Kaos – Pandemia
Kaos (Marco Fiorito, 1971-Caserta) è uno dei precursori dell’hip hop in Italia, inizia con le altre arti che contraddistinguono questo movimento: la break dance e i graffiti.
Prosegue come MC e sta anche dietro ai piatti per alcuni suoi lavori, comincia con il rap in inglese per poi passare all’italiano, si può quindi considerare uno degli artisti più completi della scena e un fiero rappresentante del più puro e vero underground.
Che altro aggiungere?
Semplicemente un “dannato” poeta che scuote e fa vibrare la tua anima con le corde vocali, soprattutto dal vivo, quando ci si fonde tutti in un’unico suono, nella stessa vibrazione.
Pandemia.
Curioso, lo so, suona così familiare in questo periodo non è vero?
Pensiamo all’ultima nostra settimana o all’ultimo mese, in realtà potremmo prendere in considerazione l’intero anno.
Si, è passato un anno bella gente.
Quante volte abbiamo sentito o pronunciato questa parola, calcolando anche tutte le sue varianti quali pandeminchia, pseudopandemia, psicopandemia e via dicendo?
Quante volte abbiamo nominato il suo fedele compagno dai petali petalosi o, per stare in tema, le sue varianti più “simpatiche” quali coronavairus, minchiavirus, ginovirus e via dicendo?
Chi ce lo fa fare? A chi importa il numero esatto di volte?
Viene la nausea solo a pensare di doverci pensare quindi andiamo semplicemente avanti tornando indietro. Rewind.
Pandemia.
Non è quello che vi aspettereste di sentire, non è quello di cui vorreste parlare probabilmente o quello che tutti siamo costretti in un modo o nell’altro a subire, è altro.
A mio avviso, uno dei pezzi migliori di kARMA, il terzo album di Kaos.
Sarà che ho lasciato dei pezzi di cuore sottopalco ai live quando la sinergia tra le persone che cantano all’unisono era talmente forte da non riuscire a descriverla e nei momenti difficili mi veniva sempre in mente, mi dava sollievo.
Credo di essermi ripetuta la sua prima rima centinaia di volte, l’avrò cantata davvero centinaia di volte, quando stavo male per qualcosa mettevo le cuffie, lasciavo che la voce rauca di Kaos alleviasse il mio dolore e alleggerisse la zavorra che comprimeva il mio costato.
“A questa vita non ho chiesto niente in fondo
Manco di venire al mondo
Mi domando se c’è un senso e non rispondo”
Può sembrare banale se non ci si presta la dovuta attenzione, la trasformavo in un mantra e rieccheggiava nella mia testa con la sua disarmante elementarità finchè raggiungevo una sorta di rassegnazione cosmica che mi permetteva di superare più facilmente quell’ostacolo.
Giusto o sbagliato andavo avanti e stavo meglio, quando non ce la facevo più a volte svuotavo la testa dalle domande invece di ostinarmi a volerla riempire con le risposte.
A volte se pensi all’universo intero ti rendi conto di quanto piccolo sei e diventano più piccoli anche i tuoi problemi, forse, o semplicemente ti rendi conto che alla fine passerà.
Farai come hai sempre fatto, ti sei lasciata alle spalle l’ostacolo precedente e quello prima ancora, in un modo o nell altro, e così sarà per quello che hai di fronte e per il successivo.
A tal proposito, un amico ha condiviso con me la seguente citazione di Jodorowsky:
“decisi di lasciarmi andare alla corrente, di non fare la minima resistenza al destino, in qualsiasi forma si presentasse. Niente che m’era successo finora era bastato a distruggermi; nulla era andato distrutto, se non le mie illusioni. Io ero intatto. Il mondo era intatto.
Domani poteva anche esserci la rivoluzione, l’epidemia, il terremoto; domani poteva non restare viva un’anima a cui volgersi per compassione, per aiuto, per fede. A me sembrava che la grande calamità già si fosse manifestata, che io non potevo esser più veramente solo che in quel preciso momento. Decisi che non mi sarei attaccato a nulla, che non avrei atteso nulla, che d’ora in poi avrei vissuto come un animale, una bestia da preda, un pirata, un predone.”
Riassume bene lo stato d’animo che ho cercato di descrivere.
Ti eclissi, oscurando la tua carcassa per proteggerla, per proteggere quel che ancora è restato intero.
“Nascondo quel che è rimasto di me stesso
Ma ora il tempo sta scadendo e sono ancora in questo posto”
Non so perchè ho sempre pensato a questa interpretazione, il bello di certi testi è proprio questo, ti si modellano addosso, ti entrano nell’anima e non puoi più farne a meno.
Pensando al tempo e alla sua fine, se di fine si può parlare, nascondi quello che ti è rimasto attaccato di buono dopo l’ultimo scontro con la vita, seppellisci quella parte di te per non rischiare di perderla del tutto ma la linea è sottile e così facendo rischi di rinunciare a questo luogo e a questo tempo.
Potresti pagare un prezzo molto più alto di quanto quella parte di te vorrebbe, la tua anima che si arrende e ormai sepolta, non è più in grado di protestare.
Per Kaos il seguente passaggio è forse una provocazione verso Dio?
Verso la promessa di un paradiso dove il dolore non esiste nonostante il peso di essere giudicati tutti colpevoli dalla nascita, macchiati dal peccato originale.
“Il resto è sentenza che mi ha visto già colpevole
Insisto su un punto debole: sto Dio c’ha troppe regole”
Ci si potrebbe domandare come può la semplicità dell’essere, dell’uno nel tutto, sottostare alla complessità imposta dalla religione che appare sempre più umanizzata, sempre più subordinata al pensiero dell’uomo con tutti i suoi difetti, sempre più lontana da quello che dovrebbe rappresentare, specchio della vera essenza di Dio.
Segue una delle considerazioni più comuni, una delle classiche domande che non è possibile evitare nel disquisire sull’esistenza di un Dio: perchè mai avrebbe creato il male?
Credo sia capitato a tutti di chiederselo almeno una volta nella vita e anche il passo successivo viene abbastanza naturale, il rendersi conto di non desiderare il perdono di nessuno perchè la colpa che ci è stata tramandata, l’affronto commesso dai progenitori dell’umanità, non sembra nemmeno lontanamente paragonabile alla cattiveria e all’ingiustizia che caratterizzano il nostro mondo terreno, considerato appunto un inferno fin troppo reale e tangibile.
Con paradiso artificiale potrebbe far riferimento sia alla ricerca di un benessere riprodotto e sintetico, sia alla messa in discussione della sua vera esistenza, tornando al discorso delle imposizioni religiose e all’attribuzione antropomorfa che ne deriva.
Un’altro passaggio che risulta immediato è il constatare quanto tutto appaia capovolto e privo di ogni logica mentre si cerca di comprendere la sua legge che di nuovo, non fa pensare a un qualcosa di sacro e divino, ma si mostra più funzionale all’egoismo della nostra civiltà e alla sua viscerale necessità di dominio.
Kaos conclude la prima strofa sottolineando una contraddizione che può passare inosservata, nel Padre Nostro si recita: “non indurci in tentazione ma liberaci dal male” anche se da sempre ci viene insegnato che a tentarci è invece il maligno.
Un’altro dubbio che sorge spontaneo riguarda proprio la traduzione dal greco di quel verso, che è stata oggetto di controversia.
Alcuni ritengono sia esatta l’originale, tradotta letteralmente con il verbo “indurre” mentre per altri andrebbe sostituita con la più morbida e probabilmente politicamente corretta: “non abbandonarci nella tentazione”.
Sarà che si adatta sicuramente meglio alla narrazione della nostra cara Diocesi?
Perchè mettere in dubbio la correttezza della traduzione proprio quando iniziano a sollevarsi le obiezioni che fanno emergere le incongruenze con alcune parti della versione cattolica ufficiale? Uno spunto per approfondire.
Arriviamo così a riflettere sulla differenza tra due elementi che potrebbero essere considerati una cosa sola ma sembrano sempre più distanti l’uno dall’altro.
Da una parte la Chiesa come istituzione con tutti i coinvolgimenti che ne derivano, dall’ancestrale bisogno di controllo al più moderno e capitalistico interesse economico, la Chiesa strettamente legata all’uomo e di conseguenza inscindibile dalla sua innata corruttibilità.
Dall’altra parte la sacralità della religione.
Possono apparire come linee parallele che osservate da una particolare prospettiva sembrano sovrapporsi ma in realtà non si incontrano mai veramente.
Il ritornello parte con le parole che si pronunciano mentre si fa il segno della croce e racchiude nella frase successiva tutte le perplessità esposte nella canzone, Kaos fa riferimento ad un equivoco e si domanda quanto di veramente sacro ci sia in questo credo, che si trova in una situazione sempre più precaria.
Siamo immersi nelle tentazioni con dei comandamenti da osservare, siamo istigati a peccare, minacciati dalle fiamme e allo stesso tempo ricattati con la promessa della vita eterna.
Si apre la seconda strofa riproponendo un verso sul peccato originale e introducendo il libero arbitrio che non può di certo essere esercitato dal bambino nel momento del suo battesimo.
Allo stesso modo, non è stato interpellato nessuno, non è servito alcun secondo parere quando è stato creato l’inferno appositamente per punire chi disobbediva, nonostante Dio venga dipinto come misericordioso e disposto a perdonare tutto e tutti, un’altra contraddizione che fa notare Kaos in modo implicito stavolta, solo accostando all’amore infinito la creazione degli inferi.
Nel verso successivo quel “Dov’era?” potrebbe riferirsi di nuovo al concetto di libero arbitrio ma potrebbe anche essere rivolto direttamente a Dio, che nei momenti difficili viene invocato spesso e in mancanza di un segno ci si rassegna alla perdita della fede, alla scomparsa di ogni speranza.
Citando De Andrè:
“Non nominare il nome di Dio, non nominarlo invano
con un coltello piantato nel fianco, gridai la mia pena e il suo nome.
Ma forse era stanco forse troppo occupato, e non ascoltò il mio dolore.
Ma forse era stanco, forse troppo lontano, davvero lo nominai invano.”
Spesso quando si soffre a causa dei comportamenti “umani” ci si interroga sulla fede, il pensiero vola verso l’uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio, la domanda sorge quindi spontanea, se davvero siamo le sue copie alberga anche in lui, come in noi, la parte oscura che è artefice o che permette le più ignobili atrocità?
Su questa linea arriviamo ad analizzare la figura di Lucifero che viene presentata dalla Chiesa come oltraggiosa e sbagliata.
Premetto, non è mia intenzione urtare la sensibilità di nessuno, non ho risposte in tasca e quello che sto per scrivere ha per me una connotazione esclusivamente simbolica e figurativa.
Cercando di mettere da parte ogni preconcetto, senza soffermarci a speculare sulle varie teorie riguardanti le differenze tra Satana e l’angelo caduto, prendendo in esame solo ed esclusivamente i “fatti” che la Bibbia ci narra e l’interpretazione del Cristianesimo, si potrebbe in effetti considerare il “portatore di luce”, appunto, come quello che appare: un semplice rivoluzionario, un dissidente che si è ribellato ed è stato esiliato.
Che abbia cercato di aprire gli occhi dell’uomo sull’illusione nella quale viveva la sua esistenza?
Tentandolo con quel frutto proibito, con l’albero della conoscenza?
Anche se può far inorridire perchè inverte ogni prospettiva, viene quasi spontaneo azzardare un paragone tra il regno dei cieli e il nostro sistema attuale, che mette al rogo chi dissente e chi è in cerca di verità.
Non poteva mancare una forte critica alla Chiesa.
Nonostante le belle parole scritte sul breviario a proposito degli emarginati credo che nemmeno il più convinto credente possa negare la presenza di questa forbice “invisibile” che sta dividendo i pochissimi ricchi dai moltissimi poveri.
Innegabili anche i rapporti con lo Stato e il sangue che è stato versato negli anni tra crociate e terribili delitti isolati, come non si può negare la sconfinata ricchezza in ballo.
Una sera, gironzolando a Roma, misi qualche moneta nel cappello di un senzatetto, uno che in strada ci viveva davvero, non uno di quelli con le scarpe in ordine.
Il mattino dopo mi ritrovai malauguratamente incastrata nei musei del Vaticano, in un soleggiato giorno di primavera, quando in realtà avrei voluto essere altrove, a Parco Savello magari…se non direttamente verso Roma Sud, al Villaggio Globale magari.
Ripensai alle scarpe di quell’uomo e l’infinita quantità di oro sparsa in ogni angolo mi parve indecente e mi fece venire la nausea, circondata da tutta quella opprimente magnificenza e da quello sfarzo asfissiante…quasi mi mancò l’aria.
Sono passati 15 anni e ancora ricordo, come fosse ieri, quel fastidio che grattava dall’interno e quella pressione che percepivo dall’esterno.
Iniziai quindi ad allungare il passo verso la porta con la freccia che indicava l’uscita, ma per ogni salone attraversato, dopo ogni fottuto corridoio, ecco una nuova fottuta porta con attaccata una nuova fottuta freccia.
Questa cosa amplificò le mie brutte sensazioni e alla fine mi spazientii, iniziai a correre.
Ve le immaginate le espressioni sui volti dei turisti?
Finalmente fuori, presi una boccata d’aria e sgattaiolai nel primo barettino che incontrai per farmi una birra, che in quel momento fu necessaria, come l’ossigeno.
Mi resi conto di quanto poco avessi in comune con realtà di quel tipo e di quanto sentissi il bisogno di allontanarmi.
Come Kaos, preferii la scomunica.
Aneddoto finito, possiamo andare avanti.
Quando fa riferimento al “disegno più grande” credo voglia andare oltre i recinti che la religione alza, per avvicinarsi alla vera essenza, per tentare di capire davvero chi siamo e perchè siamo qui.
I quesiti si moltiplicano perchè più ci si sforza di comprendere ma soprattutto più si crede di capire, maggiori saranno gli interrogativi.
Il sangue sulla lapide che si espande può rappresentare proprio l’efferratezza dei peccati della Chiesa ma essendo collocato appena dopo le domande che aumentano inesorabilmente con la consapevolezza, può allo stesso tempo essere paragonato alla sete di conoscenza che accomuna chi è in fase di ricerca da una vita.
“Penitenziatige” è l’abbreviazione in volgare di questa frase latina: «Poenitentiam agite, appropinquavit enim regnum caelorum», significa «Fate penitenza, ché il regno dei cieli è vicino» e considerati gli spargimenti di sangue sopracitati, non ha bisogno di alcun commento.
La terza strofa parte con un ultimatum che Kaos sembra dare a se stesso, rompere definitivamente e allontanarsi quindi per sempre dal mondo religioso o decidere di restarci incarnando le sue contraddizioni.
Ci mette un millesimo di secondo a scegliere, dopo tanto implorare e chissà quanti tentativi, dice basta, vivere una vita col collare per un’evanescente promessa di pace, anche se tra sicurezze ed agi, non è facilmente accettabile e sopportabile da tutti, inoltre è arrivato a pensare che ci sia davvero poco di “concreto” in quanto professa la religione, vista più come un’antica forma di controllo collaudata nei secoli, che come la vera espressione del divino.
Torniamo alla ricerca della verità che può sopraffare e consumare se non viene vissuta e gestita con lo spirito adatto a decifrare e a metabolizzare la crescita, se non si è disposti ogni tanto a lasciar andare, a volte ad accettare di tornarci quando sarà il momento e soprattutto ad avere la mente tanto aperta da riuscire a mettere continuamente in discussione se stessi e tutte le proprie certezze, per superare quindi ogni condizionamento, interno od esterno che sia.
Da sempre l’uomo detta legge provando a far passare le sue “verità” come assolute, tentando di nascondere quelle meno funzionali alla sua visione del mondo o peggio, ai suoi interessi, cercando di sopprimere tutte le alternative scomode.
Può essere dovuto ad un subdolo meccanismo mentale che ci spinge a voler avere conferma della nostra lettura?
A volerla rinforzare attraverso l’imposizione?
“In girum imus nocte et consumimur igni” è una frase latina palindroma, che da destra come da sinistra significa “Giriamo in tondo nel buio e siamo divorati dal fuoco”.
Lascio all’ultimo verso libera interpretazione anche perchè la mia si deduce facilmente dai paragrafi sopra e credo di essermi già dilungata troppo come al solito.
3 COMMENTI
Ho letto il tuo articolo, e il testo della canzone, credo sia doveroso fare un distinguo, un separazione netta con la religione e con Dio, non sono affatto correlate le due cose
Dio non ha inventato nessuna religione, anzi ti dirò di più, se leggi attentamente i Vangeli, ti accorgerai come Gesù riprendeva spesso e sempre i religiosi, che tra l’altro erano quelli che lo volevamo far morire.
Egli non ha alcun interesse a tenere l’uomo con il “guinzaglio”, anzi, Lui ci attira a Se con cordami d’Amore;
invece l’uomo si, ha inventato qualcosa che impedirà con ogni modo e maniera di conoscere Colui che ci ha creato.
Se riflettiamo solo un momento, e non facciamo parlare troppo le nostre stupide “ragioni”, ci rendiamo conto che a volte accusiamo Dio di troppe cose, e ci piace metterLo da parte quando ci piace fare come ci pare…poi, magari finiamo nei guai ed è colpa Sua, è troppo comodo, questo è già successo, proprio all’inizio, quando l’uomo ha trasgredito nel giardino, in Genesi Cap 3 versi 10, 11, 12, 13
il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Adamo rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto».
Dio riprese: «Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?».
Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». La donna rispose: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».
Come possiamo vedere c’è uno scaricabarile, e questo atteggiamento ce lo portiamo sempre dietro, è sempre colpa di Dio, o di qualcun altro, quando invece noi siamo gli atrefici di noi stessi e delle nostre scelte, oggi puoi decidere di parlare tu, o di far parlare Dio, di tapparti le orecchie e crogiolarti nei tuoi malanimi, o di accettare l’immensa Grazia gratuita donata da Dio Padre per mezzo di Gesù che Dio stesso ci ha donato per liberarci, si perché è Gesù Cristo che ha preso su di Se il nostro fallimento, la nostra incapacità di poterci salvare da soli, noi non lo possiamo fare, non siamo in grado di poter fare nulla da soli, e solo quando capiamo che abbiamo bisogno di aiuto, chiediamo aiuto.
Nel Vangelo di Giovanni al cap. 9, versi 39, 40, 41
Gesù allora disse: «Io sono venuto in questo mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi». Alcuni dei farisei (religiosi), che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo forse ciechi anche noi?».
Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane».
Come puoi leggere, anche in questo caso Gesù riprende i farisei, i religiosi che credevano che adempiendo alla legge, potevano redimersi dai loro peccati.
Attenzione, la legge che Dio ha dato al suo popolo era necessaria e giusta, ma con l’arrivo di Gesù le cose cambiano, nel senso che, Lui non ha abolito la legge, ma l’ha adempiuta Egli Stesso sapendo che l’uomo non può adempiere tutta la legge senza mai sbagliare, ed è per questo che era ed è necessaria la GRAZIA.
A volte ci sentiamo così superiori da giudicare Dio, dicendoGli cosa deve fare, dovremo invece chiedere, Signore cosa è bene per me?
Possiamo dire che a volte chiediamo aiuto, ma non ci viene l’aiuto richiesto, chi lo può dire, a volte chiediamo cose che ci fanno male e non ce ne rendiamo conto; potremo paragonare questo con un genitore, se un genitore dice di no al figlio, non vuol dire che non ama suo figlio, anche se suo figlio, non ne capisce il motivo e quindi può pensare che il genitore non lo ami.
Quante volte nel rapporto con i nostri genitori abbiamo vissuto momenti di sconforto quando ci hanno detto no per qualche motivo, e noi a nostra volta abbiamo dubitato del loro amore, quando invece era per amore che lo hanno fatto?
Altre volte il Signore può rispondere donandoci una cosa diversa da quella che Gli avevamo chiesto, che potrebbe sembrare che non ci sia utile, invece poi si rivela utile.
Cerchiamo di avere una apertura mentale riguardo al nostro Dio, l’uomo guidato spesso dal maligno ci acceca le menti facendoci fare questo ragionamento: se Dio fosse buono, non ci sarebbe il male sulla terra, oppure se Dio esiste non vivrei questa situazione…ecc, ecc.
Ma facciamo un passo a ritroso e vediamo che Dio nel Suo progetto di creazione non aveva affatto incluso il male, perché il male è una entità a sestante, e non una parte di Dio, e siccome è la parte che odia Dio, ha fatto in modo di contaminare la Sua creazione.
Domanda: ma Dio, non ha tutto sotto controllo?
Certamente ed è per questo motivo che spetta a Lui l’ultima parola, ed ha provveduto subito una soluzione, infatti l’uomo subito dopo aver trasgredito, si coprì con foglie di fico, mentre Dio sacrificò degli aninali innocenti per coprire l’uomo con delle pelli, certamente in questo caso, possiamo vedere la differenza di come noi provvediamo da noi stessi con cose di poco conto (foglie), mente Dio ci copre con qualcosa che dura nel tempo, che non si logora così in fretta e che rimane intatta, come la Sua infinita GRAZIA, che ci ha donato per mezzo del Suo Amato Figlio Gesù.
In questo già si vede la Sua bellezza, perché sin dalla creazione Lui ha provveduto alla Sua creatura dandoci Gesù, infinita bellezza, infinita grazia, infinita armonia, infinito amore.
Che centra Gesù con la religione?
Niente di niente, gli uomini hanno fatto guerre e ucciso persone in nome di un dio creato dalle loro menti perverse, mostrandoci un dio che è giudice e ci controlla a ogni angolo della nostra vita, che non ci da tregua perché ci fa sentire peccatori e giudicati.
Ma è davvero così? O è di nuovo l’opera di satana eterno nemico di Dio, che per sua scelta si oppose a Dio volendosi fare uguale a Dio, inorgoglito dalla sua bellezza, e qui di nuovo abbiamo un grave peccato, l’orgoglio, ammettiamolo, anche noi a volte siamo così pieni di orgoglio, così pieni di noi stessi da diventare così ciechi da non vedere più niente che noi, noi, noi….io, io, io….
Giovanni 8,12
Di nuovo Gesù parlò loro: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita».
Ti sembra una dichiarazione di poco conto?
Si capisce chiaramente dal tuo articolo che c’è sete di Dio nel tuo cuore, come del resto in ognuno di noi c’è sete di Dio, c’è una sorta di nostalgia, di voler di nuovo ritornare a quella armonia perduta, a quella pace che non ha niente a che vedete con quella artificiale creata dall’uomo, fatta di sostanze artificiali, come rifugiarsi in circostanze o meglio in concetti o sonetti creati per farci essere ancora più ribelli, ancora più lontani, ancora più giudici di un Creatore assai perfetto e senza ombre.
“Egli non triterà la canna rotta e non spegnerà il lucignolo fumante, finché non abbia fatto trionfare la giustizia” (Matteo 12:20).
Vedi la delicatezza di Dio, Egli non ci tritura come fa la religione, non ci spegne come fa il giudizio della stessa, ma il Signore farà in modo di ricondurci sui sentieri della giustizia, cioè sui sentieri che riconducono a Lui, sempre per mezzo di Gesù, Lui ha preso su di se le nostre trasgressioni, ti invito a leggere il capitolo 53 del libro di Isaia, non lo scrivo, perché è lungo, ma è di grande rivelazione.
Nella infinita sapienza di Dio, c’è anche il modo di mostrarsi all’uomo, lo dice nel libro dei Salmi al Salmo 18: versi 25-26
Tu ti mostri pietoso verso il pio,
integro verso l’uomo integro;
ti mostri puro con il puro
e ti mostri astuto con il perverso.
Vedi, cosa dovremo insegnare noi a Dio, Lui ci conosce, conosce il nostro cuore, quindi tu come vedi Dio, Dio si farà vedere a te, se Lo cerchi si farà trovare,
In Geremia al cap.29: versi13, 14 dice:
Voi mi cercherete e mi troverete, perché mi cercherete con tutto il vostro cuore; e io mi lascerò trovare da voi, dice l’Eterno.
Quanti in questi ultimi tempi hanno denigrato e giudicato la Sua Parola, ma ella sussiste ancora, ed è per il nostro ammaestramento, per la nostra crescita, possiamo dire: io non capisco niente di quello che c’è scritto, perché per capirla dobbiamo chiedere al Signore la guida dello Spirito Santo, e dobbiamo metterci in ascolto, perché Egli la rivelerà al nostro cuore, e ci dissetera’ secondo la nostra sete.
Quanta sete hai di conoscerLo?
In base al tuo desiderio Egli si farà conoscere, e quando questo accadrà, ti meraviglierai di una assoluta meraviglia, perché saprai e vedrai che Lui è Vivente,
non è una esperienza mistica, perché non è per le tue forze, ma la Sua forza a sostenerti, guidarti, ammaestrati, lo ha fatto con me, che lo odiavo, lo può fare anche con te, che forse non lo odi, ma nemmeno lo ami.
Io adesso lo amo, immensamente e non è una religione, ma l’essere più bello dell’universo Gesù la Roccia Eterna❤
Il Signore Gesù ti benedica e ti dia grazia di incontrarLo.
Scusami se ho pubblicato 2 volte, ma non c’era il primo pezzo.
Ciao Annarita, grazie per il tuo commento ricco di spunti. Ci rifletterò e appena avrò un po’ più di tempo a disposizione ti risponderò meglio, perchè in questo periodo sono troppo impegnata e non riuscirei ad essere esaustiva! Un abbraccio…a pretso!
Ciao Annarita, inizio a buttar giù due pensieri, per cominciare volevo dirti che penso anche io sia doveroso sottolineare la distinzione tra religione/chiesa e Dio (Divino che può assumere significati diversi in base alla concezione e alle credenze/certezze/supposizioni/domande insite in ognuno di noi, Divino che può avere forme e manifestazioni differenti in base alla realtà e al vissuto di noi tutti, individui unici e irripetibili.)
Questa distinzione credo di averla già ampiamente sostenuta in alcuni passaggi dell’articolo:
“Ci si potrebbe domandare come può la semplicità dell’essere, dell’uno nel tutto, sottostare alla complessità imposta dalla religione che appare sempre più umanizzata, sempre più subordinata al pensiero dell’uomo con tutti i suoi difetti, sempre più lontana da quello che dovrebbe rappresentare, specchio della vera essenza di Dio…
…tornando al discorso delle imposizioni religiose e all’attribuzione antropomorfa che ne deriva…
Un’altro passaggio che risulta immediato è il constatare quanto tutto appaia capovolto e privo di ogni logica mentre si cerca di comprendere la sua legge che di nuovo, non fa pensare a un qualcosa di sacro e divino, ma si mostra più funzionale all’egoismo della nostra civiltà e alla sua viscerale necessità di dominio…
Arriviamo così a riflettere sulla differenza tra due elementi che potrebbero essere considerati una cosa sola ma sembrano sempre più distanti l’uno dall’altro.
Da una parte la Chiesa come istituzione con tutti i coinvolgimenti che ne derivano, dall’ancestrale bisogno di controllo al più moderno e capitalistico interesse economico, la Chiesa strettamente legata all’uomo e di conseguenza inscindibile dalla sua innata corruttibilità.
Dall’altra parte la sacralità della religione.
Possono apparire come linee parallele che osservate da una particolare prospettiva sembrano sovrapporsi ma in realtà non si incontrano mai veramente…
…è arrivato a pensare che ci sia davvero poco di “concreto” in quanto professa la religione, vista più come un’antica forma di controllo collaudata nei secoli, che come la vera espressione del divino.”
Continuo quindi trovandomi d’accordo anche con questa tua affermazione:
“invece l’uomo si, ha inventato qualcosa che impedirà con ogni modo e maniera di conoscere Colui che ci ha creato.”
Credo che tu abbia ragione anche qui:
“Se riflettiamo solo un momento, e non facciamo parlare troppo le nostre stupide “ragioni”, ci rendiamo conto che a volte accusiamo Dio di troppe cose, e ci piace metterLo da parte quando ci piace fare come ci pare…poi, magari finiamo nei guai ed è colpa Sua, è troppo comodo”
Questo è un atteggiamento comune, in effetti non c’è bisogno di scomodare Dio per trovarlo. Le persone danno continuamente la colpa a qualcun’altro, che si tratti del compagno, del figlio, del nipote, del datore di lavoro.
Lo riassumi bene nella tua trascrizione dalla Genesi.
Credo che probabilmente quando la responsabilità non è immediatamente e plausibilmente riconducibile a nessuno di più vicino o di più terreno, l’ultimo scaricabarile sia inevitabilmente Lui.
“A volte ci sentiamo così superiori da giudicare Dio, dicendoGli cosa deve fare, dovremo invece chiedere, Signore cosa è bene per me?”
Un’altro punto sul quale siamo in sintonia, il giudizio è onnipresente, per me dovrebbe sparire dalla faccia della terra, invece non è solo Dio a doverci fare i conti tutti i giorni.
Mi riallaccio al fatto che siamo noi gli artefici del nostro destino e sono convinta valga lo stesso in questo caso, il giudizio esiste, sta a noi trovare la forza per non curarcene. Anche se non mi è mai capitato di giudicare Dio (alla peggio metto in dubbio la sua esistenza per come ci è stata raccontata), ho ancora del lavoro da fare, sia in un senso che nell’altro, a volte non si punta il dito ma si giudica comunque inconsciamente, l’importante è rendersene conto e piano piano destrutturarsi. Non so il resto del mondo come se la vive ma per me non è stato facile raggiungere il grado di indifferenza che sento di avere ora. Mi ritengo abbastanza soddisfatta perchè molto dipende da chi si trova nei panni del giudice e riconosco che finalmente oggi mi interessa del giudizio di pochissime persone.
“potremo paragonare questo con un genitore, se un genitore dice di no al figlio, non vuol dire che non ama suo figlio, anche se suo figlio, non ne capisce il motivo e quindi può pensare che il genitore non lo ami.”
Credo che il dialogo in questo caso sia tutto.
“il male è una entità a sestante, e non una parte di Dio, e siccome è la parte che odia Dio, ha fatto in modo di contaminare la Sua creazione.”
Qui mi sto perdendo. Ma Dio non è semplicemente tutto? Non è in ogni cosa?
Onnipresente e onniscente?
“Dio sacrificò degli aninali innocenti per coprire l’uomo con delle pelli, certamente in questo caso, possiamo vedere la differenza di come noi provvediamo da noi stessi con cose di poco conto (foglie), mente Dio ci copre con qualcosa che dura nel tempo, che non si logora così in fretta e che rimane intatta”
Quindi deduco che per Lui noi siamo più importanti degli animali, che non hanno anima, qualsiasi cosa significhi.
“e qui di nuovo abbiamo un grave peccato, l’orgoglio, ammettiamolo, anche noi a volte siamo così pieni di orgoglio, così pieni di noi stessi da diventare così ciechi da non vedere più niente che noi, noi, noi…io, io, io…”
Vero, un altro atteggiamento diffusissimo, anche su questo peccato mi sento relativamente tranquilla, mi preoccuperei più di altro…ahahahhah…però vedi, solo il fatto di aver sentito il bisogno di puntualizzarlo mi rende orgogliosa, c’è sempre da lavorare.
Forse perchè convivendo con una grossa parte autosabotatrice sto cercando di non vedere il riconoscimento dei propri progressi come una cosa universalmente negativa, ovviamente tenendosi alla larga dall’egocentrismo, dall’ostentazione e dalla superbia.
“Si capisce chiaramente dal tuo articolo che c’è sete di Dio nel tuo cuore…come rifugiarsi in circostanze o meglio in concetti o sonetti creati per farci essere ancora più ribelli”
Non saprei cosa risponderti qui, non sono stati i versi di Kaos a rendermi “ribelle” e non so nemmeno se quell’aggettivo mi identifica davvero, forse un tempo, ho avuto un bello scambio di opinioni con un vero amico su questo. Nei pensieri di Kaos mi ci sono semplicemente rispecchiata e non sento sete di Dio, non consapevolmente almeno.
Vorrei solo crescere mio figlio in un mondo più giusto e ammetto senza ipocrisia di essere egoista pensando questo ma provo a migliorarmi sempre.
“Egli non triterà la canna rotta e non spegnerà il lucignolo fumante, finché non abbia fatto trionfare la giustizia” (Matteo 12:20).
Infatti qui ti dico…sperem! =)
“Che centra Gesù con la religione? Niente di niente, gli uomini hanno fatto guerre e ucciso persone in nome di un dio creato dalle loro menti perverse”
Anche su questo punto pienamente d’accordo ma c’è un piccolo dettaglio che non riesco a togliermi dalla testa e rischia di rendere vani tutti i ragionamenti possibili, proprio in riferimento alla tua sopracitata affermazione.
“Giovanni 8,12
Di nuovo Gesù parlò loro: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita».
Ti sembra una dichiarazione di poco conto?”
No, non mi sembra una dichiarazione di poco conto, per niente, ma…c’è un ma.
Potremmo stare a disquisire su Dio all’infinito ma, se ci basiamo sui Vangeli che sono stati scritti dagli uomini per gli uomini, con un linguaggio umano su materia terrena, di che cosa stiamo parlando alla fine?
Mi fa comunque tanto piacere il tuo augurio e nonostante il mio ultimo pensiero proverò a leggere quanto prima il capitolo 53 del libro di Isaia.
Un abbraccio!