Kaspar Hauser, il fanciullo d’Europa
di Paulette Prouse
Kaspar Hauser venne trovato il lunedì di pentecoste del 1828 in una piazza di Norimberga, mal vestito e apparentemente smarrito, come uno vissuto, fino a quel momento, in completo isolamento. La sua età era di circa 16 anni. Le uniche parole che conosceva erano il suo nome e qualche frase per lui priva di significato. Aveva in mano un biglietto nel quale si chiedeva al funzionario cui era indirizzato di ucciderlo o di appenderlo al camino se avesse trovato che egli non era buono a nulla.
Su Kaspar Hauser sono stati scritti un numero incredibile di libri e di articoli, sono stati girati due film e in Germania c’è un raduno annuale dei simpatizzanti del “Fanciullo d’Europa” (das Kind Europa’s), come viene spesso chiamato: già dietro questo nome si nasconde un misterioso fascino.
Per la complessità dell’argomento è molto facile perdersi, così mi limiterò a qualche riflessione di carattere più esteriore, per quanto sia possibile, in questa vicenda, scindere la parte esteriore da quella più esoterica.
Le mie considerazioni sono basate, soprattutto ma non unicamente, sullo studio dei testi di Peter Tradowski – che ho avuto il piacere di conoscere qualche anno fa in occasione di un suo seminario svoltosi a Milano – perché è molto completo e soprattutto perché affronta il tema nell’ottica della Scienza dello spirito.
Prima di fare qualsiasi commento sull’argomento Hauser bisogna tener conto dell’articolo apparso sullo Spiegel nel 1996, in cui viene messo in risalto il fatto che due istituti di ricerche genetiche, uno in Germania e l’altro in Inghilterra, hanno constatato che il sangue trovato su un indumento che Kaspar Hauser avrebbe indossato al momento dell’assassinio non sarebbe quello del figlio di Stephanie de Beauharnais, come ventilato da molti, e quindi non può essere il successore al trono del Baden-Wuertemberg.
In primo luogo si deve tenere in considerazione il margine d’errore nel metodo di queste analisi, tanto più che i ricercatori stessi hanno detto di essere arrivati molto vicini al limite della prova. Anche nella criminologia moderna queste analisi non sono sempre sufficienti per condannare qualcuno.
Nel caso di Kaspar Hauser si tratta di prelievi fatti su un indumento, un presunto indumento di 150 anni fa. Dico “presunto indumento”, perché l’editore dello Spiegel è stato varie volte sollecitato, vanamente, a partecipare a incontri per chiarire alcuni punti essenziali:
1. Dove sono stati custoditi gli indumenti in questione?
2. Chi ha commissionato e pagato le analisi?
Nessuno ha mai risposto a queste domande. Inoltre, il prelievo del sangue con il quale si sono confrontati i risultati di queste analisi, è stato fatto su una lontana discendente di colei che avrebbe dovuto essere la madre.
Si parte sempre dal principio, come nell’ebraismo, che sia la madre a determinare la discendenza.
All’articolo dello Spiegel, che ha suscitato una grande eco, bisogna lasciare lo spazio che merita ogni notizia dei media: sono facilmente manipolabili. Nel caso specifico, la notizia viene emessa come un verdetto dalle altezze della scienza per porre la parola fine alla vecchia
disputa sulle origini di Kaspar Hauser. Ma ha avuto l’effetto opposto, ha riacceso l’interesse per il Fanciullo d’Europa, che ancora oggi esercita un fascino quasi magico su molti uomini.
Come può anche essere una forza misteriosa, occulta che vuole tramandare alla posterità il messaggio che viene dalla corrente di chi lo ha assassinato.
E non poche persone vedono l’articolo dello Spiegel sotto questa luce.
Tuttavia, per onestà intellettuale, dobbiamo prendere in considerazione l’attendibilità di queste analisi. In questo caso verrebbe escluso il crimine dinastico, ma rimarrebbe pur sempre il mistero Kaspar Hauser, il fanciullo trovato nelle strade di Norimberga un lunedì di Pentecoste.
Doveva essere qualcuno di molto importante, tanto da tenerlo, fin dalla più tenera infanzia, chiuso in un luogo buio, dove non poteva mai stare in piedi con due cavallini di legno come unico giocattolo. Nessuno per insegnargli a parlare, solo un uomo vestito di nero col viso coperto gli portava pane e acqua come unico cibo. Per tagliargli le unghie gli veniva somministrato un sonnifero. C’era dunque una grande preoccupazione di non farsi mai riconoscere. Era una situazione molto scomoda, un grosso impegno col rischio della pena di morte nel caso si venisse scoperti.
Se fosse stato un povero balordo, come si era tentato di far credere, perché congegnare un piano così rischioso? Non era più semplice ammazzarlo? E anche se fosse stato l’erede al trono, i crimini dinastici in quell’epoca erano all’ordine del giorno.
Comunque, fra la popolazione serpeggiavano diverse voci, perché regnava una dinastia che non avrebbe dovuto regnare e, nella casata che avrebbe dovuto regnare di diritto, sono successi eventi molto strani: si sussurrava che un figlio appena nato fu sostituito da un altro neonato malato che morì poco tempo dopo. In quella dinastia c’era anche un secondo figlio, di nome Alessandro, che sembra sia stato assassinato.
IL RITROVAMENTO
Ma veniamo al momento dell’apparizione di Kaspar Hauser nelle strade di Norimberga. I primi ad avvistarlo sono due calzolai: lo vedono scendere titubante per la strada, si avvicinano ma non riescono a ricavare nulla dagli strani suoni che emette. Tiene in mano un biglietto con l’indirizzo del capitano della cavalleria.
Lo conducono dal capitano che non è in casa; il giovane rifiuta con disgusto ogni cibo che gli viene offerto, accetta solo pane e acqua e si addormenta pesantemente. Gli accade spesso di piombare in un “sonno profondo: perché il contatto col mondo gli era quasi insopportabile, i suoi sensi così acuti lo mettono a dura prova e se non fosse per la sua eccezionale tempra si sarebbe irrimediabilmente perso, psichicamente”.
Più tardi, quando vede il capitano in uniforme luccicante, Kaspar Hauser rimane affascinato, si mette a toccarlo, a tastarlo in modo puerilmente ingenuo. Si può capire che il capitano rimane scioccato dal comportamento di questo ragazzo che non è più un bambino. Non riesce a ricavare nulla dai discorsi del giovane; senza perdere tempo lo fa condurre alla polizia. E con questo gesto di rifiuto del capitano, si può dire che sia fallito il piano degli avversari di Kaspar Hauser, che volevano farlo sparire nell’anonimato, ne volevano fare un povero garzone di stalla incapace di esprimersi e di comunicare.
Pensavano di aver creato un corpo non più in grado di accogliere un Io. Si rimane impressionati dalle abili mosse dei suoi avversari, perché presuppongono una profonda conoscenza esoterica: il fatto di aver riconosciuto, prima ancora che si incarnasse, l’entità spirituale che stava dietro Kaspar Hauser, la cui missione temevano più di ogni altra cosa.
Ma non hanno tenuto abbastanza conto della sua eccezionale forza spirituale. E della costellazione di incontri con personalità particolari.
Anche i poliziotti non sanno cosa fare del ragazzo. Egli si limita a ripetere senza capo ne coda le poche parole di dialetto che l’uomo in nero gli aveva insegnato. Vuole afferrare la fiamma della candela, si brucia e si mette a piangere. Finalmente scrive con grande difficoltà su un foglio di carta il nome che porterà attraverso il mondo: Kaspar Hauser.
Poi viene condotto nella prigione della torre insieme con un garzone macellaio che ha il compito di tenerlo sotto osservazione. Comincia un periodo di nuove sofferenze.
Presto si sparge la voce sullo strano trovatello. La gente giunge da lontano per vederlo e toccarlo, gli porta dei doni, gli vuole bene. Ma per il fanciullo è troppo, non regge i continui contatti con estranei, è una terribile sofferenza che gli fa rimpiangere la sua cella buia e tranquilla con l’uomo in nero che riteneva essere suo padre.
UN FANCIULLO INNOCENTE
Si può vedere, tuttavia, un aspetto positivo nello strano destino di essere stato messo sotto la sorveglianza del guardiano Hiltel, un uomo semplice, un uomo di cuore che a contatto con i prigionieri si è fatto una sorprendente esperienza di buon osservatore.
Egli ha saputo, infatti, riconoscere in quel giovane scialbo e incapace di esprimersi, la purezza, l’innocenza, il candore. Hiltel dice che vorrebbe tenerlo in casa se non avesse già il peso di otto figli. Ha avuto una prova inconfutabile della sua innocenza quando, insieme con sua moglie, lo hanno spogliato per la prima volta: era naturale come un bambino e non provava alcun imbarazzo per la sua nudità, come se non fosse stato toccato dal peccato originale.
A questo proposito Steiner diceva di non aver rintracciato alcuna incarnazione né prima né dopo della sua vita in Germania. Lo chiamava “l’Atlante”, riferendosi all’antica epoca evolutiva dell’Atlantide in cui esseri spirituali si mescolavano agli uomini per aiutare a portare avanti l’umanità. Non esisteva ancora la scrittura, perché gli uomini avevano una memoria prodigiosa, come Kaspar Hauser prima di aver imparato a leggere e a scrivere. Steiner, in una comunicazione verbale al suo amico, il conte Polster von Hoditz, diceva che Hauser non era un uomo ma un essere della gerarchia degli Angeli, custodito, preservato per svolgere una missione particolare.
Hauser viene messo nelle mani del medico legale Preu, che ha il compito di chiarire se si tratti di un impostore o di un malato. Il risultato delle sue osservazioni recita: “Questo uomo non è né folle, né ritardato, ma è stato allontanato con forza e con la più grande crudeltà da ogni contatto con gli uomini e la società”. Preu fonda il suo rapporto su osservazioni oggettive che risultano soprattutto dalle gambe del ragazzo: nelle ossa Hauser porta l’impronta della sua prigionia. È chiaro che una tale deformazione può essere provocata da una lunga stazione seduta soltanto in un bambino piccolo le cui ossa sono ancora flessibili.
Anche l’autopsia fatta dopo l’assassinio rivelò dei polmoni piccolissimi, non essendo mai stato all’aria aperta, e un fegato enorme che si spiegherebbe per il fatto di aver mangiato sempre solo pane. Successivamente Kaspar Hauser incontra Binder, il borgomastro di Norimberga; ma più che il borgomastro, è l’uomo a occuparsi di questo essere unico. Egli rimane sconvolto davanti a questo fanciullo, parla della sua indescrivibile dolcezza, la bontà che attira chi gli sta intorno; dice che è come una benedizione mandata dal cielo alla città di Norimberga. In effetti Hauser prova compassione per tutti, anche per i suoi carnefici: dice che l’unica cosa che non perdona loro è di non avergli fatto mai vedere il cielo stellato.
Fra coloro che conoscono Kaspar Hauser fin dai primi tempi c’è un certo Feuerbach (anche lui autore di un libro su Hauser), professore di diritto penale e criminologo. Egli cerca di svelare l’enigma della sua nascita e vi arriva molto vicino, ma muore improvvisamente.
Qualcuno sostiene che non sia morto di morte naturale.
Un altro personaggio importantissimo per l’evoluzione di Hauser è Daumer, che lo vede nella prigione della torre e capisce subito che il destino gli impone una missione. Di Daumer, Steiner diceva che era l’ultimo dei Rosacroce. Su proposta del borgomastro, Hauser è affidato a Daumer che lo porta nella casa dove vive con la madre e la sorella. Daumer rimane stupito dalla sua memoria prodigiosa. Gli insegna a leggere e a scrivere, ma dopo qualche tempo devono interrompere gli studi per i terribili mal di testa che si scatenano poco dopo l’inizio delle lezioni. Per un breve periodo Daumer affida a Hauser dei lavori manuali. Poi, a poco a poco riprendono le lezioni perché Hauser ha una grande voglia di imparare.
Migliora la sua salute e anche il suo rapporto col cibo; la sua andatura non è più molto diversa da quella di una persona normale. A questo punto ci sarebbero molti aspetti che andrebbero analizzati sul modo di Kaspar Hauser di relazionarsi con il mondo circostante, come per esempio il suo rapporto col magnetismo per cui percepiva gli esseri viventi e i metalli a grande distanza, vedeva nel buio di notte, sentiva odori impercettibili a un organo normale. I suoi sensi erano di straordinaria acutezza: percepiva molto di più che un uomo comune, ma non aveva concetti. Quando gli diedero una stanza con vista su un giardino fu terrificato.
Più tardi spiegò che aveva la sensazione di una superficie che lo schiacciava perché non aveva il concetto di distanza, di rilievo. Sarebbe un aiuto per lo studio della Filosofia della Libertà in cui Steiner cerca di farci capire la differenza fra la percezione di una cosa e i concetti legati alla cosa. È difficile immaginare le sofferenze di Hauser per il fatto di dover affrontare il mondo senza alcun concetto. A Hauser “mancavano i concetti che gli uomini si costruiscono fin dall’infanzia”.
Nonostante la sua immensa bontà, Hauser non aveva fede, è l’esempio del fatto che l’idea di Dio non è innata nell’uomo, ma gli viene dall’esterno, sia attraverso l’osservazione della natura, sia attraverso l’istruzione o l’esempio.
A questo punto entra in scena un altro personaggio importante, il pastore Fuhrmann (celebre per la sua orazione funebre di Kaspar Hauser, un gioiello della cultura cristiana Mitteleuropea).
Fuhrmann ha il compito di prepare Hauser per la cresima. Non può metterlo insieme ai suoi coetanei che avevano ricevuto un’educazione religiosa fin dall’infanzia, deve prenderlo separatamente. Nei suoi racconti, egli riporta che Hauser non accettava tutto ciecamente, aveva dei dubbi prima di accogliere intimamente il Cristianesimo; era commosso fino alle lacrime per la morte di Cristo sulla croce. Dopo che Fuhrmann gli spiegò che quello era il sacrificio necessario per salvare l’umanità, Hauser tornò sull’argomento dicendo che non era affatto convinto che Dio Padre non avrebbe potuto trovare un’altra soluzione per salvare gli uomini che quella di sacrificare il proprio figlio.
LA FINE
Ma l’epoca relativamente felice finisce quando nella casa di Daumer un uomo mascherato di nero tenta di assassinare Kaspar Hauser; forse il fatto che Hauser aveva manifestato il desiderio di scrivere la propria biografia, risveglia i suoi avversari.
Poco dopo il tentativo di omicidio, Hauser lascia la casa di Daumer che è ritenuta poco sicura.
Il signor Tucher, un negoziante, lo accoglie in casa. Segue un apprendistato in vista di una professione. All’epoca del tentativo d’assassinio, Lord Stanhope, un inglese massone a Norimberga in viaggio d’affari, non sembra interessarsi del famoso Fanciullo d’Europa.
Successivamente, come un serpente, alla maniera di un seduttore, Lord Stanhope si avvicina al giovane inesperto e riesce ad affascinarlo con promesse e regali, lo turba pungolando quel quid di vanità che è in lui. Il Lord è un grande attore e un diplomatico prodigioso, perché in un primo tempo riesce a ingannare tutti, tranne Tucher, il tutore, al quale non sfugge l’influenza nefasta su Hauser.
Disgraziatamente Hauser cade sotto la tutela di Stanhope. Da amico paterno, benefattore, Stanhope si trasforma nel suo peggior nemico. Daumer capì la natura malvagia del Lord solo quando, dopo l’assassinio, questi si recò a casa sua per convincerlo a testimoniare il falso contro il trovatello per infangarne la memoria. Stanhope volle sviare ogni sospetto riguardo all’assassinio, recandosi a Monaco per far timbrare una lettera indirizzata a Hauser, quando l’omicidio era già avvenuto ed era sulla bocca di tutti. Si capisce anche la premeditazione se si tiene conto del fatto che il Lord allontanò Hauser da tutti suoi amici e gli mise vicino il terribile professor Meyer che lo torturava e che, quando l’assassino piantò un coltello nel fegato di Hauser, lo accusa di aver tentato il suicidio per farsi notare. Si è saputo che Stanhope, più tardi, si suicidò in Inghilterra.
Si sa che era un massone, un aristocratico rimasto senza denaro e quasi certamente per lui l’assassinio di Hauser era un crimine dinastico, probabilmente commissionato dalla dinastia usurpatrice; forse Stanhope non era a conoscenza della vera natura spirituale di Kaspar Hauser.
IL MITO
Ma Kaspar Hauser era diventato un mito per la gente. Gli abitanti di Norimberga ricordavano con grande emozione il giorno della cresima nella cappella di S. Gobert, una cappella dei Cavalieri del Cigno: conosciamo il legame fra i rosacroce, ossia i cavalieri del Gral e il simbolo del cigno grazie a Parsifal e a Lohengrin. Quando fu chiesto a Steiner se poteva dare qualche indicazione su un’incarnazione di Cristian Rosacroce, Steiner consigliò di guardare un dipinto di Rembrandt, Il Cavaliere del Cigno al museo di Glasgow.
Durante la cresima di Kaspar Hauser un coro di voci accompagnò la preghiera, ma nell’istante in cui egli si inginocchiò l’emozione che mise nella preghiera ebbe un effetto straordinario sull’assemblea. Ognuno pregò con lui e per lui.
Ma i suoi avversari erano allarmati per la sua evoluzione. Un consiglio segreto decise della sua morte. Fu pugnalato da uno sconosciuto nel giardino di Ansbach. Quando arrivò barcollando a casa, Meyer lo accusò di voler attrarre l’attenzione su di sé e lo costrinse a percorrere la via verso il giardino; come una vera via crucis, lo fece camminare fin quando si accasciò.
Agonizzò e morì il terzo giorno. Con le sue ultime parole espresse il dolore di non aver potuto compiere la sua missione, dicendo che “il mostro è stato più forte”. Ma il mostro non fu così forte da impedire al pastore Fuhrmann di essere presente ai suoi ultimi istanti. Ed egli riportò che al momento della morte, si percepiva la luce del Cristianesimo; “Kaspar Hauser perdona tutti, anche al professor Meyer e al suo assassino”.
Fuhrmann testimoniò che Hauser ha pronunciato le ultime parole di Cristo sulla Croce: “Padre sia fatta la tua volontà, non la mia”.
Malgrado le terribili prove cui fu sottoposto, Kaspar Hauser conservò la fiducia negli uomini; colmo di bontà, egli accettò il suo destino, perdonando chi gli aveva fatto tanto male. Egli ha così trasformato in una vittoria dello spirito la sconfitta sul piano esteriore, ha trasformato il male in bene. Nella sua grande bontà diceva che nessuno gli aveva fatto del male; era una menzogna, ma era una menzogna di Angelo.
tratto da Newsletter Artemedica n. 9, 2008