Sarai. Sempre. In ogni mia lacrima.
La consapevolezza a volte fa male. Vi guardate mai indietro cercando di capire il perché di alcune delle vostre scelte peggiori?
Il motivo reale che vi ha spinto in quella direzione?
Mi è successo, di nuovo, ascoltando Silvana De Mari intervistata da Arnaldo Vitangeli.
Il tema? L’aborto.
Una mattina, all’alba dei 31 anni, le loro parole mi hanno trascinato rovinosamente indietro, mi sono sentita come se avessi appena riaperto gli occhi in quel letto d’ospedale e all’improvviso, eccomi. Una quindicenne stanca e disorientata, che con gli occhi socchiusi straparla, mentre il corpo smaltisce gli ultimi residui di anestesia e l’amara lucidità torna a galla prepotente, facendosi spazio a gomitate nella mente annebbiata.
Mi sfioro il ventre con le dita, gli occhi si riempiono di lacrime, per l’ennesima volta.
È fatta. Non c’è più niente.
Me lo ripeto sottovoce, mentre il cuscino bagnato si incolla alla mia guancia e tutto diventa nero, di nuovo.
Me lo ripete anche la ginecologa, il giorno seguente, mentre mi sottopongo all’ultima visita: “Non c’è più niente.”
Rimango impietrita dal tono della sua voce: è freddo, distante, insensibile. Sono spaventata dai suoi gesti: sono veloci, frettolosi e molto bruschi.
Preme forte l’ecografo sulla mia pancia e mi fa male, ma non è niente, paragonato alla voragine che mi si è aperta nel petto, precisamente all’altezza dello sterno. Lancinante.
Non riesco a muovermi e mi sento ancora più in colpa, non credevo di poter stare peggio della sera precedente. Uno dei momenti più dolorosi della mia vita.
Scopro di essere incinta dopo un mese di stanchezza e di sonno continui. Non sono mai stata tanto spossata. Ho vicino mia madre, il mio ragazzo, la vicepreside della scuola, pochi amici, tutti cercano di consigliarmi ma più ascolto, più mi sento confusa.
Terribilmente sola.
Non esistono scuse, mi sono lasciata travolgere dagli eventi ma la decisione è stata mia. Ho scelto. Frastornata e smarrita mi ritrovo all’entrata della sala operatoria con l’agocannula tra mano e polso, la voce dell’anestesista che mi risuona in testa: “Conta fino a tre.”
La mia vena è in fiamme, il braccio brucia da morire e non capisco se è dovuto all’anestesia o se quella sensazione che mi fa andare a fuoco dall’interno è data solo dalla pressione con la quale il farmaco entra dentro di me, in ogni caso: “Uno, due…buio.”
Il resto della storia, ormai, lo conoscete.
Premetto, non è mia intenzione giudicare, polemizzare o imporre un pensiero, anche perché sto ancora cercando di capire quale sia il mio. Magari ci arriverò proprio alla fine di questo nostro viaggio e spero possiate fare lo stesso anche voi. Spero di risultare chiara e mi scuso in anticipo per eventuali errori o imprecisioni.
Qualche spunto per la ricerca:
- Testo legge italiana sull’aborto
- Legge 194: tutti numeri dell’ultimo rapporto del Ministero della Salute
Da questo articolo si evince quanto possa risultare difficile, per una donna, esercitare il suo diritto all’aborto; ma è davvero così? Sarà che raramente mi fido di quello che leggo sulle testate nazionali. Magari sono solo condizionata dalla mia esperienza, dal fatto che già allora non trovai nessun tipo di resistenza, anzi. Forse sono influenzata dai racconti di alcune conoscenti, ragazze alle quali è stata consigliata l’interruzione di gravidanza semplicemente perché ancora molto giovani. Una di queste storie, mi ha lasciato davvero interdetta. Una ragazza si reca in ospedale per la prima ecografia, il suo compagno è con lei e desiderano tenere il bambino, un’infermiera si permette di “consigliarle” l’aborto, così, senza che nessuno le abbia chiesto nulla.
A volte le esperienze personali, come anche le statistiche, possono essere fuorvianti o semplicemente mal interpretate. Partendo da questo presupposto cercherò di essere obiettiva; quale miglior modo per farlo se non affidarsi esclusivamente all’osservazione di ciò che accade?
Aborto, pubblicate le nuove linee guida sulla Ru486. Questo è un fatto. Punto. A prescindere dalle opinioni personali, la direzione sembra ben definita:
Tenuto conto della raccomandazione formulata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) — scrive infatti il ministero — in ordine alla somministrazione di mifepristone e misoprostolo per la donna fino alla 9° settimana di gestazione, delle più aggiornate evidenze scientifiche sull’uso di tali farmaci, nonché del ricorso nella gran parte degli altri Paesi europei al metodo farmacologico di interruzione della gravidanza in regime di day hospital e ambulatoriale, la scrivente Direzione generale ha predisposto le “Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine”.
Da oggi si può abortire prendendo una pillola in ospedale, mezz’ora e si torna a casa. Facile e veloce. Dicono che questo sistema sia sicuro, un traguardo, il diritto all’autonomia e all’autodeterminazione della donna. Se ce lo dicono le più aggiornate evidenze scientifiche, il ministero, l’ OMS e gran parte degli altri Paesi Europei per quale motivo dovremmo dubitare? Come dicevo, la strada è segnata. Giusto o sbagliato, premeditato o meno, ha importanza?
A New York è stata approvata la nuova legge sulla liberalizzazione dell’aborto.
Un altro articolo al riguardo.
Ovviamente Peter Singer è pienamente d’accordo con l’approvazione di questa legge, ritiene che l’aborto a nascita parziale, praticato mediante l’aspirazione del cervello del bimbo, sia una pratica necessaria e pensa che lo stato non dovrebbe contrapporsi tra la madre e il medico, vietando questa tecnica. Secondo lui “è un metodo da praticare per rispettare la volontà della donna che vuole interrompere la gravidanza“.
E ancora: “Molti anni fa, nel 1994, proposi di fare eutanasia fino a un mese dalla nascita. Oggi penso che non dovremmo porre alcun limite temporale“.
Qui la sua intervista.
Singer è un filosofo australiano, eletto “tra i cento uomini più influenti del pianeta” dal Time. Ma non solo.
Sarà anche un folle estremista, a mio avviso, ma è tradotto da Einaudi, i suoi lavori vengono utilizzati nei corsi universitari di tutto il mondo (anche in Italia) ed è stato invitato al festival della filosofia di Mantova. Ricopre una delle cattedre più prestigiose al mondo, quella di bioetica a Princeton. Ha curato le più importanti voci di Etica dell’Enciclopedia britannica e ha già parecchi seguaci. Dalle sue teorie si arriva al parere del Nuffield Council on Bioethics: ai medici del Regno Unito dovrebbe essere imposto l’obbligo di staccare la spina a bambini nati prima delle 22 settimane di gestazione. Imposto l’obbligo? Il parere della madre avrà ancora un minimo di valore?
Alcune delle sue citazioni:
“Né un neonato né un pesce sono persone, uccidere questi esseri non è moralmente così negativo come uccidere una persona.”
“I bambini handicappati non sono persone, è lecito ucciderli.”
“Se si vuole un altro figlio è giusto eliminare quello Down.”
“Anche se il bambino potrà avere una vita senza eccessiva sofferenza, come nel caso della sindrome di Down, ma i genitori pensano che sia un peso eccessivo per loro e vogliono averne un altro, questa può essere una ragione per ucciderlo”
“Se non c’è coscienza, autonomia e comprensione del futuro non c’è persona. I feti, i neonati e i menomati cerebrali non hanno diritto alla vita.”
Dice che non hanno “ capacità di comprendere che esistono nel tempo”. Questo è sufficiente per decidere che non hanno diritto di vivere? Ma soprattutto:
Chi lo può decidere? Lui? Nessuno dovrebbe arrogarsi il diritto di scegliere chi è degno di vivere e chi non lo è. Qui si potrebbe aprire un lungo discorso sull’egoismo, sulla diffusa tendenza sempre più individualista che contraddistingue la nostra società. Chi potrebbe mai pretendere di aver ragione? Come distinguere la vera esigenza dal semplice capriccio?
Lottare a 22 settimane per sopravvivere evidentemente non è pianificare il futuro con razionalità, ma è, senza ombra di dubbio, aggrapparsi con tutte le proprie forze alla vita perché in qualche modo, conscio o inconscio, lo si desidera ardentemente quel futuro, anche se forse non si ha ancora coscienza o percezione del tempo.
Si combatte per la vita anche se non si progettano macchinosamente cose essenziali oggi, quali andare dall’estetista, comprarsi il suv o l’ultimo modello di iPhone.
Quel tipo di lotta, quando un bimbo che si sta strozzando con il cordone ombelicale, come stava accadendo a me, resiste. Quando nasce prematuro, ma resiste. Questa per me è la vera essenza dell’essere, e di conseguenza, del diritto alla vita. Quella più pura, forse.
L’obiettivo è quello di sostituire l’ Etica della Sacralità della vita con l’Etica della Qualità della Vita. Chi sostiene questa dottrina ritiene che il servizio sanitario pubblico sia un danno per la società, lo vorrebbe privato perché è “dovere e responsabilità dell’individuo mantenersi in salute”, ergo: chi ce lo fa fare di pagare le tasse per salvare il culo a un povero bisognoso? Mi chiedo come valuti Singer questo aspetto visto che parla tanto di altruismo, beneficenza ed eliminazione del dolore.
L’etica della Qualità della Vita sostiene, tra le altre cose, l’amore tra uomini e animali. Lo sdoganamento della zoofilia è alle porte? Mi chiedo, di nuovo, come la vede Singer? Un essere con piena coscienza del suo esistere nel tempo, come una capretta, potrà essere “amata” da un umano, che finalmente si sarà lasciato alle spalle tutto il suo “bigottismo” , diventando, grazie a questa infinita “apertura mentale”, un fiero ed orgoglioso uomo, libero dai sensi di colpa. Un uomo nuovo, che per la gioia di Singer non pecca di specismo. Come si stabiliranno i criteri secondo i quali la capretta potrà essere definita consenziente? Ma che discorsi sono?
Certo, immagino sarà molto più semplice stabilire i criteri per decidere chi ha diritto di vivere e chi invece meriterebbe di morire. La cosa più terrificante e subdola di questa “nuova etica della vita” è che alcuni principi sono quantomeno condivisibili, altri possono apparire accettabili o addirittura auspicabili. A mio avviso è proprio questa sconcertante presa di coscienza a rendere le teorie di Singer tanto pericolose quanto insidiose. Perché spesso, soprattutto se si parla di progresso, si commette il grave errore di non calcolare, o come minimo sottovalutare, le derive che ne conseguono.
Visto il suo infinito curriculum, le cariche che ricopre e l’influenza che gli viene attribuita, ha senso giudicare questo personaggio semplicemente come un folle?
I pensieri, soprattutto se parliamo di persone con questo tipo di risonanza, direzionano e plasmano la realtà. Abbiamo il dovere di interrogarci. Per amore dei nostri figli. Quelli nati e…si, anche quelli non nati.
Verso quale realtà ci stiamo dirigendo? Ne siamo consapevoli? Ma soprattutto, ci farà addormentare col cuore quieto e risvegliare con la mente serena?
Tratto da “Utero in affitto” di Enrica Perucchietti:
“Un altro risvolto della situazione attuale, sociale, economica e politica, è il contenimento della popolazione. Un’analisi ad ampio respiro della tematica non può esimersi dall’evidenziare come la crisi economica prima e la teoria del gender di cui ho ampiamente trattato insieme a Gianluca Marletta nel nostro UNISEX concorrano a un obiettivo comune, caro agli architetti del mondialismo: l’abbattimento/contenimento delle nascite.”
Consiglio vivamente la lettura di questo libro e di tutti i lavori curati dalla scrittrice torinese. Anche se il tema è la maternità surrogata questo virgolettato si può sovrapporre perfettamente anche al discorso sulla liberalizzazione sfrenata dell’aborto, che rientra a pieno titolo tra i tanti metodi per il controllo delle nascite.
Qui faremo fischiare le orecchie ai vari Bill Gates, ai vari John Davidson Rockefeller III, a tutti quei ferventi sostenitori del denatalismo, così filantropicamente interessati alla demografia, così umanamente impegnati per il bene comune. Non commento altro perché finirei facilmente fuori tema ma, soprattutto, ci vorrebbe un altro articolo per argomentare questo passaggio.
Arriviamo così a parlare di controllo e limitazione del numero delle nascite e più nello specifico di neomalthusianesimo, teoria demo-sociologica che rivisita in chiave moderna la dottrina economica derivante dal pensiero di Thomas Malthus (1766–1834) economista, filosofo demografo e precursore della moderna sociologia inglese, membro della Royal Society.
Tratto da “Governo globale” di Enrica Perucchietti e Gianluca Marletta:
“Da buon religioso, naturalmente, Malthus vedeva nella castità e nella continenza il rimedio più accettabile moralmente per ridurre la popolazione, ma da ”scienziato” non negava che i “mezzi attraverso i quali tale limitazione si attuava in natura o nelle società erano più spesso di carattere repressivo o preventivo: le vie repressive contemplavano in un caso l’azione della mortalità per mezzo di epidemie, guerre, carestie, ecc. nell’altro una diminuzione della natalità mediante la diffusione di tutti quei comportamenti, tra cui l’adulterio, la sodomia, ecc. che causano una diminuzione delle nascite”.
Davvero un “buon religioso”! La castità è il rimedio più accettabile? Si può dedurre quindi che tutti gli altri metodi siano comunque accettabili, anche se in misura ridotta? L’aborto sarà contemplato? Credo non si possa in alcun modo escludere, soprattutto se parliamo della sua liberalizzazione più estrema.
Non credo in Dio, penso sia importante precisarlo. Non ho mai seguito il movimento pro-life di conseguenza non sono plagiata dalla loro propaganda, come la definisce qualcuno. Queste precisazioni sono essenziali per me, esternarle mi aiuta a risalire all’origine delle mie considerazioni. Sto andando per esclusione.
Ho sempre creduto di essere favorevole all’aborto, o meglio, prima dei quindici anni probabilmente non avevo nemmeno un’opinione tutta mia, quando quell’esperienza ha squarciato il mio mondo ho iniziato a rifletterci, ho preso posizione, ma ormai, non so più in che modo sono arrivata a quelle conclusioni.
Ho smarrito negli anni i miei ragionamenti, oppure ho voluto dimenticarli? Non so più nemmeno questo. Sono stata indulgente con me stessa perché era già una pratica socialmente accettata o semplicemente avevo bisogno di schierarmi da quella parte perché il non farlo mi sarebbe costato caro? Si riduce tutto ad un primordiale meccanismo di difesa? Forse la mia sanità mentale era a rischio e cercavo disperatamente un modo per sentirmi meno vuota. Chissà, forse cercavo solo di giustificarmi, di sentirmi un po’ meno arrabbiata con me stessa. Alla fine, probabilmente, ho nascosto tutto sotto al tappeto mentre cercavo un modo per continuare. Ma continuare cosa? E come?
Ho desiderato e inseguito l’annullamento, in svariati modi e con un discreto successo devo ammettere, attraverso una sorta di smania controllata ed equilibrata che mi ha permesso di non creare troppe preoccupazioni a nessuno, a mia madre prima di tutti. Ho beneficiato di quel tipo di spensieratezza che riconosci di aver avuto solo quando non esiste più, la perdi nell’ esatto istante in cui diventi mamma, viene sostituita da miliardi di pensieri rivolti sempre verso il futuro del tuo cucciolo. Quanto valeva quella spensieratezza? Nella confusione di questi giorni sono arrivata a pensare che nulla potrebbe mai valere una vita. Anche se forse non esistono opinioni universalmente giuste o sbagliate, in cosa credo io, ora? E voi?
Viste le mille risposte che, nel tempo, hai dato a te stessa, è inutile dopo sedici anni continuare a chiedersi perché? Hai scelto con la tua testa o ti sei lasciata condizionare dai consigli di chi ti stava intorno? Dai ragionamenti altrui? Dalla società? Quando ti renderai conto davvero della scelta compiuta, non sarà facile scrollarsi di dosso la sensazione di aver appena commesso l’errore più grande della tua vita. Potrai incasellare tutti i pro e tutti i contro, ma avrai sempre il sentore di aver tralasciato qualcosa di più importante, potrai intavolare tutti i più razionali ragionamenti, ma avrai sempre l’impressione di aver sbagliato.
Forse perché quella decisione potrebbe farti sentire in colpa tutta la vita, c’è la possibilità che tu ti possa pentire un istante dopo aver scelto e quel pentimento potrebbe restare vivido per ogni istante successivo, e non si torna indietro. Al contrario, se sceglierai la vita, quando guarderai negli occhi il tuo piccolo non potrai mai avere rimpianti.
Credo in questo oggi, allo stesso tempo però sono convinta che le cose accadano per una ragione e come capita spesso, i miei pensieri diventano contraddittori ed entro in conflitto. Cosa fare davanti ad una seria malformazione? La brutalità delle affermazioni di Singer potrebbe mai essere giustificata? Se arrivassimo a tanto, regolamentare teorie simili non sarà certo una passeggiata. Non riesco a capire. Stiamo attraversando una premeditata finestra di Overton o si tratta solo di coincidenze evolutive? Siamo stati tutti lentamente manipolati e altrettanto lentamente prendiamo coscienza del fatto che la vita è preziosa, unica e incontrollabile?
Altri spunti di ricerca:
Saggio del 1971 di Judith Jarvis Thomson. Ecco i suoi ragionamenti a supporto dell’aborto. A primo impatto meno condannabili, certo non radicali come quelli di Singer e sempre di aiuto per tentare di crearsi una propria, personale opinione. L’esercizio mentale del violinista:
“Una mattina vi svegliate distesi al fianco di un violinista privo di conoscenza, un violinista molto famoso. Gli è stata diagnosticata una grave insufficienza renale, la società dei musicofilí ha consultato tutti gli archivi medici disponibili e ha scoperto che siete gli unici a possedere il tipo di sangue adatto per la trasfusione. Vi hanno rapito, e la notte precedente il sistema circolatorio del violinista è stato collegato al vostro, in modo che i vostri reni possono depurare il suo sangue così come fanno con il vostro. Il direttore dell’ospedale vi dice ora: «Guardi, siamo spiacenti che la società di musícofili le abbia fatto questo — non l’avremmo mai permesso se l’avessimo saputo. Tuttavia l’hanno fatto e ora il violinista è collegato al suo corpo. Staccarsi vorrebbe dire ucciderlo. Ma non c’è da preoccuparsi, è solo per nove mesi. Per allora sarà guarito dalla sua insufficienza, e potrà essere staccato senza pericoli.» Avete il dovere morale di acconsentire a questa situazione? Farlo sarebbe senza dubbio gentile da parte vostra, molto gentile. Ma dovete acconsentirvi? Che dire se non si trattasse di nove mesi ma di nove anni? O di un periodo ancora più lungo? E se il direttore dell’ospedale dicesse: «È stato sfortunato, ma ora deve rimanere a letto, con il violinista collegato al suo corpo, per il resto dei suoi giorni. Ricordi che ogni persona ha diritto alla vita, e i violinisti sono persone. Certo, lei ha il diritto di decidere cosa avverrà del suo corpo o al suo interno, ma il diritto alla vita di una persona prevale sul suo diritto a decidere cosa avverrà del suo corpo o al suo interno.» Immagino che considerereste queste parole come un affronto, e ciò suggerisce che effettivamente c’è qualcosa di sbagliato in quell’argomento così apparentemente plausibile che ho menzionato poco fa.”
Altro suo pensiero filosofico:
“ Consideriamo questa situazione: semi di persone fluttuano nell’aria come polline, se aprite le finestre uno di questi semi può entrare e mettere radici sul tappeto o sulla tappezzeria. Non desiderate avere bambini, pertanto fissate alle finestre delle cortine di protezione a reticolo, le migliori sul mercato. Ma come talvolta, molto di rado, accade, una delle maglie del reticolo è difettosa; un seme entra in casa e mette radici. La persona-pianta che ora prende a svilupparsi ha il diritto di usare la casa? Sicuramente no — nonostante il fatto che siate state voi ad aprire volontariamente le finestre, a tenere in casa tappeti e tappezzerie, consapevoli che a volte le cortine di protezione presentano delle smagliature. Qualcuno vorrà sostenere che siete responsabili per il seme che ha messo radici, che quindi ha diritto alla vostra casa, perché dopo tutto avreste potuto vivere senza tappeti né tappezzerie, o con finestre e porte sprangate.”
Curioso e paradossale scoprire che una delle obiezioni sollevate contro questo saggio in sostegno dell’aborto è quella di Peter Singer, sostiene che “un calcolo utilitaristico implicherebbe che la persona è moralmente obbligata a lasciare i propri reni collegati al violinista”. Scriverei per ore sulla sensazione di assurdità paradossale che percepisco ma probabilmente finirei per annoiare e in ogni caso penso si commenti abbastanza esaustivamente da sola.
Quello che so per certo è che la tendenza alla mercificazione della vita mediante l’utero in affitto è aberrante e sconvolgente quanto la tendenza alla mercificazione della morte mediante l’aborto. L’uomo ormai è giunto a considerare tutto come fosse una fonte di guadagno e non perde occasione per far girare i soldi, anche dove non dovrebbe. A testimonianza di quanto affermo:
Il mercato dei bambini mai nati: Big Pharma, vaccini e il traffico dei feti abortiti.
Il link al video girato undercover in Planned Parenthood inserito nell’articolo sopracitato non funziona, riporto qui il servizio della CBS che spiega brevemente la storia di David Daleiden, il giornalista che fa parte dell’organizzazione pro-life The Center for Medical Progress, autore delle riprese.
Il Centro per il progresso medico ha pubblicato un nuovo video che spiega come Kamala Harris, in qualità di procuratore generale della California, sia collusa con la Planned Parenthood per fare leva sulla legge californiana sulla registrazione video per punire i rapporti sotto copertura della CMP sui programmi di raccolta di tessuti fetali e di ricerca della Planned Parenthood. Il video di sei minuti presenta il fondatore e presidente della CMP, David Daleiden, che ha sviluppato e orchestrato lo studio sotto copertura dell’organizzazione, durato 30 mesi, sulla Planned Parenthood e la partecipazione dell’industria dell’aborto alla vendita illegale di parti del corpo di feti abortiti, descrivendo come, per volere della Planned Parenthood, Kamala Harris ha fatto irrompere a casa sua degli agenti del Dipartimento di Giustizia della California per cercare di impedirgli di pubblicare i rapporti sotto copertura.
Qui il video tradotto in italiano dal nostro Mer Curio.
Altro importante tassello: Hilary Clinton ha ricevuto, per la sua campagna elettorale, ingenti finanziamenti dall’organizzazione abortista. Qui un’approfondimento ricco di dettagli.
Bad Choices: A Look inside Planned Parenthood di Douglas R. Scott.
Lavonne Wilenken ha lavorato in Planned Parenthood e in questo libro descrive le strategie comunicative utilizzate per convincere le donne ad abortire.
What a nurse saw: eyewitness to abortion di Brenda Pratt- Shafer.
Un’infermiera che ha lavorato in una clinica racconta le sue esperienze ed elenca le tecniche utilizzate per convincere le giovani ragazze a “scegliere” di abortire.
Carol Everett ha scritto Blood Money, “diventare ricchi con il diritto di scelta delle donne”.
Descrive come nelle cliniche si utilizzi la paura per direzionare la scelta. Da notare come la paura sia funzionale in svariati casi, impiegata ad arte, proprio come una sottile strategia manipolatoria. Da notare quanto sia propedeutica al raggiungimento di un obiettivo prestabilito, ben chiaro nella mente di chi applica subdolamente questa tecnica.
Nel libro sono descritte altre inquietanti confessioni, strategie per far sì che le donne rimanessero incinta più facilmente essendo così costrette ad abortire di nuovo, per trasformarle in fedeli clienti soddisfatte. Qui non si tratta più di essere a favore o contro l’aborto, qui entriamo nella più vomitevole mercificazione della vita e della morte e credo di poter affermare con una certa sicurezza che nessuno potrebbe mai mettere in discussione l’atrocità di tutto questo. Mi fa talmente schifo che mi viene da pensare quanto a realtà così sconcertanti manchi solo uno slogan pubblicitario:
“la prima volta è la più difficile, delle successive non ti accorgerai nemmeno.” Scusandomi per lo sprezzante e nero umorismo, continuo.
«Dici a te stesso — afferma l’ex abortista — che stai aiutando quella donna. Sai che è sbagliato, ma dici a te stesso che stai aiutando quelle donne e quindi fai e dici e vedi. Quando una delle mie dipendenti ha avuto una sorta di di crisi di coscienza le ho detto: “Ricorda che hai aiutato una donna, hai aiutato una donna”, e questo era il nostro mantra». (Fonte)
Questo estratto mi ha molto colpita perché una perplessità che spesso sorge spontanea riguarda la buona fede delle persone. Com’è possibile che accada tutto questo? Pur essendo a conoscenza di fatti verificati, dinamiche documentate, testimonianze dirette e indirette affidabili, essendo queste in evidente minoranza, ci si chiede come la massa possa conviverci, e non mi riferisco solo all’aborto.
Fondamentalmente il ragionamento può essere applicato a parecchie situazioni, dai vaccini alla salute in generale, dall’economia alla guerra. Tornando sul tema, seguendo il percorso mentale precedente, una delle risposte più plausibili potrebbe trovarsi nel fatto che non ovunque si verificano certe atrocità, anche se il meccanismo non può essere in alcun modo definito un caso isolato, anzi, più cautamente dovrebbero essere visti come pericolosissimi casi pilota.
La risposta più convincente però si trova proprio tra le righe di quel virgolettato, a mio avviso. Spesso non siamo disposti a guardare la realtà dritta in faccia, spesso risulta difficile essere totalmente sinceri con sé stessi ma soprattutto non siamo disposti a mettere in discussione la nostra intera vita e tutte le nostre certezze. Queste due considerazioni, per me, sono più che sufficienti a smentire le obiezioni sollevate.
“Scartati, la mia vita con l’aborto” di Abby Johnson.
Jane Beville ha raccontato così la sua storia: “Sono stata infermiera per 33 anni, 18 dei quali in sala parto e nel reparto ostetricia ad alto rischio. Non ho mai mai visto un caso in cui sarebbe stato necessario un aborto per salvare la vita di una madre.”
L’esperienza della mia più cara amica mi ha fatto riflettere molto. Una ragazza di ventun’anni incinta di sei mesi si sottopone alla morfologica, la ginecologa riscontra una dilatazione ai reni del bambino, si trova in uno degli ospedali migliori della zona, si è affidata a degli specialisti e le viene detto che il suo piccolo avrà la sindrome di Down, le consigliano di abortire. Lei ha desiderato quel cucciolo per molto tempo, ha già sofferto per un aborto spontaneo e sceglie di portare a termine la gravidanza. Il bimbo nasce perfettamente sano. Avevo vent’anni quando ho conosciuto quel bambino e lui non ne aveva ancora compiuti tre. Abbiamo legato immediatamente, gli voglio un gran bene, come ne voglio alla sua coraggiosissima mamma, ora ha tredici anni, non lo coccolo più ormai, è troppo grande e si sentirebbe in imbarazzo ma è il ragazzino più educato, dolce, responsabile e intelligente che abbia mai conosciuto.
Il video che mi ha riportato indietro riaprendo quelle ferite.
Tiffany Burns condivide con il mondo il suo dolore.
Concludendo, credo ancora che sia un diritto avere la possibilità di scegliere, ma solo dopo aver ricevuto un’informazione completa che possa portare ad una dovuta, necessaria e totale presa di coscienza. L’obiettivo di queste righe è semplice, vorrei solo che il tema non fosse dibattuto solo dai soliti intellettuali, da chi ne è stato toccato personalmente o da cristiani fanatici, e nemmeno solo da chi si interessa semplicemente all’argomento per qualsiasi altro motivo, vorrei che non passasse in secondo piano per nessuno.
Lo ritengo importante e vorrei che ogni individuo sulla faccia della terra si facesse una propria, personale e libera idea al riguardo, scevro da condizionamenti esterni o interni. Pensando solo ed esclusivamente al bene di una mamma e di un bambino. Non sopporto la manipolazione, l’idea che le nostre scelte possano essere volutamente direzionate perché arrivino a coincidere con gli interessi di qualcuno. Non sopporto la strumentalizzazione, l’idea che le legittime battaglie, entrambe sacrosante e condivisibili, per i propri diritti da una parte o per la sacralità della vita dall’altra, possano essere utilizzate per plasmare l’opinione pubblica. Soprattutto se in gioco ci sono i sentimenti di una donna e l’innocenza di una dolce creatura.
~Lely~