Reue – Reve – Reo:
Premesse
Ci sono diverse ipotesi sull’origine di questo nome, la prima delle quali è stata avanzata dallo specialista K. T. Witczak, che lo considera derivato dal proto-indio-europeo *diewo o *dyeus, suggerendo che la lingua lusitana ha cambiato il proto-indio-europeo *d in r, con un’analoga evoluzione che si è verificata nella lingua umbra. Ciò farebbe di Reo una divinità celeste simile al greco Zeus e al latino Giove.
Seguendo questa logica, l’analisi mostra che Reve è il dativo singolare di Revs o Reus, rendendo Reo/Reus/Revs il vero nome di Dio. Qui è facile confrontare il nome Reus con il nome Zeus.
La seconda teoria suggerisce che Reue sarebbe una divinità legata ai fiumi e che il nome deriverebbe da una radice che significa torrente o corrente.
La verità è che queste due proposizioni si completano a vicenda in modo notevole.
Posizione
Le sue denominazioni si trovano in vaste aree e il suo culto si sovrappone a quello di Bandua. Altri elementi ci permettono di vedere le sue somiglianze con Giove o con il dio gallico Taranis, ad esempio l’associazione con alcune zone montuose, come il monte Larouco, che culmina nella regione.
Ci dice Lourenço Fontes:”La catena montuosa di Larouco era la più grande e formidabile per la sua influenza su pioggia, fiumi, acqua e tuoni”.
Pertanto, vicino alla montagna sono state trovate iscrizioni dedicate a Reue Laraucus e Laraucus Deus Maximus. Queste ultime iscrizioni riportano anche un riferimento a Giove. I due gruppi di iscrizioni hanno in comune una serie di caratteristiche formali e una vicinanza alle vette, a volte molto lontane dalle zone abitate. Ce ne sono altre con epiteti legati alle montagne, come Reue Marandicui. Infatti, in alcune consacrazioni a Giove, i nomi si riferiscono anche a montagne o a zone alte come Iuppiter Candamius (Candanedo). Questo ci permette di comprendere i suoi poteri e le sue funzioni, legate alla montagna, il cui nome deriverebbe da *kand – per brillare, per bruciare, per illuminare. La stessa associazione può essere fatta con la consacrazione Iuppiter Candiedo, Iuppiter deus Candamus (Monte Cilda).
Un’altra iscrizione trovata ad Arronches, Portalegre, sempre in Portogallo, menziona 10 tori sacrificati a Reo. Oltre all’associazione topografica tra queste due divinità, è noto anche che i tori, simbolo animale anche di Zeus, venivano spesso offerti a Giove. Come ulteriore simbolo, si potrebbe anche menzionare la quercia, che è sparsa in tutta la penisola iberica, comunemente associata agli dei del tuono.
Oltre al collegamento tra Reue e le zone montane, è stata istituita anche un’associazione con i fiumi. La radice *Sal- è infatti legata alla montagna e può essere interpretata anche come “ruscello d’acqua”. Questa radice è fortemente rappresentata negli idronimi europei, alcuni di essi appaiono con il suffisso -am, come il fiume francese Salembre, chiamato Salambra nel XII secolo. Lo stesso vale per Salamanquilla nella regione di Toledo o Salamantia, probabilmente l’antico nome del fiume Tormes. Viene in mente anche il toponimo Salmantica nella regione di Salamanca.
Salamati è una denominazione direttamente collegata alla catena montuosa dello Jalama, chiamata Salama nell’antichità. Una teoria ipotizza che Salama e Reue siano divinità complementari perché non è stata trovata alcuna sovrapposizione tra di loro, nonostante attributi simili come l’associazione montuosa e il fatto che siano accompagnati da iscrizioni relative a Giove. Inoltre, ciascuno degli dei coesisteva con lo stesso gruppo di divinità nelle rispettive zone. In conclusione, Salama potrebbe essere semplicemente una denominazione di Réue.
L’associazione con i fiumi è chiaramente confermata dal teonimio Reue, che probabilmente era considerato una divinità che rappresentava la deificazione del “rivus”, o corrente, e probabilmente aveva lo stesso significato della parola femminile francese “rivière” o del catalano “riera” che significa burrone. Reue deriverebbe dalla radice *reu- corrente, fiume, flusso. Così, la maggior parte delle denominazioni di Reue non solo esprime la sua natura maschile, ma anche un legame con alcuni fiumi, come l’epiteto Langanidaeigui derivante dall’idronimo Langanida, che può essere tradotto come:”Al Dio Reue del fiume Langanida”
C’è anche la consacrazione Reue Anabaraecus, che contiene gli elementi ana, connotazione di fiume, e bara, che a volte significa riva, sponda o a volte esprime un idronimo. Questo sarebbe:
"Al Dio Reue della riva dell'Ana"
oppure"
Al dio Reue di Anabara"
e nel caso in cui Anabaraecus sia diviso in due parti,
"Al dio Reue Ana [della città] di Bara"
Oppure Reue Reumiraegus, a quel tempo si usava ancora il termine *reu- fiume, che probabilmente significava:
"Al dio Reue del fiume Mira"
Infine il Veisutus è probabilmente formato dalle radici *ueis-/*uis-, che sono idronomi popolari che si trovano in tutta l’Europa preistorica.
Studiando il teonimo e gli epiteti di Reue, possiamo concludere che Reue era un nome generico per “fiume”, ma che gradualmente questo nome è stato dissociato dalla realtà fisica del fiume per chiamare l’entità personale con carattere divino che abita il fiume come suo protettore e distributore.
Reue, Giove e l’archetipo indoeuropeo:
Riassumendo, oltre all’associazione di Reue con le aree montane, un legame tra Reue e i fiumi può essere percepito anche attraverso lo studio etimologico dei suoi teonimi ed epiteti. L’associazione con i fiumi è di natura simile a quella con le montagne, il che implica che le valli erano e sono i luoghi dove la potenza della divinità è più evidente, dove il contatto spirituale più forte e intenso può essere sentito con essa.
Molti autori hanno già notato che un numero significativo di colonne dedicate a Giove sono state trovate vicino a fonti d’acqua o fiumi nelle province galliche e germaniche.
Il collegamento tra queste colonne dedicate a Giove e le zone acquose è perfettamente concepibile senza minimizzare la sua posizione nella gerarchia divina o implicare che il dio avesse caratteristiche appartenenti alle divinità “guaritrici”. Infatti, le scene scolpite nella parte superiore delle colonne contenevano un cavaliere che, nelle vesti di Iuppiter, carica un mostro a forma di serpente, mostrando evidenti affinità con il mito vedico del confronto tra il dio Indra e il demone Vritra. Inoltre, Indra appare in questo mito come il “conquistatore delle acque”, sebbene la divinità che regolava e inviava le acque agli uomini fosse il supremo dio indo-iraniano Varuna.
I miti che rappresentano una lotta tra il Tonante, il Dio della Tempesta, e un drago, o un serpente anfibio dai tratti antropomorfi, non sono caratteristici solo delle zone celtiche o indoiraniane, ma si trovano in realtà in tutti i rami religiosi del tronco indoeuropeo. Il cristianesimo si è messo a vampirizzarlo con, ad esempio, le immagini di San Giorgio o di San Michele che uccide il drago. Sulla base di tutti questi argomenti, possiamo concludere che il dio supremo dei gallo-romani, Giove, aveva una precisa associazione con i corsi d’acqua, e che questo rapporto era molto più straordinario in luoghi specifici, come le confluenze o a monte.
1. Dichiarerò le gesta virili di Indra, il primo a diventare, il maneggiatore di Tuoni. Ha ucciso il Drago, poi ha svelato le acque e ha scavato i canali dei torrenti di montagna.
2. Uccise il Drago che giaceva sulla montagna: il suo lampo celestiale tuonante Tvastar ha formato. Come kine in rapida discesa, le acque scivolavano verso l’oceano.
3. Impetuoso come un toro, scelse il Soma e in tre sacre coppe bevve il succo. Maghavan afferrò il tuono per la sua arma e colpì a morte questo primogenito dei draghi.
Rig Veda, libro I, inno XXXII
La natura di questo rapporto deriva dal fatto che, in questi luoghi privilegiati, una delle principali funzioni della divinità si è affermata, da un lato, come benefattore e garante delle piogge e della sopravvivenza della comunità, e, dall’altro, come creatrice di tempeste e inondazioni catastrofiche. Nei luoghi dove la percezione dei suoi poteri era più evidente, il culto si esprimeva attraverso l’erezione di altari votivi, colonne monumentali o la costruzione di santuari. Questi luoghi, infatti, erano di vitale importanza per la popolazione locale, come si può vedere attraverso Augustodunum, Autun, la capitale dell’Aedui in epoca romana. O ancora attraverso la colonna, ormai scomparsa, situata alla confluenza del Sene e della Marna, e infine attraverso la colonna di Nautae Parisiaci.
Con queste nozioni, si può affermare etimologicamente che il teonimo Taranis, associato a Iuppiter in Gallia, è legato ai fiumi. In origine potrebbe essere stato il nome del Tarn, affluente della Garonna, che Plinio chiamava Tarnis, o del fiume Tarano, affluente del Po, che compare anche nelle opere di Plinio e negli Itinerari di Antonino con il nome di Tanarus. Questi idronimi devono sicuramente il loro nome ai culti degli Dei che dovevano trovarsi alla sorgente o lungo il corso di queste correnti fluviali. Ne esistono altri esempi come il Ternin, affluente dell’Arroux, che nella sua parte superiore si chiama Tarène, il Terneau, affluente della Marna, e il Ternoise.
Quindi, se prima siamo stati in grado di stabilire un rapporto tra Bandua e Marte, possiamo anche confermare che Reue, in quanto divinità appartenente allo stesso pantheon di Bandua, era associato a zone montuose, fiumi e divinità celtiche affini, identificandolo così sia con Iuppiter che con Taranis.
Egli incarna l’archetipo del dio del cielo e del fulmine, supremo, stellare, sovrano, che esercita la giustizia e talvolta viene associato alla morte.
“Teoria : Come curiosità, la parola portoghese, galiziana, asturiana e castigliana che significa quercia (rispettivamente carvalho/carballo/carba/carvallo) è di origine sconosciuta, molto probabilmente proveniente da una lingua preromana dell’Iberia. Abbiamo anche le parole raio in galiziano-portoghese e rayo in castigliano, che significano saetta. Queste parole provengono dal latino raggio, ed era infatti usato da Virgilio nell’Eneide con il significato di fulmine[15], ma la parola latina comune per fulmine è fulgur. Ora, potrebbe essere che in Iberia la parola per fulgore adottata dal latino dopo la conquista romana fosse raggio invece di fulgur a causa di Reus? Abbiamo la parola fulgor in portoghese e castigliano, per esempio, ma ha perso il significato di fulgur/ fulmine. Oggi significa semplicemente “fulgore” o “bagliore”. Questa è solo una mia teoria che non ha nulla a sostegno, ma suppongo che sia uno spunto di riflessione. Inoltre, Taranis ha come simbolo la ruota, e in Galizia sono state trovate anche alcune sculture di ruote. Chissà se erano collegate al dio del tuono”.
Herminius Mons
Troverete la presentazione delle altre divinità celtiberiane nelle prossime parti.
Fonti :
Juan Carlos Olivares Pedreño, Università di Alicante
Alberto J. Lorrio, Università di Alicante Gonzalo Ruiz Zapatero, Universidad Complutense de Madrid
https://goldentrail.wordpress.com/
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Traduzione a cura di Mer Curio