
In questo anno pandemico sentiamo parlare di distanziamento come se piovesse, è un termine talmente utilizzato e spesso abusato da essere entrato a far parte del lessico popolare ad ogni livello di comunicazione.
Uno degli aneddoti che sinora mi ha fatto più sorridere con retrogusto amaro, è stato il commento di una bimba, mia conoscente di 7 anni, che alla domanda sul cosa avessero fatto a scuola dopo il primo giorno dal rientro delle vacanze estive ha risposto sorridente, ma perplessa: “Distanziamento sociale!”. Sua madre ha commentato divertita che non sa più come spiegarle che non si tratta di una materia scolastica e lei ha replicato con uno spallucce molto emblematico.

Analizzando l’etimo della locuzione possiamo vedere come il significato primo sia un preciso comportamento sociale che mantiene costante lo spazio tra le persone. Il fine preciso, nello specifico del 2020, è quello di ridurre il contagio da SARS-coV-2.
Prese così sembrerebbero due belle parole positive che in coppiata hanno uno scopo altrettanto positivo, ma siccome bisogna sempre scavare per comprendere e analizzare per collegare, iniziamo col dividerle leggendone gli specifici connotati.
Distanziamento è un termine che indica lo stato in luogo duraturo senza alcuna idea di movimento se non nell’atto di rendere costante lo spazio. E’ molto diverso da Distacco che invece sottolinea un sottile moto da luogo anche un po’ onomatopeico e indica sicuramente una decisione di recidere la vicinanza senza pietrificarsi nel perpetuo trovare lo spazio tra le cose dimenticandosi la dimensione temporale. Il primo caso è una ricerca continua dello stare lontano mentre nel secondo caso è un fare un passo indietro in attesa di poterlo rifare avanti, ha valenza medesima quindi sia in termini fisici che in termini psico-emotivi.
Sociale è un termine che indica tutto ciò che è legato all’appartenenza di un membro di un gruppo, ovvero tutto ciò che è legato a una preponderante peculiarità dell’essere umano che è quella di consociarsi quindi creare gruppi di simili (> lat. Socius). E’ molto diverso da Interpersonale che invece sottolinea l’estemporaneità e la breve durata nel tempo dell’azione in base al contesto. Il termine sociale invece tende a donare una caratterizzazione universale proprio in termini pandemici globali, lasciando sottintendere che la convivenza col virus implichi trasformazioni strutturali.

Mi è capitato spesso, in quest’anno, di aver sottolineato la carenza comunicativa istituzionale soprattutto nell’argomentare decisioni e prese di posizione drastiche e immediate. Ho notato la mancanza di capacità comunicative, ma anche la mancanza di intelligenza emotiva e talvolta di logica nella dimostrazione delle tesi specifiche. Penso che l’analisi della locuzione di cui sopra sia già di per sè abbastanza esplicativa in questo senso.
Le parole hanno un significato importante perchè creano il mondo che noi viviamo secondo la nostra personale esperienza e nel caso di lessico calato dall’alto si rischia di mandare gran parte degli individui nel limbo della confusione più totale.
Le sfumature di significato sono fondamentali per connotare con precisione l’intento dei termini specifici. C’è una differenza sensibile tra Senso di Colpa e Responsabilità, tra Distacco e Indifferenza, tra Autorità e Autorevolezza, tra Negare e Dubitare e tra Obbedienza e Lealtà.
Sarebbe meglio sempre soffermarsi sulle parole che si utilizzano e imparare a utilizzarle con cognizione di causa e Cum grano Salis in base al contesto specifico.

Essere capaci di discernere significa proprio essere capaci di creare la propria realtà dipingendola con le parole che rappresentano i colori che la nostra interiorità logica o emotiva hanno identificato come vere per noi. Essere capaci di provare meraviglia significa farsi spingere dal dubbio e riadattarsi alla realtà circostante secondo necessità personali, familiari, sociali e culturali ma in termini territoriali quindi identitarie in chiave di appartenenza reciproca ai luoghi e alle tradizioni.
Accettare sommessamente tutto ciò che scende dall’alto e trasformarsi in giraffe per poter guardare oltre ciò che subiamo a livello verticale potrebbe essere non troppo costruttivo dal punto di vista evolutivo.

Iniziamo dalle parole: usiamo il Dizionario, cerchiamo l’etimologia, siamo coscienti di ciò che esce dalla nostra bocca ancor prima di ciò che entra.
Il Distacco Interpersonale è una legge universale che permette di non lenire il libero arbitrio di nessuno, mentre il distanziamento sociale è lode all’individualismo materialistico che conduce a stati aberranti dell’essere umano.

Se non puoi toccare puoi esprimerti col viso, se non puoi esprimerti col viso puoi farlo a parole. Allora sviluppiamo gli altri sensi: leggiamo molto, ascoltiamo tanta musica, annusiamo l’aria della natura, mangiamo cibo vero e igienizziamo i pensieri ogni volta che siamo costretti a igienizzare le mani.
Respiriamo forte e la proibizione diventa possibilità. Mi rendo conto siano sfumature labili e che all’interno della locuzione Distanziamento Sociale ci siano tremende specificità del caso che nascondono insidie per cui non bastino tali piccoli accorgimenti per risolverle.

Mi riferisco alla Nascita, alla Morte, alla Malattia, agli Anniversari, alle Feste comandate, all’Intimità di coppia e ai momenti di Svago. La suddetta locuzione preclude ogni tipo di approccio canonico nei confronti di questi eventi fondamentali per l’essere umano e fondamentali soprattutto per tutte quelle Culture circolari e semplici che ritrovano nella Comunità il riferimento e il sostegno di ogni cellula individuale o familiare.
Questi casi sopraindicati prevedono una maggiore attenzione nell’igiene prescritta dalle istituzioni ma soprattutto dell’igiene mentale. Evitiamo di contaminare o contaminarci.

Cerchiamo di passare leggeri come l’acqua e che quest’acqua corrente sia pulita, fresca, corroborante e lenitiva di ogni trauma vecchio e nuovo.
In chiusura un saluto e un augurio di Buon Inverno e Buon ritorno alla Luce, con le parole di Raimondo de Muro, Le norme di vita della Nuraghelogia a pag. 95 dal sesto libro dei Racconti della Nuraghelogia.
CCXXXVII
In bia trota camina pàris, in bia pàris camina trotu. (srd)
Nella via tortuosa vai dritto, in quella dritta vai pure distratto. (ita)
Marta JsK