclatura di alcuni saperi sull’uomo (medicina e filosofie antiche).
A mio avviso le osservazioni di Calligaris, di cui non ebbe modo di intendere la reale portata e il vero significato, andrebbero lette secondo questa chiave. Di sicuro non siamo arrivati ad interpretare e decodificare tutto, ad esempio non sono al momento in grado di dare una lettura “archetipica” significativa, nel caso del cancro, della cosiddetta sferula dentata, ma credo che sia importante aver delineato un metodo di lettura e interpretazione che è basato sull’ipotesi iperfisica e della ricerca su base archetipica. Se questa lettura è corretta allora si deve giungere alla conclusione che le indagini parapsicologiche di Calligaris sono uno spiraglio che per via indiretta potrebbe confermare la realtà di concezioni assai più antiche della Weltanschauung moderna, secondo lo sviluppo del tempo lineare. Chiaramente si tratta di una pretesa coraggiosa: riconoscere più o meno direttamente la natura oggettiva (o semi-oggettiva) di certe realtà extra-umane o sub-umane, significa di fatto dover ammettere la causa eziologica di alcune patologie (soprattutto quelle psichiatriche) in processi che sono attinenti al campo della possessione.
Ci rendiamo chiaramente conto di avere forse sollevato un velo che né la scienza, né il sentire generale della cultura moderna sono pronti ad ammettere e dunque tale osservazione rimarrà in sospeso, ricordando il detto evengelico:
chi ha orecchi per intendere intenda….
Bibliografia
G. Calligaris, Il cancro (1937)
G. Calligaris, Malattie infettive (1938)
G. Calligaris, Nuove ricerche sul cancro (1940)
G. Calligaris, Malattie mentali (1942)
C.G. Jung, Gli Archetipi dell’Inconscio collettivo, Bollati Boringhieri
G. Maciocia, I fondamenti della medicina cinese, Elsevier Masson
B. de Rachewiltz, I miti egizi, Tea edizioni
Lama Gangchen Rimpoche, Vajrapani il distruttore delle tenebre, Peace publications
L’errore medico è la terza causa di morte negli Stati Uniti, dopo le malattie cardiache e il cancro, secondo i risultati pubblicati sul British Medical Journal.
Come tale, gli errori medici dovrebbero essere una priorità assoluta per la ricerca e le risorse, dicono gli autori Martin Makary, MD, MPH, professore di chirurgia, e il suo collega ricercatore Michael Daniel, della Johns Hopkins University School of Medicine di Baltimora, Maryland.
Ma le informazioni accurate e trasparenti su tali errori non vengono trascritti nei certificati di morte, che sono i documenti che i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) usano per classificare le cause di morte e stabilire le priorità sanitarie. I certificati di morte dipendono dai codici della Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD) per la causa della morte, quindi cause come gli errori umani e di sistema non sono registrati su di essi.
E non si tratta solo degli Stati Uniti. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, 117 paesi codificano le loro statistiche di mortalità usando il sistema ICD come indicatore primario dello stato di salute.
Gli autori chiedono una migliore segnalazione per aiutare a catturare la scala del problema e creare strategie per ridurlo.
Cancro e malattie cardiache ottengono l’attenzione
“Le prime cause di morte riportate dal CDC indirizzano il finanziamento della ricerca del nostro paese e le priorità della salute pubblica”, ha detto il dottor Makary in un comunicato stampa dell’università. “In questo momento, il cancro e le malattie cardiache ricevono un sacco di attenzione, ma poiché gli errori medici non appaiono nella lista, il problema non riceve i finanziamenti e l’attenzione che merita”.
Egli aggiunge: “I tassi d’incidenza delle morti direttamente attribuibili a cure mediche sbagliate non sono stati riconosciuti in nessun metodo standardizzato per la raccolta di statistiche nazionali. Il sistema di codifica medica è stato progettato per massimizzare la fatturazione dei servizi medici, non per raccogliere statistiche sanitarie nazionali, come è attualmente utilizzato”.
I ricercatori hanno esaminato quattro studi che hanno analizzato i dati del tasso di mortalità medica dal 2000 al 2008. Poi, utilizzando i tassi di ammissione dell’ospedale dal 2013, hanno estrapolato che, sulla base di 35.416.020 ricoveri, 251.454 morti derivavano da un errore medico.
Questo numero di morti si traduce nel 9,5% di tutte le morti ogni anno negli Stati Uniti – e mette l’errore medico sopra la precedente terza causa principale, le malattie respiratorie.
Nel 2013, 611.105 persone sono morte di malattie cardiache, 584.881 di cancro e 149.205 di malattie respiratorie croniche, secondo il CDC.
Le nuove stime sono notevolmente superiori a quelle del rapporto dell’Istituto di Medicina del 1999 “To Err Is Human”. Tuttavia, gli autori notano che i dati usati per quel rapporto “sono limitati e superati”.
Strategie per il cambiamento
Gli autori suggeriscono diversi cambiamenti, tra cui rendere gli errori più visibili in modo che i loro effetti possano essere compresi. Spesso, le discussioni sulla prevenzione avvengono in forum limitati e confidenziali, come le conferenze di dipartimento sulla morbilità e mortalità.
Un altro è modificare i certificati di morte per includere non solo la causa della morte, ma un campo extra che chiede se una complicazione prevenibile derivante dalla cura del paziente ha contribuito alla morte.
Gli autori suggeriscono anche che gli ospedali svolgano un’indagine indipendente rapida ed efficiente sui decessi per determinare se l’errore ha avuto un ruolo in esso. Un approccio di analisi delle cause alla radice aiuterebbe, pur offrendo la protezione dell’anonimato, dicono.
La raccolta di dati standardizzati e la segnalazione sono anche necessari per costruire un quadro nazionale accurato del problema.
Jim Rickert, MD, un ortopedico di Bedford, Indiana, e presidente della Society for Patient Centered Orthopedics, ha detto a Medscape Medical News di non essere sorpreso che gli errori siano arrivati al terzo posto e che anche questi calcoli non raccontano tutta la storia.
“Questi numeri non includono nemmeno gli uffici dei medici e i centri di assistenza ambulatoriale”, nota. “Questi riguardano solo gli errori durante il ricovero ospedaliero“.
“Penso che la maggior parte della gente sottovaluti il rischio di errore quando cerca cure mediche“, ha detto.
Inoltre concorda sul fatto che aggiungere un campo ai certificati di morte per indicare l’errore medico è probabilmente il modo per ottenere l’attenzione che gli errori medici meritano.
“È la pressione pubblica che porta al cambiamento. Gli ospedali non hanno alcun incentivo a pubblicizzare gli errori, né i medici o qualsiasi altro fornitore”. “Tuttavia, un passo così importante come l’aggiunta di informazioni sugli errori ai certificati di morte è improbabile se non accompagnato da una riforma sugli illeciti in ambito medico”, continua.
“Tuttavia, questo studio aiuta a sottolineare la prevalenza degli errori”, ha aggiunto.
L’errore umano è inevitabile, riconoscono gli autori, ma “possiamo misurare meglio il problema per progettare sistemi più sicuri che mitigano la sua frequenza, visibilità e conseguenze”.
Aggiungono che la maggior parte degli errori non sono causati da “cattivi” medici ma da fallimenti sistemici e non dovrebbero “essere affrontati con punizioni o azioni legali”.