Artificial Kid – Il Sistema
Ai concerti le voci si sovrappongono, si uniscono, diventano una cosa sola.
A volte ho il timore di dimenticare, ma quando ancoro un ricordo come quello fissato nello scatto qui sopra, ricordo anche l’intensità di certi attimi, è indelebile.
“Il mio grido di allarme verso un mondo sordo che non si accorge più di nulla e che sta sempre più perdendo la sua umanità. Ecco, penso che il concetto intorno al quale ruota tutto il disco sia proprio il significato di “essere umano”.
Con queste parole Danno (Simone Eleuteri) dei Colle Der Fomento, considerati uno dei migliori gruppi underground in Italia, racchiude il messaggio principale insito in “Numero 47”, l’album dal quale è tratto il pezzo che analizzeremo, prodotto dagli Artificial Kid (Danno alla voce, StabbyoBoy alle produzioni musicali, DJ Craim agli scratch e Champa alla grafica) uniti proprio da questo unico progetto sperimentale di cyberpunkrap.
CRAIM: “Credo sia il modo migliore per rappresentare quello che ci sta succedendo intorno. Il problema è che la realtà è peggiore della fantasia.”
Qui l’intervista. Ricordo di aver sorriso dall’inizio alla fine mentre leggevo gli aneddoti e i dietro le quinte della produzione.
STABBYOBOY: “In questo periodo sono stressato, sono in fase di recupero psicofisico per 543584384 motivi diversi ma riesco comunque a mettermi sulle mie macchine con l’intento di fare sempre qualcosa. Sto producendo alcuni beat per alcuni soggetti poco raccomandabili della scena romana, DEVO chiudere il disco con Fabiana Fondi per il progetto Liquid Minds e devo trovare un lavoro.“
Trascrivo questo virgolettato perchè lo trovo molto significativo e credo mi possa aiutare a trasmettere, a tentare di far comprendere davvero il seguente concetto: il genere è nato dalla strada e alla strada dovrebbe appartenere.
Gli artisti non dovrebbero sentirsi superiori, non dovrebbero essere venerati e strapagati, sono esattamente come noi e come chiunque altro, danno voce alle nostre voci, semplicemente.
Parlano con l’arte dell’anima. Con la verità del loro sentire.
Questo, per me, è il vero underground. E in questo caso è pienamente rappresentato.
Non c’è spazio per i dissidenti nel sistema che è andato instaurandosi, l’omologazione è diventata la chiave di volta che permette la continuità dell’ordinamento vigente e il suo definitivo successo. L’ideale sarebbe saltare definitivamente tutto il processo di transizione, trasformandolo nel più efficace e duraturo indottrinamento, è quello che sta succedendo con la scuola?
Resa obbligatoria sempre più precocemente, parliamo della Francia dove anche l’homeschooling è sotto attacco.
Le parole del presidente Macron riassumono bene questa visione:
“…la scuola in uno Stato ha il compito di formare un determinato tipo di cittadino con canoni delineati e precettivi.”
In base alla realtà nella quale siamo immersi questa frase può essere percepita in mille modi differenti, come tutto del resto.
Non è così strano che, partendo da certi presupposti, alla luce di svariati avvenimenti e considerando la piega assunta dalla società odierna, si possa facilmente ancorare quella nostra particolare percezione al pensiero di Danno che immaginando un futuro non troppo lontano, lastricato da “metallo e plastica” fa sorgere il ragionevole dubbio, se non addirittura la lecita preoccupazione, che possa essere scopo recondito della scuola, intesa come parte integrante del sistema, quello di masticare e risputare fuori i nostri figli coi circuiti fusi e gli occhi già chiusi.
Talmente spaesati da non essere più in grado di orientarsi, da non riuscire più a vedere, a riconosce la propria identità, a distinguere le proprie idee da quelle imposte alla collettività.
Talmente confusi da non essere più in grado di identificarsi fermamente in se stessi, ritrovandosi catapultati in un mondo sempre più artificiale e fittizio.
Siamo così lontani dallo scenario distopico che immaginó Danno?
Il controllo di corpo e mente fin dall’incubazione, la volontà e il vantaggio nel mantenere la popolazione in una sorta di limbo glaciale dal quale risulta difficile uscire.
Le sinapsi rallentano, reagire diventa arduo se calcoliamo la pressione esercitata dalle continue e subdole minacce volte ad imporre un’unica strada percorribile, appositamente tracciata per inseguire acriticamente il progresso fine a sé stesso.
Una strada ben delineata, da alti muri laterali, per non rischiare che qualcuno finisca fuori tracciato aprendo un varco nell’inesplorato e dimostrando che è possibile percorrere sentieri diversi da quelli già battutti, potrebbero esserci dei rischi e chi sceglie di assumersi la responsailità di tali incognite è semplicemente giudicato pazzo, un folle che necessita di essere protetto da sé stesso, deve essere ordinatamente riportato sulla retta e prestabilita via.
Forse troveremo qualche cartello qua e là che potrebbe darci l’illusione di avere diritto alla libera scelta ma cammineremo sempre in sicurezza verso la medesima meta.
Non abbiamo più la possibilità di decidere cosa sia meglio per noi, nè possiamo concederci il lusso di sbagliare da soli.
“Il sistema è industria, azienda, informazione”
Concetto perfettamente chiaro, che merita però di essere sottolineato nella sua semplicità.
Segue una forte critica all’automazione e alla meccanizzazione industriale che vengono riproposte e si riproducono invadendo anche altri ambiti della vita, contesti che non dovrebbero essere sfiorati da questo genere di dinamiche, che non dovrebbero essere privati di quell’umanità e di quelle emozioni che li rendono speciali, pur mantenendo le caratteristiche “imperfezioni” che contraddistinguono i sentimenti, e forse proprio per questo, scongiurano possibili derive.
Come per l’evoluzione, ritorna il concetto del sistema fine a sé stesso, che per continuare a esistere e a perpetuarsi ha bisogno di elementi adatti a sostenerne il paradigma.
Con questa consapevolezza mette in pratica tutto ciò che facilita la sua realizzazione e indirizza le necessità a lui funzionali.
Getta le basi per la nascità di un nuovo tipo di uomo, generazioni che da subito vivranno al suo servizio.
“Un grande cuore freddo di titanio sotto una membrana umida”
Ed ecco tutta la passione di Danno per il cyber racchiusa in una sola riga, questo mi rimanda col pensiero a parecchi giochi di parole che ho amato e ancora rimango attonita di fronte all’abilità di esprimere, ma soprattutto di far arrivare dall’altra parte, dritto al punto, un concetto, una sensazione, un pezzo di anima.
Ammiro quella capacità di sintesi e riuscirci con una sola rima è qualcosa di estremamente bello e inspiegabilmente intenso.
Continuiamo con un trucchetto che può essere riscontrato in svariati campi, a partire dalla tecnologia.
Il piacere che si riceve da una notifica si trasforma facilmente in dipendenza se non si utilizzano correttamente i dispositivi di cui si dispone e se non si è sufficientemente cauti.
Questo meccanismo va sicuramente a favore di chi lo utilizza e l’obbedienza, consapevole o meno, potrebbe essere considerata come un’ottima moneta di scambio.
Ogni voce fuori dal coro infastidisce e a volte è ritenuta potenzialmente pericolosa, da eliminare o strumentalizzare in base alle situazioni, questo è un passaggio essenziale per evitare che il castello di carta fatto di scientismo e congetture, tenuto in piedi nonostante le sconsiderate e folli corse verso il nulla, crolli sotto lo sguardo critico e autonomamente pensante di quei coraggiosi occhi pronti a mettere in discussione ogni loro apparente certezza con l’umiltà che serve ad ammettere quanto siano stati precipitosi nel venerare qualcosa di decisamente discutibile, quanto siano stati presuntuosi nel sentenziare su tutto ciò che credevano di sapere arrivando infine ad essere pronti a riconoscere quanto poco in realtà sappiano davvero.
Questi freddi calcolatori ai quali è stato sottratto il buon senso necessiterebbero di un forte scossone, per recuperare l’umanità che va dissolvendosi nel calcolo delle probabilità, tentando di scovare l’ultimo dissidente rimasto in piedi nel suo disperato tentativo, quello di passare tra le maglie sempre più strette del sistema.
Probabilmente Danno ci aveva visto lungo perchè il suo ultimo verso non potrebbe essere più attuale.
“In questa caccia all’uomo su scala globale
Questo è l’ultimo passo, questo è l’atto finale”